Ricostruzione degli involucri inferiori fra morte e rinascita.

O.O. 141 – Vita da morte a nuova nascita – 20.11.1912


 

Sommario: Ricostruzione degli involucri inferiori fra morte e rinascita. Vita sociale su Mercurio come conseguenza di una vita morale su Venere, fra correligionari, di una vita religiosa; e sul Sole anche verso i non correligionari. Carattere universale del cristianesimo rispetto a ogni altra religione. Comprensione spirituale per la sfera di Marte.

 

La ricerca occulta ci mostra appunto che nella vita tra morte e nuova nascita

ci vengono, dallo stato extraterreno che noi attraversiamo, le forze

che servono per la ricostruzione degli involucri umani logorati.

 

Fra morte e nuova nascita noi viviamo fuori nell’universo, nel cosmo, e le forze che non possiamo prendere dal regno terrestre noi dobbiamo trarle dagli altri corpi celesti che fanno parte del regno terrestre. In essi vi sono le riserve di forze per i nostri involucri umani.

Sulla terra vi è per l’uomo soltanto la possibilità di procurarsi le forze per la costante ricostruzione dell’io; le altre parti della natura umana devono prendere le loro forze da altri mondi, diversi dalla terra.

 

Se consideriamo in primo luogo il corpo astrale, ci si mostra che, dopo la morte, l’uomo si effonde,

proprio letteralmente si effonde in tutte le sfere planetarie, diventa sempre più grande.

A seguito del dilatarsi del suo essere spirituale-animico,

durante il periodo del kamaloca l’uomo diventa in un primo tempo un essere talmente grande

(e diversi esseri si compenetrano in tale stato),

da arrivare fino al limite indicato dalla sfera che la Luna descrive attorno alla Terra.

Poi esso si estende fino alla sfera di Mercurio, quella che cioè viene intesa in occultismo per sfera di Mercurio,

poi fino alla sfera di Venere, e quindi fino alle sfere di Marte, di Giove e di Saturno.

L’uomo si effonde sempre più.

 

Con l’entità che ha portato attraverso la porta della morte,

egli vive veramente in modo da essere un abitatore di Mercurio, di Venere, di Marte e così via;

deve cioè avere la facoltà, in un certo senso, di ambientarsi negli altri mondi planetari.

In che modo può ivi ambientarsi o no?

Quando è trascorso il suo periodo di kamaloca, egli deve prima di tutto avere in se stesso

qualcosa che lo renda capace di avere un’affinità verso le forze che sono nella sfera di Mercurio,

nella quale egli viene ora trasferito.

 

Quando si esaminino diverse persone nella loro vita fra morte e nuova nascita, risulta che per tale vita gli uomini sono diversi. Troviamo cioè una precisa differenza in dipendenza del fatto che un uomo si inserisca nella sfera di MERCURIO con un atteggiamento animico morale, con i risultati di una vita morale, oppure con i risultati di una vita non morale. E sono naturalmente intese tutte le possibili sfumature.

 

Un uomo con atteggiamento animico morale, con risultati morali della sua vita,

nella sfera di Mercurio è quello che si potrebbe chiamare un essere spirituale socievole;

egli ha la possibilità di entrare in relazione con altri esseri, sia con uomini morti in precedenza

e sia anche con esseri della sfera di Mercurio, e di avere con loro, per così dire, delle relazioni di vita.

 

L’uomo non morale diviene invece un solitario,

si sente escluso dalla comunità degli altri abitatori di quella sfera.

Ecco che cosa comporta, nella vita fra morte e nuova nascita,

l’aver avuto un atteggiamento animico morale o non morale.

 

È essenziale comprendere che in questa sfera la moralità determina la nostra congiunzione, le nostre relazioni con gli esseri viventi in questa sfera, e che il nostro atteggiamento animico non morale chiude il nostro proprio essere come in una prigione; allora noi sappiamo si che altri esseri sono presenti, ma siamo racchiusi in un guscio e non possiamo andare da loro.

L’appartarsi è un risultato di una vita terrena umana asociale, non morale.

 

Per la sfera successiva, che per ora vogliamo chiamare sfera di VENERE

e che nel senso dell’occultismo viene denominata sempre così,

l’atteggiamento animico religioso è determinante per il modo in cui l’uomo trova un contatto.

• Uomini che nella vita sulla terra abbiano conquistato il sentimento

che ogni cosa transitoria, nel mondo o nell’uomo stesso, è in relazione con qualcosa di eterno,

uomini che abbiano il sentimento che la vita singola, col suo atteggiamento animico,

deve tendere ad un divino-spirituale, tali uomini trovano contatto con gli esseri di questa sfera.

 

Di contro chi pensa materialisticamente,

chi non può rivolgere la sua anima all’eterno e al durevole, alla divinità,

in questa sfera è come radiato nella prigione del proprio essere, è condannato alla solitudine.

 

Proprio in questa sfera noi possiamo meglio vedere, mediante le ricerche occulte, come per questa sfera noi creiamo

le condizioni di vita nel nostro corpo astrale qui sulla terra, grazie al modo in cui viviamo sulla terra.

In un certo senso noi dobbiamo creare già qui sulla terra

la comprensione e l’aspirazione per ciò verso cui là vogliamo trovare il contatto.

 

Consideriamo per esempio il fatto che gli uomini sulla terra, nelle più diverse epoche e nelle più svariate occasioni, come deve essere e come è giustissimo, hanno conservato la relazione con la vita spirituale-animica nelle più svariate confessioni religiose e concezioni del mondo. L’evoluzione umana poteva progredire soltanto per il fatto che, movendo da una sorgente unitaria, per esempio quella della vita religiosa, da coloro che vi erano stati chiamati dalle condizioni del mondo venissero date le varie confessioni religiose nelle epoche più diverse e per i più diversi popoli, a seconda delle loro disposizioni, del clima o di altre condizioni.

 

Le confessioni religiose derivano quindi da una sorgente unitaria,

ma sono diversamente graduate a seconda delle condizioni dei diversi popoli.

• Fino ai nostri tempi gli uomini si distinguono sulla terra in gruppi,

in relazione alle loro confessioni religiose, in relazione alla loro concezione del mondo.

• Ma attraverso ciò che una confessione religiosa, una concezione del mondo ha formato nella nostra anima,

noi ci prepariamo la comprensione e la facoltà di contatto per la sfera di Venere.

 

I sentimenti religiosi dell’induista, i sentimenti religiosi del cinese, del musulmano o del cristiano preparano la sua anima in modo che essa, nella sfera di Venere, abbia prima di tutto comprensione, inclinazione e simpatia per esseri che hanno i medesimi sentimenti e che hanno formato le loro anime sulla base delle medesime confessioni.

Mentre ancora oggi gli uomini sulla terra, malgrado in avvenire ciò debba venir mischiato e già cominci ad esserlo, siano divisi in base a razze, popoli e così via, sì che possiamo distinguerli in base a tali caratteristiche, si può veramente dire che, per la ricerca occulta, risulta chiaramente che …

nella sfera di Venere, nella quale noi viviamo con altri uomini e con altri esseri,

non vi è una simile divisione in razze.

Là gli uomini si distinguono in modo da esser determinante

soltanto la loro confessione religiosa, la loro concezione del mondo.

 

Esiste ancora una certa divisione per la ragione che appunto tale divisione terrena, anche delle religioni, è in un certo senso dipendente dalle condizioni di popolo e di razza. Non è però determinante l’elemento della razza, mentre è invece determinante quello che l’anima ha sperimentato per il fatto di avere una determinata confessione religiosa.

Noi trascorriamo sempre un certo tempo dopo la nostra morte in questa sfera; poi ci dilatiamo ancora e arriviamo fino alla prossima sfera.

 

La sfera successiva che l’uomo sperimenta, dopo quella di Venere, è la sfera del SOLE.

Quali anime fra la morte e una nuova nascita, noi diventiamo realmente abitatori del Sole.

Per la sfera del Sole è necessario ancora dell’altro che non per quella di Venere.

Se vogliamo prosperare nella sfera del Sole fra morte e nuova nascita,

abbiamo per essa la precisa e preminente necessità non soltanto di comprendere un determinato gruppo di uomini,

ma di comprendere tutte le anime umane,

di poter avere in qualche modo dei punti di contatto con tutte le anime.

 

Nella sfera del Sole noi già ci sentiamo solitari, eremiti,

se, a seguito dei pregiudizi di qualsiasi confessione religiosa,

siamo chiusi e non in grado di comprendere chi ha compenetrato la sua anima con un’altra confessione.

 

Possiamo ora dire che chi sulla terra ha per esempio conseguito soltanto la possibilità di sentire ogni eccellente aspetto di una sola confessione religiosa qualsiasi, costui, durante il periodo della sfera del Sole, non comprende i fedeli di altre confessioni religiose. Questo non comprendere non è però simile a quello sulla terra. Qui gli uomini possono camminare gli uni a fianco degli altri senza comprendersi fin dentro all’anima, possono dividersi in diverse confessioni religiose e concezioni del mondo.

 

Nella sfera del Sole, poiché fin là ci siamo tutti dilatati e compenetrati,

siamo tutti contemporaneamente uniti, ma separati a causa della nostra interiorità;

e lì ogni separazione ed ogni mancanza di comprensione è in pari tempo una sorgente di spaventoso dolore.

 

Un rimprovero che non possiamo superare, perché sulla terra non ci siamo educati a questo, e che sempre pesa su di noi, è l’incontro con ogni appartenente ad un’altra confessione.

In un certo senso diventerà ancora più comprensibile quello che qui dobbiamo dire se, movendo dalla vita fra morte e nuova nascita, si indicherà qualcosa riguardante, l’iniziazione. Quello che infatti sperimenta l’iniziato, quando entra nei mondi spirituali, é in un certo senso qualcosa di molto simile alla vita fra morte e nuova nascita.

L’iniziato deve ambientarsi nelle medesime sfere e, se vivesse nei pregiudizi di una concezione unilaterale del mondo, sperimenterebbe nella sfera del Sole gli stessi dolori.

 

Di conseguenza è necessario che l’iniziazione sia preceduta

da una completa e integrale comprensione di ogni confessione diffusa sulla nostra terra,

da una comprensione di ciò che vive in ogni singola anima,

indipendentemente dalla concezione del mondo cui essa appartiene.

• Altrimenti ogni altra cosa alla quale non si offra una tale comprensione ci viene incontro in modo tormentoso,

come montagne infinitamente alte che ci vogliano cadere addosso,

come apparizioni esplosive che ci si parano davanti,

in modo da sentir scaricare su di noi l’intera forza di tali esplosioni.

• Ogni incomprensione che si porti incontro al prossimo, perché ci si chiude in essa,

agisce in questo modo nei mondi spirituali.

 

Non fu però sempre così. Nei tempi precristiani l’evoluzione dell’umanità non era tale che gli uomini dovessero per prima cosa sviluppare una simile comprensione per ogni singola anima umana. L’umanità doveva sperimentare l’unilateralità.

 

Ma coloro che furono condotti ad una certa guida del mondo dovettero sempre, più o meno coscientemente,

accogliere in sé quanto può dare comprensione per tutto, senza differenze.

 

Persino quando un essere umano qualsiasi doveva essere soltanto la guida di un popolo, in un certo senso egli doveva venir portato alla comprensione di ogni singola anima umana. A questo si fa cenno in modo grandioso nell’Antico Testamento, nel passo in cui Abramo incontra Melchisedec, il sacerdote dell’Altissimo. Chi capisce questo passo sa che Abramo, che doveva diventare la guida del suo popolo, in quel momento (anche se non del tutto coscientemente, come è invece il caso in successive iniziazioni) venne anche iniziato in relazione alla comprensione dell’elemento divino che può riflettersi in tutte le anime umane. Nel passo in cui si parla dell’incontro di Abramo con Melchisedec si nasconde principalmente un profondo segreto per l’evoluzione dell’umanità. Ma a poco a poco l’umanità dovette venir preparata ad avere sempre più la possibilità di passare veramente attraverso la sfera del Sole in modo fruttuoso. Come accadde ciò?

 

Il primo impulso nella nostra evoluzione terrestre verso un simile giusto passaggio attraverso la sfera del Sole venne dato mediante il mistero del Golgota, dopo che ne venne fatta la preparazione attraverso il popolo dell’Antico Testamento: di questo avremo ancora da parlare.

Non è ora il momento di trattare il problema se il cristianesimo, nel suo sviluppo fino ad oggi, abbia già raggiunto tutte le sue mete e mostrato tutte le sue possibilità evolutive.

È del tutto naturale che il cristianesimo, nel suo credo religioso, abbia elaborato soltanto aspetti unilaterali del principio cristiano complessivo, e che in alcuni particolari delle sue professioni positive sia indietro rispetto ad altre confessioni.

Si tratta piuttosto di vedere quali possibilità di evoluzione esso abbia in sé, che cosa possa dare all’uomo che penetri sempre più profondamente nella sua essenza.

Abbiamo già cercato di esporre che cosa ci può parlare di tali possibilità evolutive. Moltissimo vi sarebbe da dire, ma ora voglio toccare soltanto un argomento che può chiarirci il punto di cui ora abbiamo bisogno.

 

Se invero comprendiamo interiormente le diverse confessioni religiose,

noi troviamo un punto caratteristico per mettere in rilievo le confessioni religiose stesse.

Ed è che in realtà, nella più antica evoluzione terrestre, le singole confessioni erano determinate per le singole razze e popoli, per singoli gruppi di popoli della terra. Tali cose si sono ancora conservate. Sappiamo che in verità alla religione indù può ancor oggi appartenere soltanto chi è anche nato indù. In un certo senso le più antiche religioni sono religioni di gruppi, di popoli. Prendete questo concetto non come una diminuzione, ma soltanto come una caratterizzazione.

 

Le singole religioni, tratte sempre dalla sorgente originaria di una generale religione universale,

vennero date ai popoli dagli iniziati, ma in forma adatta ai singoli popoli, gruppi e così via;

e queste singole religioni, si vorrebbe dire, hanno qualcosa di religiosamente egoistico.

I popoli sempre amarono ciò che religiosamente crebbe dal loro sangue e dalla loro carne.

 

Anzi, noi sappiamo perfino che quando nei tempi antichi, movendo dalle sedi dei misteri, veniva fondata una qualsiasi religione presso i popoli dell’antichità, non andava a fondare la religione un uomo che fosse fisicamente straniero: questi fondava una seconda sede di misteri che veniva portata dove già ne esisteva un’altra; al popolo veniva però dato come guida un appartenente a quel popolo, a quella stirpe.

A questo proposito vi è una grande differenza in confronto a quello che si può chiamare vero cristianesimo. L’individualità alla quale guarda il cristiano, il Cristo Gesù, agì appunto in minima parte nel popolo e nella parte della terra nei quali egli era nato.

 

Se ora consideriamo le condizioni dell’occidente, sono esse da confrontare, sotto l’aspetto religioso, alle condizioni indiane o cinesi, vale a dire a situazioni nelle quali perdurano ancora le religioni di popolo? No, non sono paragonabili! Le nostre regioni sarebbero da paragonare alle situazioni indiana o cinese, soltanto se qui nell’Europa centrale noi, per esempio, fossimo dei buoni fedeli di Wotan. Allora saremmo nella medesima situazione; allora anche qui verrebbe in evidenza l’elemento religioso egoistico.

 

In occidente è scomparso questo elemento egoistico,e viene accettata la religione di un fondatore

che non si trova in una qualsiasi delle comunità di popolo, ma che ne è al di fuori.

Questo fatto va preso in considerazione.

 

Ciò che passò di sangue in sangue e che collaborò nella fondazione delle comunità religiose, non collaborò alla diffusione del cristianesimo. Fu l’elemento animico che qui in sostanza fu attivo, e venne così accettata una religione che, per esempio per l’occidente, era al di fuori della comunità dei popoli dell’occidente stesso. Perché è così?

Lo è perché il cristianesimo, nelle sue radici più profonde e fin dal principio,

era destinato ad essere una religione per tutti gli uomini,

senza differenza di fede, di nazionalità, di popolo, di razza e di tutto quanto altrimenti divide gli uomini fra di loro.

Il cristianesimo viene compreso rettamente soltanto se viene capito

in modo da toccare nell’uomo l’elemento umano, quell’elemento umano che è in ogni uomo.

 

Da questo punto di vista non è una diminuzione che il cristianesimo, nelle sue prime fasi ed anche ai tempi nostri, abbia formato delle confessioni separate; la possibilità di evoluzione del generale elemento umano è infatti insita nel cristianesimo. Entro il mondo cristiano dovrà anzi verificarsi una grande svolta, se il cristianesimo dovrà venir rettamente inteso nelle sue radici. Si dovrà fare una certa differenza fra la conoscenza del cristianesimo e la realtà del cristianesimo stesso.

Già Paolo iniziò con questa differenza, e chi comprende Paolo può saperne qualcosa; ma fino ad oggi poco è stato compreso appunto di tale differenza. Quando Paolo strappò la fede cristiana nel Cristo Gesù dal puro giudaismo, esprimendo la massima: « Cristo è morto non solo per i Giudei, ma anche per i gentili », fece qualcosa di grandioso per la giusta comprensione del cristianesimo. Sarebbe infatti del tutto falso se qualcuno volesse sostenere che il mistero del Golgota si fosse compiuto soltanto per chi si dice cristiano. Si è compiuto per tutti gli uomini!

Questo intende anche Paolo quando dice che Cristo è morto anche per i gentili e non solo per i Giudei, perché quello che è passato in tutta la vita terrestre mediante il mistero del Golgota, ha importanza pure per tutta la vita terrestre.

Per quanto grottesco possa ancora oggi suonare per chi non fa la differenza cui accennerò, pure bisogna dire che

• comprende le radici del cristianesimo soltanto chi per esempio

riesce a vedere l’appartenente ad un altro sistema religioso,

non importa se esso si chiami indiano, cinese o in altro modo,

così da chiedersi: « Quanto vi è in lui di cristiano? ».

 

Il problema non è che egli lo sappia, ma che conosca quale è la realtà del cristianesimo: allo stesso modo come il problema non è di conoscere la fisiologia quando si debba ammettere di conoscere il fatto della digestione.

 

Chi oggi, in base al suo sistema religioso, non ha ancora un cosciente rapporto verso il mistero del Golgota,

non ne ha proprio ancora conquistato nessuna comprensione:

ma questo non dà agli altri il diritto di negare per lui la realtà del cristianesimo.

• Soltanto quando i cristiani saranno diventati tanto cristiani

da ricercare l’elemento cristiano in tutte le anime umane,

e non perché hanno tentato di inocularlo nelle altre anime mediante la conversione,

soltanto allora sarà rettamente compresa la radice del cristianesimo.

Tutto questo si trova nel cristianesimo rettamente inteso.

Occorre distinguere fra la realtà e la comprensione del cristianesimo.

 

Comprendere quello che vi è sulla terra dal tempo del mistero del Golgota è il grande ideale di un’importante conoscenza per la terra, una conoscenza che a poco a poco gli uomini acquisteranno. Ma la realtà è avvenuta, è qui, dato che il mistero del Golgota si è compiuto.

 

Ora però, la nostra vita nella sfera solare dipende

da quale relazione noi abbiamo conquistata verso il mistero del Golgota.

• La nostra vita nella sfera solare dipende talmente da questa relazione

che quello che può venir avvertito nella sfera del Sole,

e cioè una relazione da conquistare verso tutti gli uomini,

è possibile soltanto mediante una relazione simile con il mistero del Golgota,

quale appunto ora è stata caratterizzata;

mediante una relazione con il mistero del Golgota

che inoltre non ci leghi più ad una elaborazione ancora imperfetta del cristianesimo in una delle sue confessioni.

• Altrimenti, nella sfera del Sole, ci rendiamo da tutti i punti di vista individui solitari

che non possono trovare le anime degli altri uomini.

 

Esiste un passo che conserva la sua forza fino nella sfera solare. Quando, come esseri della sfera solare, ci avviciniamo ad un altro essere umano, noi possiamo essere socievoli verso di lui, senza per così dire ritrarci da lui con la nostra propria entità, se nella nostra anima è valido il detto: « Dovunque due siano radunati nel mio nome, io posso essere in mezzo a loro ».

Nella vera conoscenza del Cristo tutti gli uomini possono ritrovarsi entro la sfera del Sole.

Tale ritrovarsi è di un’enorme importanza, di grande significato, perché una decisione ha luogo per l’uomo nella sfera del Sole: ivi egli deve sviluppare una certa comprensione.

 

Potremo meglio chiarirci questa comprensione per mezzo di un fatto straordinariamente significativo che in realtà potrebbe venir posto di fronte ad ogni anima, ma che peraltro le anime umane non sempre hanno ben chiaro.

Una delle più belle massime del Nuovo Testamento è quella che potremmo caratterizzare dicendo che il Cristo Gesù vuole suscitare nell’uomo la coscienza del germe divino-spirituale nell’interiorità umana, che « Dio » vive quale scintilla divina in ogni anima umana, che ogni uomo ha in sé una divinità.

Il Cristo Gesù lo fece rilevare in modo specialmente forte, e sottolineò con tutta la forza e tutta la potenza: « Voi siete tutti dèi! ». Lo sottolinea in modo che da quel detto si veda come egli consideri giusta tale definizione dell’uomo, se l’uomo l’attribuisce a se stesso. Un altro essere aveva già espressa la medesima massima; il Vecchio Testamento dice simbolicamente in quale occasione.

All’inizio dell’evoluzione dell’umanità, Lucifero dice: « Voi sarete come Dio! ».

 

Occorre notare un fatto simile. Due esseri, Cristo e Lucifero, dicono una frase dal medesimo contenuto:

« Voi sarete o dovrete essere come gli dèi ». Che cosa vuol dire la Bibbia, sottolineando così le due cose?

• Vuol dire che questa massima, espressa da Lucifero, porta al male,

espressa dall’entità del Cristo, al massimo bene.

Non si nasconde in questo un meraviglioso segreto?

• Quello che Lucifero gettò nell’umanità quale voce del tentatore,

il Cristo potè dire all’uomo quale massimo contenuto di saggezza.

 

Con espressione efficace è scritto nel documento relativo come non si tratti soltanto del contenuto di una massima qualsiasi, ma come invece importi in sostanza da chi proviene la massima. Da una tale realtà sentiamo di dover prendere le cose sempre molto profondamente, e di poter imparare moltissimo da quello che già esiste esteriormente, exotericamente.

 

È nella sfera del Sole, tra morte e nuova nascita,

che noi principalmente sentiamo sempre ripetere alla nostra anima tutta la potenza delle parole:

« Tu sei un dio, tu devi essere un dio! ».

• Quando arriviamo nella sfera del Sole, noi sappiamo una cosa con molta sicurezza,

sappiamo che lì Lucifero ci si fa di nuovo incontro

e ci espone davanti all’anima quel detto con grande efficacia.

• Da quel momento noi cominciamo a comprendere benissimo Lucifero,

mentre comprendiamo il Cristo soltanto se ci siamo a poco a poco preparati sulla terra a comprenderlo.

 

Nella sfera del Sole noi non portiamo alcuna comprensione per questa massima, in quanto essa risuoni dall’entità del Cristo, se non ci siamo conquistati sulla terra tale comprensione mediante la nostra comprensione per il mistero del Golgota.

 

Con semplici parole vorrei dire che nella sfera del Sole noi incontriamo due troni:

• quello di Lucifero, sempre occupato, dal quale ci risuona incontro la parola tentatrice della nostra divinità;

• l’altro trono ci appare, o per meglio dire appare a molti uomini, ancora del tutto vuoto,

perché su questo altro trono, nella sfera del Sole, dobbiamo ritrovare nella nostra vita fra morte e nuova nascita

quella che si potrebbe chiamare l’immagine del Cristo nell’akasha.

 

Ed è per il nostro bene che noi possiamo ritrovare, nella sfera del Sole,

questa immagine akascica del Cristo, nella vita fra morte e nuova nascita,

come vedremo nella successiva esposizione.

 

Ma noi possiamo trovarla soltanto perché il Cristo è disceso dal Sole e si è unito alla sfera della terra,

e perché abbiamo potuto affinare il nostro occhio spirituale sulla terra

mediante la comprensione per il mistero del Golgota; così il trono del Cristo non ci apparirà vuoto sul Sole,

diverranno visibili per noi le azioni che egli compì quando ancora abitava sul Sole.

 

Ho già detto che mi devo esprimere semplicemente se voglio parlare di quei due troni, ma è certamente un fatto che si può parlare di queste elevate relazioni sempre e soltanto in modo più o meno immaginativo; ma chi sempre più si innalza verso una comprensione capirà che le parole, create sulla terra, non sono sufficienti e che occorre ben salire all’immagine per farsi intendere.

 

Ora, per ciò di cui abbiamo bisogno nella sfera del Sole,

noi troviamo soltanto comprensione e sostegno

se sulla terra abbiamo fatto nostro qualcosa

che non agisce soltanto nelle forze astrali, ma anche in quelle eteriche.

 

Se voi avete seguito ciò che ho esposto,

saprete che le religioni influiscono sulle forze eteriche, elaborano il corpo eterico dell’uomo.

• Se abbiamo acquistato una comprensione per il mistero del Golgota,

ne rimane a noi tutti una buona eredità spirituale

in quanto nella nostra anima sono introdotte forze dalla sfera del Sole.

• Da tale sfera noi dobbiamo infatti trarre le forze di cui abbiamo bisogno

affinché, per la prossima incarnazione, noi possiamo ricevere nel modo giusto il nostro corpo eterico.

Prendiamo invece dalle altre sfere planetarie

le forze di cui abbiamo bisogno affinché, nella prossima incarnazione,

noi possiamo ricevere il nostro corpo astrale nel modo giusto.

 

Nessuno deve ora credere che quanto ho appena detto sia inteso in un senso o in uno stile diversi da quelli dell’evoluzione umana. Prima vi avevo detto che già nei tempi precristiani, ad una guida dell’umanità quale fu Abramo, era dato, nel suo incontro con Melchisedek, di appropriarsi di tali forze per la sfera del Sole. Non va intesa come un’asserzione di intolleranza, come se soltanto attraverso un cristianesimo ortodosso l’uomo potesse acquisire le forze per mettersi nella giusta relazione verso gli esseri della sfera del Sole; fu invece esposta come un fatto evolutivo, e cioè che le possibilità degli antichi tempi, nei quali si poteva vedere l’immagine akascica del Cristo con altri mezzi, sempre più scompaiono con il progredire dell’evoluzione terrestre. Gli occhi spirituali di Abramo erano del tutto aperti per l’immagine akascica del Cristo nella sfera del Sole. Questo è senz’altro esatto. E non è un’obiezione il dire che il mistero del Golgota non era ancora avvenuto e che allora il Cristo era ancora sul Sole; a quell’epoca il Cristo era riunito nella sua realtà con altre sfere planetarie. Allora, e fino al nostro tempo, avveniva senz’altro che gli uomini potessero scorgere quello che là vi era da vedere.

 

Se poi risaliamo ancora più indietro, negli antichissimi tempi in cui i primi maestri dell’antica India, i santi rishi, erano le guide del loro popolo, potevano scorgere ciò anche quelle guide dell’umanità che ben conoscevano il Cristo, allora ancora sul Sole, e che anche insegnavano una tale comprensione del Cristo, peraltro non col nome usato in seguito, a chi si rivolgeva a loro. Se anche nella sfera di conoscenza di quegli antichi tempi non agiva il mistero del Golgota, pure, per chi traeva le intime verità dalle profondità dell’essere, era senz’altro possibile conquistare ciò che rendeva possibile agli uomini trarre dal Sole quanto potesse rinnovare i loro corpi eterici in modo adeguato. Ma queste possibilità cessarono con l’ulteriore evoluzione dell’umanità e dovevano cessare, perché sempre nuove forze devono venir immesse nell’umanità.

 

Quello che ho detto è cioè inteso come fatto evolutivo.

Andiamo incontro ad un avvenire in cui gli uomini perderanno sempre più la possibilità

di sperimentare giustamente la sfera del Sole nel periodo fra morte e nuova nascita,

se si allontaneranno dall’evento del Cristo.

 

È vero che noi dobbiamo cercare in ogni anima l’elemento cristiano. Se vogliamo comprendere le radici del cristianesimo, per ogni uomo cui stiamo di fronte, noi dobbiamo chiederci: « Quanto vi è in lui di cristiano? ». Ma è anche vero che l’uomo può escludersi dal cristianesimo per il fatto di non portare a coscienza che cosa esso sia nella realtà. Se poi ripetiamo ancora il detto di Paolo: « Cristo è morto non solo per i Giudei, ma anche per i gentili », si può aggiungere che se, nell’ulteriore progresso dell’umanità, gli uomini si escludessero dal mistero del Golgota e dovessero rifiutarlo sempre più coscientemente, ciò impedirebbe che giungesse anche a loro quello che per loro è avvenuto.

 

Il beneficio del mistero del Golgota è avvenuto per tutti gli uomini,

e rimane libero per ognuno di lasciar agire su di sé quel beneficio.

• Ma dal modo in cui ciascuno lo farà agire su se stesso, dipenderà sempre più, nel futuro,

fino a qual punto ogni singolo sarà in grado di cercare, nella sfera del Sole, le forze che sono necessarie

per poter giustamente ricostruire la sua corporeità eterica nella prossima incarnazione.

 

Nei prossimi tempi parleremo di quali incommensurabili conseguenze questo abbia per tutto l’avvenire del genere umano sulla terra.

 

Così il cristianesimo, magari poco capito, ma che pur sempre si ricollega al mistero del Golgota, è la prima preparazione dell’umanità per arrivare di nuovo ad un giusto atteggiamento verso la sfera del Sole.

Un secondo impulso deve essere la giusta comprensione antroposofica del mistero del Golgota. È possibile conquistare un giusto atteggiamento verso la sfera del Sole quando si impari a penetrare sempre più il mistero del Golgota.

 

Ma quando si è familiarizzato con la sfera del Sole, l’uomo continua a vivere, per esempio, nella sfera di Marte.

• Il problema è dunque non soltanto che egli acquisti un giusto rapporto verso le forze del Sole nella sfera solare,

ma che ciò contribuisca anche al successivo orientarsi nella sfera di Marte.

• Affinché la sua coscienza non si oscuri, affinché essa non cessi dopo la sfera del Sole,

ma affinché l’uomo la possa portare nella sfera di Marte, nella sfera di Giove che dovrà poi sperimentare,

per l’umanità al nostro stadio è necessario che, nelle anime umane, vi sia posto per la comprensione spirituale

di ciò che vive nelle nostre religioni e nelle nostre concezioni della vita.

 

Di qui la ricerca della comprensione appunto di ciò che vive nelle religioni e nelle concezioni della vita. Al posto della comprensione derivante dalla scienza dello spirito si arriverà ad una tutt’altra comprensione, della quale oggi l’uomo non può farsi neppure un’idea. Infatti, per quanto sia vero che una verità è giusta in un’epoca, quando essa sia compenetrata dal senso della verità, è altrettanto vero che si inseriranno nell’evoluzione dell’umanità degli impulsi sempre nuovi. È quindi vero che quello che può dare l’antroposofia vale soltanto per una determinata epoca, affinché l’umanità, accogliendo l’antroposofia, l’inserisca nell’epoca seguente, quale impulso preparatorio, per accogliere anche le forze future, assieme alle forze già elaborate.

 

Abbiamo così potuto mostrare quale sia la relazione della vita sulla terra con la vita fra morte e nuova nascita.

A nessuno può sfuggire che veramente per l’uomo è altrettanto necessario avere una conoscenza,

un sentimento e una sensazione per la vita fra morte e nuova nascita, quanto ne ha per la vita terrena stessa.

Infatti, quando egli entra nella vita terrena, salute, sicurezza, forza e speranza della vita terrena

dipendono da quali forze egli porti seco dalla vita fra l’ultima morte e la nascita di questa volta.

Quali forze abbiamo però potuto prendere là dipende a sua volta

da come noi ci siamo comportati nella precedente incarnazione;

di quale atteggiamento morale, di quale atteggiamento religioso,

o in generale di quale atteggiamento animico ci siamo appropriati.

 

Dobbiamo quindi pensare

che noi collaboriamo attivamente con l’elemento soprasensibile nel quale viviamo fra morte e nuova nascita,

e che vi collaboriamo o per il progresso di tutto il genere umano, oppure per la sua distruzione.

 

Se infatti gli uomini non facessero proprie le forze che possono dar loro dei corpi astrali sani, le forze nei corpi astrali umani diverrebbero vuote e tristi, e l’umanità verrebbe meno, da un punto di vista morale e religioso, sulla sfera terrestre.

Se poi gli uomini non prendessero forze per i corpi eterici, essi, quale genere umano, languirebbero sulla terra. Ciascuno deve farsi un’idea di quanto egli deve collaborare affinché sulla sfera terrestre non si aggirino soltanto dei corpi malsani.

 

L’antroposofia non soltanto è conoscenza, ma responsabilità;

essa ci pone e ci mantiene in relazione con tutto l’essere della terra.