Scienza della natura e scienza dello spirito

O.O. 153 – Natura interiore dell’uomo e vita fra morte e nuova nascita – 06.04.1914


 

Chi intende attribuire un certo valore alla forma della concezione del mondo scientifico-spirituale della quale mi permetterò di parlare oggi e dopodomani, dovrà pur prendere atto di una strana contraddizione esistente nell’evoluzione dell’umanità:

• che cioè una corrente spirituale, un impulso spirituale,

possa essere in una certa prospettiva superiore: molto adatto ai tempi;

e che al tempo stesso venga decisamente rifiutato dai contemporanei;

che venga rifiutato, si direbbe, in un modo del tutto comprensibile.

 

Era adatto ai tempi l’impulso verso una nuova visione dello spazio universale che venne dato da Copernico agli albori dell’evo moderno; senza dubbio adatto ai tempi, considerando che l’evoluzione dell’umanità aveva reso necessario proprio ai tempi di Copernico che quell’impulso si presentasse; esso si dimostrò adatto ai tempi ancora per un lungo periodo proprio in quanto si trovò di fronte l’opposizione di tutti coloro che volevano attenersi alle antiche abitudini di pensiero e a pregiudizi vecchi di secoli e millenni.

 

La concezione scientifico-spirituale del mondo qui intesa,

ai seguaci della scienza dello spirito appare in un certo senso adatta ai tempi,

mentre appare non adatta ai tempi nel senso

che essa deve venir rifiutata da molti dei nostri contemporanei.

 

Pure io credo di poter mostrare, nel corso delle conferenze di oggi e di dopodomani, che nelle subcoscienti profondità animiche dell’umanità di oggi esista come un’aspirazione verso questa concezione scientifico-spirituale del mondo, e che viva nell’umanità odierna una specie di speranza verso di essa.

Come si presenta a prima vista, la scienza dello spirito vuol essere legittima continuatrice del lavoro spirituale svolto dalla scienza naturale, quale è stato prestato negli ultimi secoli; sarebbe del tutto sbagliato voler credere che da parte sua la scienza dello spirito sviluppi dell’avversione nei confronti delle infinite conquiste, delle lungimiranti verità e dei grandi trionfi portati dal pensare scientifico; al contrario,

la scienza dello spirito vuol essere per la conoscenza del mondo spirituale

ciò che la scienza naturale fu ed è per la conoscenza del mondo esteriore.

Essa potrebbe perfino venir designata come una figlia del pensare scientifico,

anche se tutto ciò viene messo in dubbio da molte parti.

 

Per dare un’idea, per ora un’idea e non una prova, che potrebbe portare a una comprensione, dirò ora qualcosa in merito ai nessi fra la scienza dello spirito qui intesa e la scienza naturale.

Se guardiamo il grande, poderoso sviluppo della conoscenza scientifica negli ultimi tre o quattro secoli, dobbiamo dirci che da un lato essa ha portato a incommensurabili verità sul vasto orizzonte del modo di pensare scientifico, e che dall’altro lato tale pensare è fluito nella vita pratica. Dappertutto vediamo presentarsi nella tecnica e nel commercio ciò che vi hanno portato la conoscenza fluita nella pratica della vita e le conquiste della scienza. Volendosi fare un’idea della posizione della scienza dello spirito qui intesa nei confronti di quei progressi si può fare un paragone. Si può guardare al contadino che coltiva il suo campo e ne raccoglie i frutti: la maggior parte dei frutti raccolti nel campo viene immesso nella vita dell’uomo e impiegato per l’alimentazione; una piccola parte rimane e viene impiegata per la nuova semina.

 

Solo di questa parte si può dire che essa segua gli impulsi, le forze interne vitali e formative che sono insite nel seme germogliante e nel frutto stesso. La parte che viene messa nei granai viene cioè distolta dallo sviluppo insito nelle sue leggi formative, viene immessa in una corrente laterale per venir impiegata nell’alimentazione umana, non continua in modo immediato ciò che vi è nel seme, vale a dire la vera e propria forza vegetativa.

 

Press’a poco così appaiono alla scienza dello spirito, quale è qui intesa, le conoscenze portate dalla scienza naturale negli ultimi secoli. La parte senz’altro maggiore è stata impiegata per acquisire cognizioni nel mondo dei fatti sensibili-esterni, è stata impiegata per servire le necessità umane. Ma proprio dei pensieri degli ultimi secoli può rimanere nell’anima umana qualcosa che non viene impiegato per comprendere questo o quel particolare del mondo sensibile, che non viene impiegato per costruire macchine o per organizzare l’industria, ma che viene reso vivente, che viene conservato nella sua destinazione, come il grano impiegato per la semina può seguire le sue leggi formative.

 

Se l’uomo permette a questi impulsi di vivere nella sua anima, se ha il senso di chiedersi come la vita animica possa farsi illuminare e riconoscere nei concetti e nelle idee forniti dalla scienza, come si possa vivere con tali idee, come si possa capire da tali idee dove si trovino gli impulsi di fondo della vita animica, se l’anima ha un senso per porsi questo problema con tutta l’intensità della vita animica, allora soltanto appare ciò che nel nostro tempo passa nella civiltà umana.

 

Anche per un’altra ragione la scienza dello spirito può dirsi figlia del modo di pensare scientifico. Solo che lo spirito va investigato in modo diverso della natura. Proprio quando ci si voglia porre di fronte allo spirito su una base metodica altrettanto sicura quanto lo è la scienza posta di fronte alla natura, occorre trasformare il pensare scientifico, coniarlo in modo che possa diventare uno strumento adatto per la conoscenza dello spirito. Va detto qualcosa su come esso possa diventare.

Proprio quando si sia ben saldi sul terreno della scienza, si vede che con i mezzi coi quali la scienza lavora

non si può conseguire una scienza del conoscere spirituale.

 

Sempre più viene asserito da spiriti illuminati che, sulla base del sicuro terreno della scienza,

l’uomo deve ammettere che la sua conoscenza è limitata.

La scienza e Kant hanno contribuito al formarsi della credenza

che le forze conoscitive dello spirito umano siano limitate,

che l’uomo non possa penetrare con la sua conoscenza nella fonte con la quale l’anima deve unirsi.

 

In questa direzione la scienza dello spirito dà pienamente ragione alla scienza.

Proprio per le forze spirituali e per le facoltà di conoscenza

che hanno fatto grande la scienza e sulle quali essa deve poggiare,

non vi è alcuna possibilità di penetrare nella sfera spirituale.

 

Ma nell’anima umana sono latenti altre facoltà conoscitive;

facoltà di conoscenza che non possono venir usate nella vita di tutti i giorni

e nei campi di applicazione della scienza usuale, che possono però venir suscitate nell’anima umana

e che, una volta suscitate dalle infinite profondità dell’anima umana, fanno dell’uomo qualcosa di diverso,

lo vivificano e lo rafforzano con un nuovo modo di conoscenza,

con una conoscenza che può penetrare nella sfera chiusa alla scienza usuale.

 

È una specie di chimica spirituale (e attribuisco un valore all’espressione)

attraverso la quale si può penetrare nella sfera spirituale dell’esistenza,

una chimica che assomiglia però alla chimica della scienza esteriore

soltanto per la logica sicura e per il pensare metodico.

È la chimica dell’anima stessa.

 

Per intenderci cerchiamo di portare un paragone in questa prospettiva. Se abbiamo dell’acqua dinanzi a noi, essa ha determinate caratteristiche, e il chimico ci dice che contiene idrogeno e ossigeno. Il primo brucia, è aeriforme, è qualcosa del tutto diverso dall’acqua.

 

Qualcuno che nulla sapesse di chimica e vedesse dell’acqua, potrebbe forse dire che in essa vi è dell’idrogeno?

L’acqua non brucia, spegne anzi il fuoco!

Pure viene il chimico e separa l’idrogeno dall’acqua.

 

L’uomo può essere paragonato all’acqua,

quale egli si presenta nella vita di tutti i giorni e quale si presenta alla scienza usuale:

• in lui si riuniscono due parti, una fisica-corporea e una spirituale-animica.

 

La scienza corrente e la concezione del mondo che vi si riallaccia ha perfettamente ragione quando dice che nell’uomo, quale ci si presenta, non si può vedere che vi sia una parte spirituale-animica.

È comprensibile che questa concezione del mondo lo neghi. Ma tale negazione è simile a quella di chi volesse negare la presenza dell’idrogeno perché vede di fronte a sé l’acqua.

 

Pure esiste la necessità di dimostrare

che la parte animica può venir considerata separatamente.

La scienza dello spirito deve dire all’umanità che esiste una simile chimica spirituale,

come la teoria copernicana aveva da dire all’umanità meravigliata

che la Terra non è ferma, ma che gira attorno al Sole a grande velocità.

 

E come fino nel secolo diciannovesimo inoltrato gli scritti di Copernico erano nell’Indice dei libri proibiti secondo la Chiesa di Roma, così in un certo senso le conoscenze della scienza dello spirito saranno per molto tempo all’indice di altre concezioni del mondo che non possono liberarsi da autorità e pregiudizi vecchi di secoli.

 

Abbiamo una piccola prova che la scienza dello spirito abbia anche afferrato fino a un certo grado cuori e anime, che essa non si trovi proprio al di fuori delle aspirazioni del nostro tempo; non voglio vantarmene, ma pure posso ricordare una testimonianza di quanto della scienza dello spirito è adeguato ai tempi ed è nascosto nelle anime. Siamo cioè in grado, già nel nostro tempo, di costruire per la scienza dello spirito una libera università su libero territorio svizzero nei pressi di Basilea, e grazie alla comprensione di amici di questa corrente spirituale possiamo vederne il segno nell’edificio a doppia cupola che abbiamo costruito in un nuovo stile architettonico e che guarda dall’alto delle alture di Dornach. Che quell’edificio sia già in costruzione, che le forme delle sue cupole si elevino già sull’edificio circolare, ci permette di parlare oggi con speranza e soddisfazione della scienza dello spirito, malgrado gli avversari e malgrado tutte le incomprensioni che oggi ancora essa deve incontrare dappertutto.

 

Quella che ho chiamato chimica spirituale è qualcosa che non può venir elaborato con dei mezzi esteriori;

quella che può venir denominata chimica spirituale si svolge esclusivamente nell’anima umana,

e le attività sono di intima natura animico-spirituale; di natura tale

da non lasciare l’anima come essa è nella vita di tutti i giorni e nella scienza,

ma da agire sull’anima stessa in modo che essa si trasformi,

che diventi uno strumento del tutto diverso da come è nella vita di tutti i giorni.

 

Né si tratta di azioni particolari e magiche provenienti da una qualsivoglia superstizione da impiegare nella chimica spirituale; sono assolutamente intime azioni spirituali-animiche che si costruiscono da quel che esiste anche nella vita di tutti i giorni; forze dell’anima sempre presenti che usiamo nella vita quotidiana, ma che in essa vengono per così dire impiegate incidentalmente, mentre devono venir potenziate all’infinito, che devono rafforzarsi senza limiti se l’uomo deve realmente giungere alla conoscenza spirituale.

……………………………..

Oggi si viene ancora accettati se si parla in generale di un mondo spirituale. La gente lo ammette.

Suona però ancora paradossale che qualcuno possa dire:

• «L’uomo può sciogliersi da ogni pensare, sentire e percepire che sia legato alla sfera terrena

e, mentre scompare di fronte a lui tutto il mondo sensibile,

egli si sente contornato da un mondo nuovo e concreto nel quale processi ed esseri

sono di natura puramente spirituale, come qui nel mondo fisico vi sono processi ed entità».

 

Non si tratta di un generico panteismo nebuloso, di qualcosa di indefinito. Se si parla di un generico panteismo, in confronto alla scienza dello spirito è come se qualcuno andasse su un prato e dicesse che tutti i fiori, tutti gli insetti, tutto è natura, tutto è pan-natura. La gente ne sarebbe poco soddisfatta, perché sa che si arriva a qualcosa solo se si possono studiare i singoli fiori e insetti e i diversi processi chimici.

 

Allo stesso modo la scienza dello spirito parla di percezioni di concreti processi ed entità spirituali. Essa non deve spaventarsi di sfidare i tempi dicendo che, come nel mondo esterno si vedono gli uomini e al di sotto di essi la gerarchia degli animali, quella delle piante e dei minerali, così, immergendoci nel mondo spirituale, si presentano dei regni spirituali, delle gerarchie spirituali, esseri simili all’uomo, esseri che sono superiori all’uomo, esseri e creature che costituiscono i regni superiori dell’esistenza, singoli e individuali esseri e creature spirituali.

Parleremo poi dopodomani di come l’anima umana si inserisca e viva nel mondo spirituale, dopo aver deposto il corpo con la morte ed essere passata per la porta della morte, e di come attraversi i regni spirituali.

 

Si nota subito che il mondo in cui la scienza dello spirito costruisce i suoi metodi si differenzia molto sostanzialmente da quanto i nostri contemporanei possano ammettere, dalle abitudini di pensiero formatesi nel corso dei secoli e dai pregiudizi che ora sono ben radicati, come lo erano i precedenti pregiudizi di fronte al sistema copernicano. Ma di fronte alle esigenze del nostro tempo come deve comportarsi la scienza dello spirito, se vuole comprendere rettamente, se vuole comportarsi rettamente di fronte appunto a tali esigenze?

 

Il primo facile rimprovero che ci può venir mosso dal nostro tempo è che l’indagatore dello spirito dice che l’anima deve prima sviluppare forze particolari per poter quindi vedere nel mondo spirituale. Chi non ha ancora sviluppato tali forze, chi non è ancora riuscito a separare il pensare, la forza del linguaggio e la forza che ci fa stare eretti non può far nulla nel mondo spirituale. Un simile rimprovero corrisponde a dire che chi non sa dipingere non deve occuparsi di pittura. Dipingere può solo chi ha imparato a dipingere, ma sarebbe triste che potesse capire i quadri solo chi sa dipingere. L’anima comprende i quadri anche se l’uomo non sa dipingere; essa ha in sé un linguaggio che la lega con l’arte. Così è per l’antroposofia.

 

Trovare fatti e processi spirituali e descriverli può farlo solo chi diviene indagatore dello spirito.

Se però l’indagatore dello spirito si preoccupa

di rivestire con le parole dei pensieri e delle idee usuali ciò che ha visto,

quel che egli così presenta diventa comprensibile per ogni anima,

anche per chi non è diventato egli stesso indagatore dello spirito;

occorre soltanto allontanare quanto deriva dall’istruzione ricevuta nei nostri tempi

che agisce come se stesse sul solido terreno della scienza, ma che in realtà crede solo di esservi.

 

Se l’anima rifiuta tutti i pregiudizi, se si abbandona liberamente come nell’osservazione di un quadro,

allora ognuno è in grado di comprendere i risultati dell’indagine spirituale.

Le anime umane sono disposte per sentire la verità e non l’ingiustizia;

vi è in esse un profondo, segreto e intimo linguaggio,

un linguaggio attraverso il quale ognuno, indipendentemente dal suo grado di istruzione e di evoluzione,

può comprendere l’indagatore dello spirito, soltanto che lo voglia.

 

Ed è proprio questo che l’indagatore dello spirito trova nelle esigenze del nostro tempo.

Nei secoli passati l’uomo voleva sapere dei mondi spirituali solo attraverso concetti fideistici;

in tempi successivi la gente credette che fosse possibile costruire una conoscenza sicura solo sui fatti esteriori.

Nel nostro tempo le anime non sanno ancora, nella loro coscienza non è ancora penetrata l’idea,

ma per l’indagatore dello spirito è chiaro, che noi viviamo in un tempo in cui nelle profondità dell’anima,

ancora sconosciute all’anima stessa, si prepara un desiderio ardente verso la scienza dello spirito,

una speranza verso la scienza dello spirito.

Si riconoscerà sempre più che vecchi pregiudizi devono scomparire.

Soprattutto per il pensare si riconosceranno diverse cose.

 

Oggi ancora vi è molta gente, proprio quella che crede di trovarsi sul sicuro terreno della filosofia, che dice: «Ma Kant e la filosofìa non hanno forse dimostrato che l’uomo non può progredire con il suo sapere? Ed ora viene una scienza dello spirito che vuol combattere Kant e mostrare che non è giusto quanto dice la filosofìa moderna!».

Ora la scienza dello spirito non vuol mostrare che sia sbagliato quanto afferma Kant dal suo punto di vista e la scienza moderna dal suo, ma il tempo insegnerà che di fronte a giusto e sbagliato vi sono altri punti di vista, diversi da quelli ai quali si è abituati.

 

Consideriamo il rapporto fra queste cose e la vera pratica della vita. Qualcuno potrebbe dimostrare chiaramente che con i suoi occhi l’uomo non è e non sarà capace mai di vedere le cellule che, quali infimi organismi, costruiscono i grandi organismi. La dimostrazione potrebbe essere giustissima, altrettanto giusta quanto quella di Kant o un’altra filosofica. Immaginiamo ora di vivere nel tempo in cui il microscopio non era stato ancora inventato, e che qualcuno dimostrasse acutamente che l’uomo non può vedere le parti più piccole. La dimostrazione potrebbe riuscire, e nulla potrebbe venir obiettato.

 

Il vero progresso della ricerca non dipende però da quella dimostrazione, ma nonostante tutto dal mostrare che strumenti fisici possono venir inventati al fine di conseguire quanto non sarebbe possibile dimostrare se le capacità umane rimanessero disarmate. Ha ragione chi dice che le capacità umane sono limitate. La scienza dello spirito non lo contraddice, ma mostra soltanto che vi è un rafforzamento e un irrobustimento delle forze conoscitive umane, qualcosa di simile al microscopio e al telescopio della vita esteriore, e che malgrado la giustezza dell’opposto corso di pensiero la feconda indagine spirituale deve porsi appunto al di là di giusto e di ingiusto. La gente dovrà imparare a non più vantarsi solo di quanto si può dimostrare con dei mezzi limitati, ma dovrà vedere che la vita pone delle altre domande all’evoluzione dell’umanità, diverse da quelle che spesso si dicono sicure solo logicamente.

 

Va detto ancora dell’altro se si vuol mettere in relazione la vera esigenza del nostro tempo, non le esigenze pensate o immaginate, con i compiti e gli scopi dell’indagatore dello spirito. Sottolineiamo ancora una volta i grandi e poderosi progressi della scienza. Di fronte ad essi non c’è da meravigliarsi che oggi vi siano dei pensatori che credono di poter costruire una immagine del mondo sul sicuro terreno della scienza. Oggi vi è già una corrente materialistica: più nobilmente si chiama corrente monistica. Il suo capo è il grande Haeckel, di certo eccellente nel suo settore scientifico, e capo di stato maggiore ne è Ostwald . Questa corrente cerca di costruire una concezione del mondo mediante l’elaborazione di quanto si può acquisire soltanto dalla conoscenza della natura.

 

Di fronte a tali tentativi le domande del nostro tempo porteranno al seguente risultato. Fino a quando la scienza si limiterà a studiare le leggi dell’esteriore esistenza sensibile e a considerare ed esporre i relativi nessi di fronte all’anima, essa si trova su un giusto e solido terreno, e produce davvero qualcosa di grande, facendo passare radicalmente la luce della vita su antichi pregiudizi. Oggi nessuno che comprenda la scienza può più tendere a una magia esteriore e materiale, nel senso in cui ancora Faust stesso si poneva di fronte alla natura e tendeva a una magia esteriore e materiale. Diverso è però se la via spirituale stessa mostra una magia interiore dell’anima lungo la via che è stata caratterizzata.

 

La scienza ha mostrato la sua grandezza negando la vecchia concezione del mondo contro ogni teorica spiegazione della natura, contro ogni pregiudizio, contro tutte le correnti spirituali che volevano spiegare la natura immaginando esseri diversi dietro ogni fenomeno naturale, come si cerca un dèmone dietro le rotelline di un orologio. Fino a quando i pensatori si occupano a combattere quanto è vecchio e malsano, fino a quando la scienza può fronteggiare le correnti spirituali indicate, essa vive di quanto doveva venir combattuto. Ma questa battaglia ha già superato il suo apice, ha prodotto quanto doveva di buono.

 

Ora non si tratta più di condurre una battaglia, ma di chiedersi con quali mezzi si possa costruire una concezione del mondo nella quale l’anima, vivendo, abbia il suo posto. Qui viene meno il monismo di Haeckel. Sarà sempre più chiaro che gli scienziati furono grandi come soldati, come guerrieri che combattevano le vecchie superstizioni, ma sono appunto come guerrieri che, vinta la guerra e tornati a casa, non hanno più le forze per far andare le industrie e coltivare i campi. Alla scienza non va tolta la sua grandezza quando si pone come avversaria di idee superstiziose.

 

Fin tanto che i pensatori rimangono nella battaglia hanno qualcosa che li sostiene, ma quando l’uomo vuole costruire una concezione del mondo nella quale l’anima abbia uno spazio, quei guerrieri non trovano posto nei tempi della pace e non riescono appunto a costruire una concezione del mondo.

 

L’indagatore dello spirito può vedere questo atteggiamento nelle profondità dell’anima. Questo è il segreto del nostro tempo. Se quindi in una prospettiva superiore la concezione del mondo derivata dalla scienza dello spirito è senz’altro adeguata ai tempi, essa non lo è per molti contemporanei che non guardano abbastanza profondamente in ciò che in realtà essi stessi vogliono. Di conseguenza la scienza dello spirito presenta un’immagine del mondo che sembra non essere su un solido terreno scientifico.

 

L’immagine monistica del mondo vuol essere costruita solo sulla base del mondo esterno e della scienza. Nell’interiore attività dell’indagine spirituale risulta per l’anima ciò che la eleva a una comunità spirituale, risulta il mondo spirituale in un’attività percepibile. Attraverso la scienza dello spirito l’uomo può di nuovo sapere qualcosa del vero mondo dello spirito. La cosiddetta immagine monistica del mondo non sa dir nulla in proposito.

 

Questa esigenza dell’anima umana non può venir soffocata, e così una parte dei nostri contemporanei si è già abituata a porre in se stessa i pensieri in modo che essi si svolgano come quelli della scienza usuale. Che cosa è accaduto? È accaduto che una parte dei nostri contemporanei, e chi si occupa di questi problemi lo sa, ha voluto vedere la sfera spirituale come si guarda quella sensibile. Non dico che per questa via non possa nascere qualcosa di assolutamente vero, ma il metodo è un altro. Quello che si chiama spiritismo con tutte le sue varianti vuol guardare esteriormente e passivamente, senza attività, nella percezione di entità e processi spirituali, come si guardano processi fisico-sensibili.

 

Di che cosa è figlio questo spiritismo solo esteriore? È figlio della corrente spirituale che si pone nella prospettiva della corrente monistica e che si abbandona ai pregiudizi del materialismo. Come, dirà un contemporaneo, lo spiritismo figlio del puro monismo di Haeckel? Il mondo dovrà convincersi che anche per questo figlio avviene come nella vita. Molti padri e molte madri si fanno i più bei pensieri in merito a quel che diventerà il loro figlio, e ne uscirà magari un perfetto briccone. Il problema non è vedere quello che il monismo sogna quali vere conquiste della civiltà; il fatto è che la semplice fede nella sfera materiale produce l’idea che gli spiriti si comportano materialmente. Quanto più dovesse crescere il materialismo monistico, tanto più fiorirebbero le società spiritistiche quale necessaria controimmagine.

 

Quanto più riuscirà ai seguaci della corrente di Haeckel e di Ostwald di contrastare la vera scienza dello spirito, tanto più vedranno che alimentano lo spiritismo, l’altra faccia della vera scienza dello spirito. Per quanto l’indagatore dello spirito si senta sicuro sul terreno della conoscenza spirituale, altrettanto poco egli può seguire il metodo che vuol materializzare lo spirito, altrettanto poco può abbandonarsi all’indagine passiva della vita culturale materialistica.

 

Un uomo che come filosofo raggiunse una certa rinomanza, scrisse una volta una strana frase in una rivista molto Ietta. Scrisse per esempio che per molti Spinoza e Kant sono difficili da leggere; si continua a leggere, ma i concetti finiscono per trasformarsi e turbinare. Non si può negare che per la maggior parte della gente i concetti turbinano tutti insieme. Quel filosofo dà il consiglio di come si potrebbe fare altrimenti, conformemente alle esigenze del nostro tempo.

 

Egli dice che oggi abbiamo un ritrovato, un progresso tecnico mediante il quale può venir portato in modo visibile davanti all’anima quel che altrimenti la disturba in concetti astratti. Quel filosofo vuol mostrare in una specie di cinema come Spinoza si presenti all’inizio mentre mola del vetro, come gli venga il pensiero del dilatarsi che poi si trasforma nel quadro del pensare, e così via. In questo modo cinematografico si potrebbe costruire tutta l’etica e la concezione del mondo di Spinoza, tenendo conto delle esigenze del nostro tempo. È poi interessante che l’autore di questo molto letto scritto cinematografico faccia rilevare come in questo modo si potrebbe soddisfare l’antichissima necessità metafisica dell’uomo, grazie a un’invenzione che a molti sembra un giuoco.

 

Sotto un certo aspetto si potrebbe considerare adeguato alle esigenze del presente che si potessero vedere al cinema l’Etica di Spinoza o la Critica della ragion pura. Perché poi no? Il nostro tempo ama queste cose. Possiamo convincerci che si ama questo abbandono passivo. Guardiamo per esempio la pubblicità stradale e cerchiamo di indovinare i pensieri della gente che la vede. È difficile avere degli ascoltatori per una conferenza in cui non vengono fatte anche delle proiezioni, in cui si deve riflettere in modo che l’anima collabori attivamente. Essi vanno più volentieri dove basti abbandonarsi solo passivamente.

 

Se però si guarda nelle profondità del nostro tempo,

si sa che nell’anima è radicato l’impulso verso l’attività,

l’impulso affinché l’anima si ritrovi in piena attività.

L’anima può essere soltanto libera e con un sicuro atteggiamento interiore se ha un’attività interiore.

L’anima può ritrovarsi nella vita, può orientarsi, solo se è cosciente di sé

e se sa di essere presente in ciò che vuole sperimentare attivamente.

 

Del mondo spirituale essa è solo in grado di vedere quel che può sperimentare attivamente,

quel che sa di poter conquistare con la sua attività.

Nell’indagine spirituale il percepire è in pari tempo una forma di collaborazione,

e di conseguenza la scienza dello spirito diviene la risvegliatrice dei profondi impulsi subcoscienti dell’anima.

Nel pensare scientifico-spirituale il seguire un pensiero diventa un’attività

e va così incontro alle intime esigenze del nostro tempo.

Rispetto ai problemi qui toccati, il nostro è infatti un periodo di transizione.

 

È facile e dozzinale dire che si vive in un periodo di transizione, perché ogni tempo è di transizione. L’espressione è quindi giusta, ma banale. È invece importante sapere in che cosa vi sia la transizione in questo nostro tempo. Se vogliamo considerare il presente nelle sue transizioni, dobbiamo dire come fosse necessario che l’umanità arrivasse alla passività attraverso dei secoli e attraverso l’educazione, perché così le scienze, e quanto grazie a loro è diventato grande, poterono giungere alle loro conquiste. Solo così, mediante la dedizione alle verità materialistiche, potè venir raggiunto quanto doveva conseguirsi.

 

Nella vita però tutto avviene ritmicamente, come nel pendolo. Quindi l’anima umana, dopo esser stata educata per secoli all’abbandono fedele e passivo, deve rivolgersi all’attività per ritrovarsi. Che cosa è infatti diventata con la passività? Dirò francamente quel che è diventata attraverso la passività con una frase che suonerà radicale e per molti anche paradossale. D’altro canto proprio l’immergersi nella scienza dello spirito mostra che, se non si sottolineano questi risultati radicali, non ci si avvicina alle conseguenze. Non si ha il coraggio di trarre le conseguenze importanti, neppure da parte di chi pretende di essere esclusivamente sul terreno della scienza. Se infatti se ne avesse il coraggio, si udirebbero risonare parole degne di nota fra le esigenze del presente.

 

All’inizio dell’Antico Testamento si trovano parole che ognuno può prendere come vuole, per un’immagine oppure per un fatto superficiale o profondo; possono però tutti essere d’accordo in quello che ne voglio dire. Sono le parole: «… e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male» che ci vengono incontro dall’inizio del Vecchio Testamento. In qualsiasi modo le si vogliano prendere, si dovrà ammettere che esse esprimono qualcosa di significativo per la natura umana.

 

Del tentatore viene detto che si avvicina all’uomo e gli dice in un orecchio che se lo segue, diventerà egli stesso un Dio e distinguerà il bene dal male. Si dovrà ammettere che ogni libertà e indipendenza umana dipendono da quel che esprimono quelle parole. Esse dicono che in un certo senso l’uomo venne spinto dal tentatore a guardare al di là di se stesso, come essere diverso da quello che è, a comportarsi come un Dio nei confronti del bene e del male.

 

Si può pensare quel che si vuole su queste parole e sul tentatore. Io non richiedo che lo si prenda per un essere reale, malgrado esista il detto che la gente non si accorge del diavolo «neppur se per il bavero la tiene», ma in qualsiasi modo si ami chiamare il tentatore, chi voglia un poco tendere l’orecchio alle esigenze del nostro tempo riode il suo bisbigliare, lo sente avvicinarsi; e prescindendo da ogni superstizione si può dire che è lui a suggerire parole molto caratteristiche e di una speciale saggezza a chi ha il coraggio di trarre le ultime conseguenze dalla pura concezione scientifica del mondo.

 

Solo che non si ha il coraggio delle ultime conseguenze, perché si crede di saper distinguere fra il bene e il male. Si dovrebbe invece negare questa conoscenza se ci si ponesse semplicemente sul terreno della pura necessità scientifica. Si dovrebbe dire che il Sole illumina indifferentemente il bene e il male, che si fa indifferentemente il bene e il male. Il tentatore bisbiglia le conseguenze della pura concezione scientifica del mondo: «Voi siete soltanto animali più evoluti, voi siete animali».

 

Il tentatore dice appunto che gli uomini sono soltanto animali evoluti,

e che se essi si comprendono non possono fare alcuna distinzione tra il bene e il male.

Il nostro viene reso un periodo di transizione dal fatto

che il tentatore parla di nuovo nel nostro tempo con una voce che suggerisce il contrario di prima.

 

Se ne avessimo il coraggio, queste sarebbero le conseguenze del puro abbandono passivo alla conoscenza scientifica. Compito e scopo della scienza dello spirito è che il nostro tempo sia preservato da quella voce, che nelle esigenze del nostro tempo venga inserita la conoscenza del mondo spirituale. Chi ancora combatte la scienza dello spirito dal punto di vista della scienza dovrà convincersi che in una simile battaglia ci si comporta come ci si comportò in quella contro il copernicanesimo.

 

Ora che con la nostra costruzione di Dornach siamo venuti alla ribalta e veniamo più osservati, si moltiplicano anche le voci degli avversari. Quando una volta risposi a tali voci che appunto gli avversari si mettevano in quella prospettiva, osservò un tale, che giustamente si sentiva toccato, che la differenza era che quanto asseriva Copernico erano fatti, mentre ciò che esponeva la scienza dello spirito erano solo delle opinioni; ma il poveretto non si accorgeva che per la gente di allora gli insegnamenti di Copernico non erano altro che vuote opinioni. Non rilevava che qui si tratta di fatti del mondo spirituale, che quelle da lui denominate vuote opinioni risultano fatti della vita spirituale ricavati da una reale indagine. Così si possono trovare obiezioni su obiezioni, movendo dalle esigenze del nostro tempo, fatte dalla scienza e da parte della vita religiosa.

 

Ma come dovettero ricredersi le persone che al tempo di Copernico dicevano di non poter credere alla rivoluzione della Terra perché non era detto nella Bibbia, così oggi la gente dice di non credere a quel che ha da dire la scienza dello spirito, perché non si trova nella Bibbia. Pure la gente dovrà ricredersi in merito a quel che ha da dire la scienza dello spirito, come i seguaci nella Bibbia si ricredettero per le asserzioni di Copernico.

 

Occorre sempre ricordarsi di un profondo dotto, al tempo stesso sacerdote, che fu attivo qui all’università di Vienna e ne fu anche rettore. Nel suo discorso inaugurale su Galileo egli disse che la gente religiosa di allora era ferma alla lettera della fede, e che oggi la persona davvero religiosa sa che grazie a ogni nuova verità che viene scoperta si aggiunge qualcosa alla magnificenza dell’ordinamento divino universale.

 

Così si potrebbe immaginare che qualcuno si fosse presentato a Colombo per dirgli che non si dovevano scoprire nuove terre perché viviamo in una bella terra sulla quale splende il Sole, e non sappiamo se il Sole avrà la forza di illuminare anche la nuova terra. Così appaiono alla persona religiosa, legata alla sua fede dogmatica, le scoperte della scienza dello spirito; così appaiono allo studioso di scienza dello spirito quelli che credono disturbati i sentimenti religiosi attraverso le scoperte della scienza dello spirito. Dovrebbe però avere una ben labile idea religiosa, una ben debole fede, chi credesse che il sole dello spirito non illuminasse anche la nuova terra spirituale.

 

Però il nostro tempo con le sue esigenze, se verrà sempre più compenetrato dalla scienza dello spirito, ne sarà toccato come oggi pochi possono immaginarselo. Comprensibilmente la scienza dello spirito ha ancora molti avversari, ma in essa ci si sente all’unisono con i pensatori dell’umanità i quali, se ancora non l’avevano raggiunta, avevano però presentito il nesso dell’anima umana con i mondi spirituali, nesso che appunto è stato chiarito dalla scienza dello spirito.

 

Proprio con riferimento a quanto è stato detto sulle nuove parole del tentatore, ci si sente cosi in sintonia con Schiller e col suo presentimento del mondo spirituale. Egli senz’altro avvertiva l’impulso di sollevare l’uomo con la sua anima dalla pura animalità, era cosciente che l’uomo prende parte al mondo spirituale. Ci si sente in profonda sintonia con questo spirito di guida della nuova concezione spirituale del mondo, si sente che quel che oggi deve venir espresso con lunghe frasi è come riassunto in un sentimento dalle parole di Schiller: «L’animalità indietreggia!». Rafforzando questa immagine, la scienza dello spirito si pone di fronte al tentatore del nostro tempo.

 

Possiamo qui anche ricordare uno spirito che fu attivo qui in Austria, che sentì nella sua anima profonda l’oscuro impulso verso ciò che ora la scienza dello spirito porta a certezza. Lo sentì col suo pensare solitario, tenendosi saldo a sprazzi spirituali, malgrado che come medico fosse fermo sul terreno della scienza; parlo di Ernst von Feuchtersleben, uomo dalla grande profondità di sentimento. Riassumiamo quindi quel che abbiamo detto oggi nelle parole di Feuchtersleben nelle quali vive la forza spirituale che può venir sentita nell’anima quando essa si è riempita con la scienza dello spirito, quando è sicura del suo collegamento con il mondo spirituale:

«L’anima umana non può nascondersi

che la sua vera e giusta felicità consiste soltanto

nell’ampliamento di quel che ha nella propria interiorità».