Sesto strato (terra ignea) come centro d’azione di Arimane

O.O. 107 – Antropologia Scientifico-Spirituale Vol. II – 01.01.1909


 

Dopo di questo giungiamo al sesto strato, alla “terra ignea”, che contiene in sé, come sostanze, delle forze che possono diventare terribilmente rovinose e deleterie. Sono queste le forze in cui stanno confinati i fuochi primordiali. In questo strato opera concretamente il regno di Arimane e da esso agisce. Quanto nei fenomeni naturali esteriori si manifesta come aria e acqua, come formazioni di nuvole, quanto appare come lampo e tuono è, per così dire, un ultimo residuo (ma un residuo buono) rimasto sulla superficie terrestre delle forze che un tempo erano congiunte con l’antico Saturno e che poi si sono separate col Sole.

 

Da ciò che opera in queste forze, il fuoco dell’interno della Terra viene posto al servizio di Arimane. Lì egli ha il suo centro d’azione; e mentre, come abbiamo descritto, i suoi influssi spirituali si accostano alle anime umane per condurle all’errore, si può scorgere che, pur essendo in certo modo incatenato, egli ha nell’interno della Terra certi punti d’appiglio per il proprio agire. Se si potessero conoscere i misteriosi rapporti che intercorrono fra quanto è accaduto sulla Terra per influsso di Arimane e quanto in tal modo è divenuto il suo karma, allora nei fenomeni tellurici si riconoscerebbe anche il rapporto fra quanto avviene nella natura in forma così terribilmente dolorosa e tragica e quanto regna sulla Terra.

 

Tutto ciò è residuato dai tempi antichi come una forza che, sulla Terra, esplica una reazione contro le entità luminose e buone.

Così operano sulla Terra le diverse forze che sono in rapporto con quegli esseri che furono esclusi da ogni rapporto con la Terra nei tempi in cui le entità buone, le entità luminose si manifestavano in forma benefica intorno al nostro globo. E in certo senso noi possiamo riconoscere, nei terribili fenomeni naturali dovuti al fuoco, un effetto postumo di quegli influssi ignei che in passato furono sottratti all’uomo.

 

A partire dall’epoca atlantica, il karma di Arimane è in rapporto col karma dell’umanità: ma non dobbiamo, per esempio, pensare che coloro che vengono colpiti dalle conseguenze del karma arimanico portino una colpa in tutto ciò. Questo fatto è connesso col karma generale dell’umanità, che deve essere portato anche dal singolo uomo. E ben spesso le cause di certi fatti che vengono a manifestarsi come effetti del karma di Arimane in determinati luoghi, risiedono altrove; solo che proprio quei determinati luoghi offrono per quei fatti un’occasione.

 

Abbiamo dunque uno stato di cose che ci appare come un residuo di primordiali catastrofi dell’umanità.

Il potere sul fuoco fu sottratto all’uomo nell’epoca lemurica.

 

Prima, l’uomo era in grado di agire sul fuoco. E fu per questo che l’antica Lemuria andò in rovina, fu a causa delle passioni che gli uomini scaricavano entro l’elemento del fuoco. Quello stesso fuoco che allora stava sopra, oggi sta sotto, si è ritirato dalla superficie della Terra; il fuoco inorganico, il fuoco minerale di oggi è il medesimo fuoco che, come un estratto, è provenuto dal fuoco primordiale.

 

Similmente sono andate le cose per le forze che pervadono aria e acqua, forze che, per le passioni degli uomini, hanno prodotto le catastrofi dell’Atlantide. È stato un karma generale dell’umanità a provocare quelle catastrofi atlantiche. Ma ne abbiamo oggi un residuo; e questo residuo produce una eco di quelle catastrofi. Le nostre eruzioni vulcaniche e i nostri terremoti non sono che echi di quelle catastrofi. Non dovremmo perciò mai pensare che alle persone colpite da una simile catastrofe possa essere attribuita la benché minima parte della colpa, né deve mancarci la massima compassione per loro.

 

Chi è antroposofo deve rendersi chiaramente conto che il karma di queste persone non ha nulla a che vedere con una loro responsabilità in quelle catastrofi; né dovrebbe pensare che una certa persona non sia da aiutarsi perché – detto alla buona – avrebbe essa stessa provocato quel destino, e questo perciò sarebbe il suo karma. Al contrario: è il karma stesso ad esigere da noi qualcosa: ad esigere che noi aiutiamo gli infortunati, perché il nostro aiuto significherà certamente qualcosa per loro, qualcosa che verrà iscritto nel loro karma e per cui il loro karma si avvierà su più favorevoli binari.

 

Una concezione del mondo che sia fondata sul karma deve proprio condurci alla compassione; e la comprensione per i disgraziati che soffrono e per i colpiti da siffatte catastrofi ci dovrà rendere sempre più compassionevoli, perché avremo la conferma che si tratta di un karma complessivo dell’umanità per il quale i singoli devono soffrire.

 

E come è tutta l’umanità a provocare quei terribili eventi, così dovrà essere tutta l’umanità a sentirsene corresponsabile; dovremo considerare un siffatto destino come il nostro proprio, e non dovremo soccorrere i colpiti solo per un impulso spontaneo, ma perché sapremo di far parte del karma dell’umanità e che la colpa di quanto accade è anche colpa nostra!