Siamo propriamente uomini solo dove, nella coscienza diurna, ci facciamo rappresentazioni

O.O. 235 – Nessi karmici Vol. I – 02.03.1924


 

Per il capo e per l’attività di rappresentazione dobbiamo procedere a una duplice distinzione, vorrei dire, intima.

Questa ci porta a distinguere

• fra le rappresentazioni momentanee, che sorgono da un rapporto attuale col mondo,  • e i ricordi.

 

Ci moviamo nel mondo, e in noi si formano di continuo rappresentazioni conformi alle impressioni ricevute.

Ma abbiamo la possibilità di tornare a trarre più tardi quelle impressioni dalla memoria.

Interiormente, le rappresentazioni immediate che sorgono dal nostro rapporto col mondo

non differiscono da quelle suscitate dalla memoria.

La prima volta vengono suscitate da fuori, la seconda vengono suscitate da dentro.

 

È ingenua l’immagine di chi si figura che la memoria agisca così:

mi trovo di fronte a una cosa o ad un fatto e me ne faccio una rappresentazione;

questa discende in qualche maniera in me, come in un armadio, e la ripesco quando mi ricordo.

Vi sono interi sistemi filosofici che dicono:

le rappresentazioni scendono sotto la soglia della coscienza, e ne vengono ripescate nell’atto di ricordare.

Sono concezioni ingenue.

Un simile ripostiglio per rappresentazioni naturalmente non esiste.

 

Neppure esiste uno spazio in cui esse possano aggirarsi per poi risalire alla mente quando ricordiamo.

Tutto questo non esiste e non ha neppure una giustificazione.

La realtà è invece diversa.

 

Pensiamo soltanto a come, se vogliamo imprimere una cosa nella memoria, spesso non lavoriamo solo col pensiero, ma chiamiamo altre forze in aiuto. Ho già visto persone studiare a memoria pensando il meno possibile, ma ripetendo le parole accompagnate da energici movimenti, e tornando poi sempre a ripeterle. Alcuni le accompagnavano con movimenti delle braccia, altri si battevano la fronte coi pugni, e così via.

 

In realtà, le rappresentazioni che ci formiamo entrando in rapporto col mondo, svaniscono come i sogni,

e non sono esse che riemergono poi nel ricordo, ma qualcos’altro.

 

Immaginiamo di vedere una cosa. Volendone dare un’immagine (vedi disegno seguente) pensiamo un uomo in quanto essere che vede. Non voglio ora descrivere tutto il processo; lo si potrebbe anche fare, ma ora non ci serve. Dunque vediamo l’immagine percepita attraverso l’occhio, il nervo ottico e gli altri organi dell’apparato visivo.

 

• Nel cervello abbiamo due parti ben distinte: quella più esterna, la massa grigia, e sotto di essa la massa bianca.

• Quest’ultima penetra negli organi sensori ed è assai più sviluppata dell’altra.

Ben inteso, i termini bianca e grigia sono solo approssimativi.

Ma anche a un grossolano esame anatomico, le cose si presentano così:

• gli oggetti fanno un’impressione sopra di noi attraverso l’occhio

• e i processi entro la massa bianca del cervello.

 

Organo delle rappresentazioni è invece la massa grigia che ha struttura cellulare completamente diversa.

In essa balenano le rappresentazioni che poi svaniscono come sogni; balenano perché sotto ci sono le impressioni.

 

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Se le rappresentazioni discendessero semplicemente in noi e ne dovessimo trarre i ricordi,

non ci ricorderemmo di nulla, non avremmo alcuna memoria.

I fatti però sono diversi: in un dato momento vedo una cosa,

l’impressione penetra in me attraverso la massa cerebrale bianca.

A questo punto la massa grigia entra a sua volta in azione sognando le impressioni, creandone delle immagini.

 

Tali immagini scompaiono.

Quel che rimane non diviene rappresentazione nello stesso momento, ma discende in noi, nella nostra organizzazione,

e quando ricordiamo, guardiamo in noi là ove l’impressione è rimasta.

• Se dunque vediamo qualcosa di azzurro l’impressione dell’azzurro penetra in noi (in centro nel disegno)

mentre sopra si forma la rappresentazione dell’azzurro, che svanisce.

Tre giorni dopo osserviamo nel nostro cervello l’impressione rimasta,

e allora ci facciamo una nuova rappresentazione dell’azzurro guardando in noi.

• La prima volta siamo stati stimolati da fuori, dall’oggetto azzurro.

• La seconda volta, e cioè quando ricordiamo, siamo stimolati da dentro perché l’azzurro si è impresso in noi.

 

In entrambi i casi il processo è il medesimo.

• Si tratta sempre di percezione: anche il ricordare è percezione.

La coscienza diurna poggia dunque sulla rappresentazione, ma sotto di essa si svolgono processi

che in seguito riaffiorano a loro volta mediante rappresentazioni, e precisamente rappresentazioni mnemoniche.

• Sotto la rappresentazione sta la percezione vera e propria, e più sotto ancora sta il sentire.

Così possiamo distinguere intimamente nell’organizzazione del capo, nell’organizzazione del pensare,

il rappresentare e il percepire.

 

• Poi abbiamo quello che è stato percepito e che possiamo ricordare, ma che rimane invero molto inconscio.

Sale alla coscienza solo nel ricordo.

Quel che in sostanza avviene in noi in realtà non lo sperimentiamo.

Quando percepiamo, sperimentiamo la rappresentazione.

L’effetto della percezione penetra in noi e da tale effetto si può risvegliare il ricordo.

 

Ma qui incomincia già l’inconscio.

Noi siamo propriamente uomini, siamo in noi come uomini

solo dove, nella coscienza diurna, ci facciamo rappresentazioni .

Dove non arriviamo con la nostra coscienza (e non arriviamo neppure alla causa dei ricordi),

non siamo in noi come uomini, ma siamo semplicemente incorporati nel mondo.

 

È proprio come nella vita fisica: respiriamo e l’aria che ora è in noi, poco prima era fuori, apparteneva al mondo.

Ora è nostra, ma poco dopo la restituiremo di nuovo al mondo; siamo una cosa sola con il mondo.

L’aria è ora fuori e ora dentro, ora fuori e ora dentro.

 

Non saremmo uomini se non fossimo congiunti col mondo

così da non possedere soltanto quanto sta racchiuso entro la nostra pelle,

ma anche quanto ci unisce con tutta l’atmosfera.