Soltanto la lettura della cronaca dell’akasha può darci la garanzia del testo giusto dei Vangeli

O.O. 131 – Da Gesù a Cristo – 08.10.1911


 

Sulla base delle traduzioni oggi esistenti dei Vangeli

l’uomo non può più arrivare a quello che effettivamente i Vangeli vogliono indicare,

perché in certo qual modo, come esse si trovano oggi, non sono più utilizzabili.

Che cosa dunque è successo nella spiegazione dell’evento del Cristo? e che cosa deve succedere?

 

A chi si avvicina per via antroposofica alla comprensione dell’evento del Cristo, deve riuscir evidente che i Vangeli furono scritti da persone che spiritualmente, con gli occhi spirituali, potevano contemplare l’evento del Cristo; essi non vollero dunque scrivere una biografia esteriore, ma presero gli antichi documenti delle iniziazioni (nel mio scritto Il cristianesimo quale fatto mistico questi nessi sono descritti più esaurientemente) e indicarono come ciò che si era verificato nelle profondità dei misteri sia poi avvenuto sul piano della storia, grazie al concorso divino nell’evoluzione dell’umanità, con l’evento del Cristo.

 

Quello dunque che avveniva in piccolo nei misteri all’iniziando, a chi doveva essere iniziato, è avvenuto sul grande piano della storia del mondo per l’entità che chiamiamo il Cristo, senza la preparazione necessaria per gli altri uomini, e senza la segretezza dei misteri.

 

Ciò che prima doveva essere conosciuto nei più profondi santuari dei misteri

solo attraverso gli occhi dei discepoli dei misteri stessi, si era svolto dinanzi agli occhi di tutti.

 

Questo i primi maestri cristiani sentivano con timorosa venerazione. Quando osservavano quello che i Vangeli dovevano essere, nei veri maestri cristiani sorgeva il sentimento di non essere degni di afferrare il vero nòcciolo, il vero significato dei Vangeli.

Questo medesimo fatto ha provocato ancora qualcosa che è in relazione con la necessità d’interpretare oggi i Vangeli così come avviene nella scienza dello spirito orientata antroposoficamente.

Seguendo le spiegazioni qui esposte sui Vangeli si sarà osservato che innanzi tutto esse non sono basate su quel che ci danno i libri tradizionali dei Vangeli, perché quello che i libri dei Vangeli ci comunicano viene considerato in un primo tempo come del tutto incerto.

 

Attraverso la lettura della cronaca dell’akasha viene, rintracciata invece la scrittura spirituale, quale è stata descritta da chi in autonomia poteva leggere nello spirito. Esaminando chiaroveggentemente qualsiasi passo, solo dopo si vede nella corrispondente spiegazione la frase della tradizione quale si trova nei libri; viene poi investigato se e quanto essa si armonizzi con la forma che può venir ristabilita dalla cronaca dell’akasha.

Così il Vangelo di Matteo, quello di Marco e quello di Luca devono venire ristabiliti dalla cronaca dell’akasha. Soltanto il raffronto della tradizione con le forme originarie ci mostra come questo o quel passo vada Ietto; ogni tradizione che poggi soltanto sul senso letterale deve sbagliar strada e cadere nell’errore.

 

Nell’avvenire i Vangeli dovranno essere non soltanto spiegati, ma ricostruiti nel vero loro aspetto originario. Se qualcuno volge allora lo sguardo su quello che viene così ristabilito, non può più dire che potrà essere vero o non vero perché, quando verrà mostrata la concordanza, risulterà per tal fatto evidente che soltanto la lettura della cronaca dell’akasha può darci la garanzia del testo giusto dei Vangeli. Allora i Vangeli ridiventeranno una prova che è giusto quel che in essi è riportato solo alla lettera. Questo è stato appunto mostrato in vari passi.

 

Eccone un esempio. Ci vien detto che quando il Cristo Gesù fu giudicato, gli venne posta la domanda se egli era un re mandato da Dio, o qualcosa di simile, e che egli avrebbe risposto al richiedente: « Tu lo dici! ». Chiunque rifletta onestamente su queste parole, e non voglia seguire i metodi d’interpretazione dei Vangeli dati dai professori attuali, dovrà dire che veramente a questa risposta del Cristo: « Tu lo dici » non si può annettere alcun significato né di sentimento né di intelletto poiché, se consideriamo la questione sotto l’aspetto del sentimento, dobbiamo chiedere perché egli parli in modo così poco preciso che non si può capire che cosa voglia dire. Se col « Tu lo dici » vuol intendere: « È così », la frase non: ha senso, perché le parole del richiedente non esprimono un’affermazione, ma una domanda. Come può essere questa una risposta sensata?

 

Se si considera la questione dal punto di vista dell’intelletto, come credete che chi ci vien presentato come dotato di infinita saggezza possa scegliere tale formulazione per le sue risposte? Se però le parole vengono presentate come sono nella cronaca dell’akasha, esse ci dànno un significato tutto diverso; nella cronaca dell’akasha non vi è infatti: « Tu lo dici », ma: « Tale risposta solo tu potresti dare »; vale a dire, se interpretiamo bene: • « Alla tua domanda dovrei dare una risposta che un uomo non può mai dare riguardo a se stesso, ma che può essere data soltanto da chi gli sta di fronte. Non posso dire se sia vero o non vero: il riconoscimento di questa verità non risiede in me, bensì in te. Tu devi dirlo, e allora soltanto avrebbe importanza».

 

Ora si potrebbe dire che questo può o non può essere vero. Certamente, volendo giudicare in modo astratto si avrebbe ragione. Se però si considera tutta la scena e ci si chiede se si può comprendere meglio quel che vi è detto accettando l’interpretazione fornita dalla cronaca dell’akasha, allora ognuno vedrà che questa scena non si può; intendere in altro modo.

Ci si dirà allora che l’ultimo scrivano o traduttore di questo passo non ha più compreso quel che scriveva, perché era troppo difficile, e che quindi ha scritto una inesattezza. Chi sa quante cose vengono trascritte inesattamente nel mondo non potrà più meravigliarsi che si tratti qui di una riproduzione inesatta. Come negarci dunque il diritto ora, all’inizio di una nuova epoca dell’umanità, di ricondurre i Vangeli alla loro forma primitiva mostrataci dalla cronaca dell’akasha?

 

Come stiano le cose risulta chiaramente, e lo si può perfino dimostrare per la via storica esteriore, se si esamina a questo riguardo il Vangelo di Matteo. Basta riflettere sulla storia. Quel che di meglio è stato detto sulla creazione del Vangelo di Matteo si trova nel terzo volume della Dottrina segreta della Blavatsky, purché lo si sappia apprezzare e giudicare correttamente.

Dagli scritti di Gerolamo, un padre della Chiesa, vissuto verso la fine del quarto secolo, si rileva, come si può senz’altro confermare per mezzo della ricerca scientifica occulta, che il Vangelo di Matteo era stato scritto originariamente in ebraico, e che la copia (oggi si direbbe l’edizione di quel Vangelo) che egli potè vedere era scritta nella lingua originaria con lettere ebraiche ancora accessibili, ma non era più l’ebraico abituale del suo tempo.

 

Come se un poema dello Schiller venisse scritto per così dire con lettere greche, così dunque la copia che il padre della chiesa Gerolamo potè vedere era scritta nella lingua in cui il Vangelo di Matteo era stato originariamente redatto, ma non con i caratteri di quella lingua, bensì con altre lettere.

Gerolamo aveva avuto l’incarico dal suo vescovo di tradurre per i suoi correligionari il Vangelo di Matteo. Egli eseguì però la traduzione in modo veramente strano. Anzitutto egli riteneva che fosse pericoloso tradurre il Vangelo di Matteo tale quale era, perché esso conteneva delle comunicazioni che quelli che l’avevano fino ad allora posseduto come loro scritto sacro volevano nascondere al mondo profano. Inoltre egli riteneva che quel Vangelo, tradotto quale era, anziché edificare avrebbe solo esercitato opera distruttiva.

 

Che cosa fece dunque Gerolamo? Omise quelle cose che, secondo le sue idee e quelle della Chiesa di allora, avrebbero potuto esercitare un’azione distruttiva, e le sostituì con altre. Dai suoi scritti rileviamo anche qualcosa di più grave: Gerolamo sapeva cioè che non si poteva comprendere il Vangelo di Matteo se non si era iniziati in determinate cose occulte, ed egli riconosceva di non appartenere a tale categoria.

Questo significa dunque che egli ammetteva di non comprendere il Vangelo di Matteo. Nondimeno lo tradusse.

 

Abbiamo dunque dinanzi a noi il Vangelo di Matteo nella versione di un uomo che non lo comprendeva, ma che si è poi talmente abituato a quella sua forma, da dichiarare più tardi eresia tutto ciò che si pensava sul Vangelo di Matteo, ma che non era contenuto nella sua versione! Questi sono tutti fatti assolutamente veri.

Quel che anzitutto ora ci interessa e che dobbiamo rilevare, è di sapere perché effettivamente coloro che nei primissimi tempi del cristianesimo si attenevano principalmente al Vangelo di Matteo, lo abbiano comunicato soltanto a chi era iniziato sul significato occulto di determinate cose.

 

Per comprenderne la ragione, occorre un po’ familiarizzarsi; per via scientifico-spirituale col carattere generale dell’iniziazione.

Ho già spesso trattato questo argomento nei suoi vari aspetti, e soprattutto ho detto che l’iniziazione, o il giungere per mezzo di essa al conseguimento della forza chiaroveggente, conduce l’uomo ad acquistarsi alcune verità fondamentali sopra il mondo. Tali verità appaiono a tutta prima assurde alla coscienza ordinaria. Secondo quello che si può vedere nella vita quotidiana, di fronte alle massime verità la coscienza ordinaria può dire soltanto che sono paradossali. Ma non soltanto!

 

Se le verità superiori, cioè quelle che sono accessibili agli iniziati, venissero a conoscenza del singolo uomo impreparato, o perché le ha indovinate (e in un certo caso sarebbe possibile) o perché gli sono state comunicate quando ancora si trovava in condizioni d’imperfezione, anche se si trattasse delle verità più elementari, potrebbero riuscire oltremodo pericolose per chi non è preparato. Anche se si riferissero a quanto di più puro e di più elevato vi è da dire sul mondo, esse eserciterebbero nondimeno un’influenza devastatrice sull’uomo stesso e sul suo ambiente.

Chi possiede oggi le massime verità sa pure che non è la via giusta, per esempio, quella di chiamare a sé qualcuno e di comunicargli i segreti maggiori del mondo.

 

Le verità più elevate non possono essere comunicate a voce, così che una bocca le enunci e un orecchio le ascolti.

• Per comunicare le verità maggiori occorre invece

che chi vuol diventare discepolo venga lentamente e gradatamente preparato,

e che questa preparazione avvenga in modo che l’ultima conclusione,

la comunicazione degli arcani, non si verifichi dalla bocca all’orecchio,

ma che a un determinato momento, per virtù della preparazione,

il discepolo arrivi al punto che il segreto, il mistero, sorga davanti a lui:

non occorre così che venga pronunziato da una bocca, non occorre che venga udito da un orecchio.

• Deve nascere nell’anima, per virtù di quel che si è svolto fra maestro e scolaro.

 

Né vi è mezzo alcuno per strappare gli ultimi segreti a un iniziato perché nessuno, con nessun mezzo del piano fisico, può essere costretto a tradire con la sua bocca qualcosa dei segreti superiori.

Del resto, anche se a qualcuno non maturo venissero comunicati oralmente alcuni dei segreti superiori che devono nascere spontanei dall’anima, ciò riuscirebbe nefasto anche a chi li comunica, perché egli resterebbe per il rimanente della sua incarnazione completamente in potere del suo ascoltatore. Questo però non può mai accadere se il maestro soltanto prepara, e il discepolo lascia che le verità gli vengano generate dall’anima.

 

Quando si sa questo, si comprende anche la ragione per cui il Vangelo originario di Matteo non poteva senz’altro essere comunicato: gli uomini non erano maturi per quel che esso conteneva.

Se neppure Gerolamo, padre della chiesa, era maturo, tanto meno lo erano gli altri. Per questo gli Ebioniti, che erano originariamente in possesso di quelle comunicazioni, semplicemente non le comunicarono perché, se accolte da persone immature, sarebbero state talmente travisate che avrebbero appunto servito, come dice Gerolamo, non a edificare ma a demolire.

 

Ora Gerolamo vedeva questo, ma nondimeno acconsentì a comunicare il Vangelo di Matteo al mondo in un determinato modo. Questo scritto è stato cioè comunicato al mondo in un determinato modo, e ha esercitato una azione, nel mondo.

Se ci guardiamo attorno e osserviamo come esso abbia operato, le verità occulte ci permetteranno di comprendere molti fatti.

 

Sul terreno dell’occultismo chi potrebbe infatti ammettere che tutte le persecuzioni e cose simili, svoltesi nel mondo cristiano, possano riconnettersi al principio del Cristo Gesù stesso? Sul terreno dell’occultismo chi potrebbe fare a meno di dirsi che qui deve essere fluito qualcosa nell’evoluzione esteriore che non era nel senso dell’evoluzione cristiana, che insomma qui deve esservi un gran malinteso?

Ieri abbiamo detto come nel campo del cristianesimo si debba parlare per esempio di Apollonio di Tiana; ci siamo fatta un’idea della sua grandezza e importanza e lo, abbiamo perfino detto iniziato.

 

Se sfogliamo la letteratura cristiana antica, troviamo invece che ovunque gli vengono mosse delle accuse, come se tutto quello che egli fece e compì fosse stato compiuto sotto l’influenza del diavolo. Si tratta qui non soltanto di un malinteso, ma veramente di quella che si può chiamare una alterazione della personalità e dell’azione di Apollonio di Tiana. Non è che una fra le tante.

La comprendiamo soltanto se ci avvediamo che i Vangeli furono tramandati in un modo che dovette condurre a dei malintesi, e che attualmente, sul terreno dell’occultismo, abbiamo il compito di ritornare al vero senso del cristianesimo, contro il quale gli insegnamenti dei primi tempi commisero molti errori; ci riuscirà facile comprendere che il cristianesimo dovrà sperimentare la sua prossima epoca in modo diverso da quelle precedenti.

 

D’altra parte è stato detto che molto di quello di cui si è parlato potè veramente essere detto soltanto perché ci troviamo fra persone che hanno seguito la nostra evoluzione scientifica spirituale di questi ultimi anni, o che hanno la buona volontà di seguirla in avvenire, avendo sentimenti e disposizioni animiche che permettono a queste comunicazioni di agire sulle loro anime.

 

Poiché in sostanza fra il mistero del Golgota e i nostri tempi

le anime hanno attraversato un’incarnazione, almeno una, di tirocinio,

si può parlare oggi dei Vangeli senza tema di provocare danno.

 

Osserviamo così il fatto singolare che i Vangeli dovettero venir comunicati, ma che il cristianesimo potè essere compreso soltanto nella sua forma più imperfetta; che i Vangeli hanno provocato un metodo di ricerca per cui questa non riesce più a orientarsi fra quel che è storico e quel che non lo è; così che alla fine tutto può venir negato.

Quella che è da vedere come la forma originaria del cristianesimo dovrà perciò penetrare nei cuori e nelle anime e creare una nuova forza, affinché ciò che ora verrà incontro agli uomini possa essere accolto da chi potè sentire degnamente gli avvenimenti dal battesimo di Giovanni fino all’evento del Golgota.

Un’interpretazione dell’evento del Cristo dal punto di vista occulto è anche una preparazione necessaria per le anime che nel prossimo avvenire dovranno sperimentare il nuovo e che, con nuove facoltà, dovranno poter guardare nel mondo.

 

L’antica forma dei Vangeli acquisterà il suo completo valore soltanto quando si imparerà a leggere per mezzo della cronaca dell’akasha che sola è capace di restituirglielo.

Soprattutto il completo significato dell’evento del Golgota non potrà essere completamente descritto che per mezzo della ricerca occulta.

Quel che può risultare alle anime umane da tale evento verrà riconosciuto soltanto quando, per mezzo della ricerca occulta, se ne scoprirà il significato originario.