Sonno e morte

O.O. 13 – La scienza occulta nelle sue linee generali – (III – Sonno e morte)


 

Non si può penetrare la natura della coscienza di veglia

senza studiare lo stato in cui vive l’uomo durante il sonno;

e così non si può affrontare l’enigma della vita senza studiare la morte.

 

In un uomo che non senta in alcun modo il significato della conoscenza soprasensibile,

può nascere una certa diffidenza verso di questa, anzitutto per la sua maniera di considerare il sonno e la morte.

 

La scienza occulta può apprezzare i motivi che fanno sorgere tale diffidenza. Infatti non è inconcepibile che qualcuno dica che l’uomo esiste per la vita attiva e produttiva, che dal dedicarsi ad essa dipende il suo lavoro, che l’approfondimento di stati quali il sonno e la morte può sorgere solo dall’inclinazione a oziosi trasognamenti, e non può condurre ad altro che a vuote fantasticherie. Il respingere simili « fantasticherie » può quindi facilmente considerarsi come indice di mente sana, e l’abbandonarsi a quegli « oziosi trasognamenti » come una morbosità, propria di persone cui fa difetto la forza e la gioia di vivere, e che sono incapaci di vera attività produttiva.

 

Si avrebbe torto a scartare senz’altro come ingiusto questo giudizio perché esso ha in sé un certo nòcciolo di verità, un quarto di verità, ma questa deve essere completata dagli altri tre quarti che le appartengono. Chi vede chiaramente questo primo quarto giusto, e non sospetta neppure l’esistenza degli altri tre, diventa a ragione diffidente, se gli si contesta il quarto giusto. Bisogna invero ammettere incondizionatamente che lo studio di ciò che si nasconde sotto sonno e morte è cosa morbosa, se conduce ad un indebolimento, a un allontanamento dalla vera vita. E bisogna altresì ammettere che quanto in passato è andato per il mondo come scienza occulta, e che anche oggi va in giro sotto tale nome, ha molte volte un’impronta malsana e ostile alla vita. Ma mai niente di malsano scaturisce dalla vera conoscenza soprasensibile.

 

Anzi la verità è piuttosto questa: come l’uomo non può esser sempre desto,

così nelle esigenze reali della vita, presa in tutta la sua estensione,

egli non può fare a meno di quello che gli è offerto dal soprasensibile.

La vita continua nel sonno,

e le forze che lavorano o creano durante la veglia prendono vigore e ristoro da ciò che il sonno dà loro.

 

Altrettanto avviene per quello che l’uomo può osservare nel mondo manifesto.

• I confini del mondo sono più vasti del campo di questa osservazione,

e quel che l’uomo riconosce nel visibile deve essere completato e fecondato

per mezzo di quel che egli può apprendere circa i mondi invisibili.

• Un uomo che non rinnovi continuamente col sonno il vigore delle forze esaurite,

giunge alla distruzione della propria vita;

parimenti uno studio del mondo, che non sia fecondato dal riconoscimento dell’invisibile,

conduce alla desolazione.

 

Similmente è della « morte »:

gli esseri viventi soggiacciono alla morte perché possa sorgere nuova vita.

È la conoscenza del soprasensibile che diffonde chiara luce sulle belle parole di Goethe:

« La natura ha inventato la morte per aver molta vita ».

 

Come non vi sarebbe vita, nel senso ordinario, senza la morte,

così non vi può essere una reale conoscenza del mondo visibile

senza che lo sguardo penetri nel soprasensibile.

 

Ogni conoscenza del visibile deve continuamente rituffarsi nel soprasensibile per potersi sviluppare.

È quindi evidente che soltanto la scienza del soprasensibile rende possibile la vita della conoscenza manifesta; non indebolisce mai la vita, se si presenta nella sua vera figura; anzi la rinforza, e continuamente la rinnovella e la risana allorché, lasciata a se stessa, è divenuta fiacca e malata.

 

Quando l’uomo cade nel sonno, si modifica la connessione fra le sue parti costitutive.

• Ciò che dell’uomo dormiente sta sul giaciglio

contiene il corpo fisico e il corpo eterico, ma non il corpo astrale e non l’io.

• Appunto perché nel sonno il corpo eterico rimane connesso col corpo fisico, le attività vitali continuano;

il momento infatti in cui il corpo fisico fosse lasciato a se stesso dovrebbe necessariamente andare in sfacelo.

• Quel che nel sonno è spento sono le rappresentazioni, il dolore e il piacere, la gioia e la pena,

è la facoltà di estrinsecare una volontà cosciente e fatti simili dell’esistenza.

Ma di tutto ciò è veicolo il corpo astrale.

 

Naturalmente chi giudichi senza preconcetti non può neppure prendere in considerazione l’idea che nel sonno il corpo astrale — con ogni piacere e ogni dolore, con tutto il mondo del pensiero e della volontà — sia annientato. Esiste infatti tuttora, ma in un altro stato.

 

Affinché l’io umano e il corpo astrale

non solo siano riempiti di piacere e dolore e di quanto è stato sopra accennato,

ma ne abbiano anche una percezione cosciente,

è necessario che il corpo astrale sia congiunto col corpo fisico e col corpo eterico.

• Nella veglia lo è, nel sonno non lo è; si è ritirato da loro.

• Ha assunto una forma d’esistenza diversa da quella che possiede

quando è congiunto col corpo fisico e il corpo eterico;

è compito della conoscenza soprasensibile di considerare quest’altra forma d’esistenza del corpo astrale.

 

Durante il sonno il corpo astrale sparisce per l’osservazione nel mondo esterno, e la scienza occulta deve seguire la vita che esso vive fino a quando, al risveglio, riprende possesso del corpo fisico e del corpo eterico.

 

Come in tutti quei casi in cui si tratta della conoscenza di cose e processi occulti del mondo,

così pure per la scoperta dei fatti reali dello stato di sonno nel loro vero aspetto

è necessaria l’osservazione soprasensibile;

ma quello che si può scoprire per tal via, una volta che sia reso noto,

riesce senz’altro comprensibile per un pensare veramente senza preconcetti.

 

Infatti i processi del mondo occulto si rivelano coi loro effetti in quello manifesto. Quando si riconosca che i risultati dell’indagine soprasensibile rendono comprensibili i processi visibili, in questa conferma che fornisce la vita si ha la dimostrazione che è lecito richiedere per simili cose. Chi non vuole usare i mezzi che indicheremo in seguito per giungere all’osservazione soprasensibile può fare l’esperienza seguente. Può cominciare con l’accettare i dati della conoscenza soprasensibile e indi applicarli alle cose manifeste nel campo della sua esperienza. Egli troverà allora che la vita diviene per tal mezzo chiara e comprensibile; e tanto più se ne convincerà, quanto più esattamente e più a fondo osserverà la vita ordinaria.

 

• Anche se nel sonno il corpo astrale non ha rappresentazioni,

anche se non prova piacere e dolore, esso non rimane inattivo;

anzi proprio nel sonno lo attende un’attività intensa.

• È un’attività nella quale esso deve entrare sempre di nuovo, a intervalli ritmici,

dopo esser stato attivo in comunione col corpo fisico e con quello eterico.

 

Come un pendolo, dopo avere oscillato verso sinistra, ed essere ritornato nella posizione centrale,

deve oscillare verso destra per effetto della forza accumulata durante la prima oscillazione,

così il corpo astrale e l’io che esso racchiude,

dopo avere svolto per un certo tempo la loro attività nel corpo fisico e nel corpo eterico,

debbono, per effetto di quella loro attività,

esplicare per un certo periodo la loro azione in un ambiente animico-spirituale al di fuori del corpo.

 

In questo stato extracorporeo del corpo astrale e dell’io,

per le abituali condizioni dell’uomo, si ha uno stato di incoscienza,

proprio perché questo rappresenta il contrasto con lo stato di coscienza di veglia

legato alla connessione col corpo fisico e con quello eterico,

come l’oscillazione verso destra del pendolo rappresenta il contrasto di quella verso sinistra.

 

La necessità di cadere in questa incoscienza viene sentita dalla parte animico-spirituale dell’uomo come stanchezza, stanchezza che è l’espressione del fatto che il corpo astrale e l’io si preparano, durante il sonno, a disgregare nuovamente nella veglia seguente ciò che, per effetto di un’attività formatrice puramente organica, incosciente, si è venuto formando nel corpo fisico e nell’eterico, mentre essi sono privi dell’elemento animico-spirituale. Questa attività formatrice incosciente è in contrasto con quanto si svolge nell’essere umano durante e per effetto della coscienza di veglia; e questi due stati opposti debbono alternarsi ritmicamente.

 

• Al corpo fisico può essere mantenuta la forma e la struttura adatta all’uomo solo per mezzo del corpo eterico;

ma questa forma umana del corpo fisico può essere solo mantenuta per mezzo di un corpo eterico

che a sua volta riceva le opportune forze dal corpo astrale.

 

• Il corpo eterico è il costruttore, l’architetto del corpo fisico,

ma può costruire convenientemente solo se riceve l’impulso, circa il modo in cui deve costruire, dal corpo astrale.

In questo sono i modelli secondo cui il corpo eterico dà forma al corpo fisico.

 

• Durante la veglia il corpo astrale non contiene però questi modelli,

o almeno li contiene solo fino a un certo grado,

perché durante la veglia l’anima pone al loro posto le proprie immagini.

 

Quando l’uomo rivolge i sensi al mondo che lo circonda,

forma nella sua mente, attraverso la percezione, delle immagini che ritraggono il mondo circostante stesso.

Esse riescono di disturbo a quei modelli che stimolano il corpo eterico alla conservazione del corpo fisico.

• Soltanto quando l’uomo potesse, per propria attività,

fornire al suo corpo astrale immagini capaci di dare il giusto impulso al corpo eterico,

solo allora quel disturbo non avrebbe luogo.

• Tuttavia nell’esistenza umana tale disturbo ha una parte importante,

e fa sì che durante la veglia i modelli per il corpo eterico non agiscano con tutta la loro forza.

 

Durante la veglia, il corpo astrale lavora nell’interno del corpo fisico;

durante il sonno lavora su di esso dal di fuori .

Come il corpo fisico ha bisogno del mondo esterno, che è della sua stessa natura,

ad esempio per la propria alimentazione,

così avviene qualcosa di simile anche per il corpo astrale.

 

Si pensi un corpo fisico umano allontanato dal mondo che lo circonda: dovrebbe perire.

Ciò mostra che senza l’intiero ambiente fisico quel corpo non è possibile.

Effettivamente la Terra deve proprio essere tutta così come è, se su di essa debbono esistere dei corpi fisici umani.

In verità l’intero corpo umano è solo una parte della Terra; anzi, in un senso più lato, dell’intero universo fisico.

 

Da questo punto di vista lo si può paragonare ad esempio al dito di una mano rispetto a tutto il corpo umano. Se si separa il dito dalla mano, non è più un dito, si dissecca. Altrettanto avverrebbe del corpo umano, se venisse separato da quel corpo di cui è membro, dalle condizioni di vita che la Terra gli offre. Se venisse sollevato di un numero sufficiente di chilometri al di sopra della superficie della Terra, esso morirebbe, come accade al dito, quando si amputa dalla mano. Se l’uomo si accorge di questo rapporto fra il suo corpo fisico e la Terra meno che non di quello fra un dito e un corpo, ciò proviene semplicemente dalla circostanza che il dito non può andare in giro per il corpo come può fare l’uomo sulla Terra, e che quindi nel primo caso la dipendenza salta maggiormente agli occhi.

 

Ora, come il corpo fisico è inserito nel mondo fisico al quale appartiene,

così appartiene il corpo astrale al suo proprio mondo.

La vita di veglia lo strappa però da quel suo mondo.

 

Si può dare un’idea di quanto avviene con una similitudine. Immaginiamo di aver un vaso d’acqua. Una goccia non è niente di separato in sé entro l’intiera massa d’acqua; ma prendiamo una spugnetta e assorbiamo con essa una goccia fuori dall’intiera massa d’acqua. Qualcosa di simile avviene del corpo astrale umano al risveglio. Durante il sonno esso sta in un mondo della sua stessa natura; ne forma parte, in certo modo. Al risveglio il corpo fisico e il corpo eterico lo assorbono e s’impregnano di lui. Essi contengono gli organi per mezzo dei quali il corpo astrale percepisce il mondo esterno. Per giungere a questa percezione, il corpo astrale deve però distaccarsi dal suo mondo; ma solo dal suo mondo esso può avere i modelli di cui abbisogna per il corpo eterico.

 

Come dall’ambiente fisico pervengono ad esempio gli alimenti al corpo fisico, così durante il sonno pervengono al corpo astrale le immagini del mondo che lo circonda. Effettivamente esso vive allora nell’universo al di fuori del corpo fisico e del corpo eterico, nello stesso universo dal quale trae origine l’uomo intiero. In questo universo è la fonte delle immagini per mezzo delle quali l’uomo ottiene la sua forma. Egli è armonicamente inserito in quell’universo. Durante la veglia egli si allontana da quell’ampia armonia per venire alla percezione esterna; nel sonno il suo corpo astrale ritorna nell’armonia universale. Al risveglio egli ne porta tanta forza ai suoi corpi che per un certo tempo può di nuovo fare a meno di soggiornare nell’armonia.

 

Durante il sonno il corpo astrale ritorna alla sua patria, e al risveglio porta con sé nella vita forze rinnovate.

La ricchezza che il corpo astrale porta con sé al risveglio si palesa nel ristoro prodotto da un sonno sano.

 

Procedendo nella scienza occulta, si vedrà come la patria del corpo astrale sia più vasta

di quella che appartiene al corpo fisico nel senso più ristretto dell’ambiente fisico.

• Mentre l’uomo come essere fisico è un membro della Terra,

• il suo corpo astrale appartiene a dei mondi nei quali, accanto alla Terra, trovano posto anche altri corpi celesti.

Durante il sonno egli entra così in un mondo di cui fanno parte altri mondi, diversi dalla Terra.

 

Dovrebbe essere superfluo accennare ad un malinteso che potrebbe facilmente sorgere riguardo a questi fatti; ma ai giorni nostri, in cui esistono certi modi materialistici di vedere le cose, non è del tutto inutile. Da parte di chi sostiene tali modi di vedere, si potrà naturalmente considerare che lo studio di un fenomeno come il sonno è scientifico soltanto quando è fondato su elementi fisici.

 

Se gli scienziati non sono ancora d’accordo sulla causa fisica del sonno, una cosa sarebbe però certa: la necessità di ammettere certi determinati processi fisici che stanno a base di tale fenomeno. Sarebbe però bene riconoscere che la conoscenza soprasensibile non è affatto in contraddizione con questo asserto. Essa ammette tutto quel che si dice in tal senso, così come si ammette che per il sorgere fisico di una casa bisogna porre un mattone sull’altro e che, quando la casa è finita, la sua forma e la sua struttura si spiegano con leggi puramente meccaniche. Ma perché sorga la casa, è necessario il pensiero dell’architetto. E a quel pensiero non si giunge se si investigano semplicemente le leggi fisiche.

 

Come dietro le leggi fisiche che rendono spiegabile la casa stanno i pensieri del suo costruttore, così, dietro ciò che la scienza fisica prospetta in modo perfettamente giusto, stanno i fatti di cui riferisce la conoscenza soprasensibile. Certo questa similitudine viene affacciata spesso, quando si tratta di giustificare l’esistenza di una base spirituale del mondo, e può sembrare superficiale. Ma in questi argomenti quel che conta non è di conoscere dati concetti, bensì di dar loro l’importanza giusta nella valutazione dei fatti. Un ostacolo ci si può presentare nel soverchio potere che rappresentazioni contrarie esercitano sul nostro giudizio, così da impedire il giusto apprezzamento dei fatti.

 

Il sogno costituisce uno stato intermedio fra sonno e veglia.

Ciò che l’esperienza del sogno presenta all’osservazione assennata è un mondo di immagini molteplici, variopinte e intersecantisi, che pur tuttavia nasconde in sé un ordine, una legge. Questo mondo palesa sulle prime come un flusso e riflusso, spesso in successione disordinata. Nel sogno l’uomo è libero dalle leggi della coscienza di veglia, che lo incatenano alla percezione sensoria e alle norme del suo raziocinio. Eppure il sogno segue misteriose leggi che attraggono ed affascinano la mente umana e che costituiscono l’intima ragione per cui quel vago giuoco della fantasia, che è base di ogni emozione artistica, vien volentieri paragonato al « sognare ».

 

Basta ricordare qualche sogno caratteristico per trovare la conferma di questa asserzione. Per esempio qualcuno sogna che sta scacciando un cane che gli si avventa contro. Si sveglia e si trova nell’atto di respingere inconsciamente da sé parte delle coltri che, coprendo il suo corpo in modo incomodo, gli diventavano opprimenti. In qual maniera la vita di sogno trasforma qui il fatto percettibile ai sensi?

 

Ciò che i sensi percepirebbero allo stato di veglia rimane completamente nell’incoscienza; però il sogno ne trattiene un elemento essenziale, il fatto cioè che l’uomo desidera respingere da sé qualcosa, e intreccia intorno a questo fatto un procedimento immaginativo. Le immagini come tali sono echi della vita di veglia. Il modo in cui esse sono prese dalla vita di veglia ha alcunché di arbitrario. Ognuno sente che la medesima causa esteriore potrebbe evocare nel sogno anche altre immagini. Nel caso suddetto esse esprimono simbolicamente la sensazione che l’uomo deve respingere qualcosa da sé.

Il sogno crea immagini, è simbolista.

 

I procedimenti interiori possono pure venir trasformati in tali simboli di sogno. Un uomo sogna di sentire accanto a sé il crepitio di un fuoco, ne vede in sogno la fiamma. Si sveglia e si accorge di esser troppo coperto, di aver caldo. La sensazione di caldo eccessivo si esprime simbolicamente in quell’immagine. Si possono attraversare così in sogno esperienze drammatiche. Qualcuno per esempio sogna di trovarsi sull’orlo di un precipizio, mentre un bambino si avvicina di corsa. Il sogno gli fa sperimentare tutte le angosce della preoccupazione che il bambino possa essere disattento e cadere nell’abisso! Egli lo vede cadere e sente il tonfo sordo del corpo nel fondo. Si sveglia e si accorge che un oggetto sì è staccato dalla parete e ha prodotto, cadendo, un rumore sordo. La vita di sogno trasforma questo semplice avvenimento in un processo che si svolge in immagini affannose.

 

Non è necessario per ora fermarsi a considerare come avvenga, in questo caso, che la caduta dell’oggetto si esplichi in una serie di processi che sembrano svolgersi in un determinato tempo: basta solo tener presente come il sogno trasformi in immagini le percezioni che offrirebbe lo stato di veglia.

 

Si vede dunque che, non appena i sensi cessano la loro attività,

si manifesta nell’uomo una facoltà creativa.

Questa è la medesima forza creativa esistente anche nel sonno senza sogni,

nel quale rappresenta uno stato dell’anima opposto a quello della veglia.

 

Perché il sonno senza sogni possa verificarsi,

occorre che il corpo astrale si ritragga dal corpo eterico e da quello fisico.

Durante lo stato di sogno esso è separato dal corpo fisico

in modo da non aver più rapporto con gli organi dei sensi;

conserva però un certo rapporto col corpo eterico.

 

Il percepire in forma di immagini i processi del corpo astrale deriva da questa sua unione col corpo eterico.

Nel momento in cui anche questa unione cessa,

le immagini sprofondano nell’oscurità dell’incoscienza e si giunge al sonno senza sogni.

 

Il carattere arbitrario e spesso contradditorio delle immagini del sogno dipende dal fatto che il corpo astrale, per la sua separazione dagli organi sensori del corpo fisico, non può riferire in modo giusto quelle immagini agli oggetti e agli avvenimenti dell’ambiente esterno.

Particolarmente illuminante è a questo riguardo l’osservazione di un sogno in cui l’io si sia in certo qual modo scisso: come per esempio allorché uno sogna di essere scolaro e di non poter rispondere ad una domanda rivoltagli dal maestro, alla quale tuttavia subito dopo il maestro stesso risponde. Chi sogna, non potendo adoperare i suoi organi fisici di percezione, non è in grado di riferire i due processi a se stesso come ad un solo e medesimo individuo.

 

Così, anche per riconoscere se stesso come un io permanente,

occorre che l’uomo sia fornito di organi esteriori di percezione.

• Solo quando l’uomo avesse acquistato la capacità di essere cosciente del proprio io in altro modo,

che non per mezzo di tali organi di percezione,

l’io permanente gli diverrebbe percettibile anche al di fuori del suo corpo fisico.

• La coscienza soprasensibile deve acquisire queste facoltà,

e i mezzi per conseguirla saranno esaminati più oltre, nel corso di questo libro.

 

La morte stessa avviene solo per un mutamento nel rapporto delle parti costitutive dell’entità umana. Quanto l’osservazione soprasensibile ci palesa in proposito può essere confermato dai suoi effetti nel mondo manifesto; anche in questo caso chi voglia giudicare spassionatamente troverà confermati nella vita esteriore gli insegnamenti della conoscenza soprasensibile. Però, riguardo a questi fatti, l’espressione dell’invisibile nel visibile è meno evidente, e s’incontrano maggiori difficoltà per valutare tutta l’importanza di ciò che gli eventi della vita esteriore ci dicono a conferma delle comunicazioni che ci fa la conoscenza soprasensibile in questo campo. In questo caso, dunque, anche più che in molti altri esaminati nel presente libro, si può essere portati a ritenere che si tratti di pura e semplice fantasticheria, quando ci si rifiuti di riconoscere che tutto il visibile contiene un chiaro indizio dell’invisibile.

 

Mentre nell’addormentarsi 

il corpo astrale si distacca soltanto dal suo legame col corpo fisico ed eterico,

i quali restano nondimeno uniti fra loro,

nella morte il distacco avviene fra il corpo fisico e il corpo eterico.

 

Il corpo fisico resta abbandonato alle proprie forze, e perciò si disgrega in quanto cadavere.

Il corpo eterico si trova ormai con la morte in una condizione

in cui non si era trovato mai durante il periodo fra la nascita e la morte

— salvo alcune condizioni eccezionali di cui verrà detto in seguito.

• Esso si trova cioè ora unito al suo corpo astrale, ma senza la presenza del corpo fisico;

il corpo eterico e il corpo astrale, infatti, non si separano immediatamente dopo la morte.

 

Essi sono tenuti insieme da una forza di cui è facile comprendere l’esistenza, poiché senza di essa il corpo eterico non potrebbe affatto sciogliersi dal corpo fisico; rimarrebbe collegato a questo, come avviene nel sonno, durante il quale il corpo astrale non è capace di staccare l’una dall’altra queste due parti costitutive dell’entità umana. Tale forza entra in azione con la morte; libera il corpo eterico dal corpo fisico, e così il primo ora resta unito al corpo astrale. L’osservazione soprasensibile mostra che questa unione dopo la morte è diversa nei vari uomini. La durata si misura a giorni. Alla durata di questo tempo accenniamo qui solo brevemente, a semplice titolo di informazione.

 

Più tardi il corpo astrale si stacca anche dal suo corpo eterico, e prosegue la sua via senza di esso.

Durante l’unione dei due corpi l’uomo si trova in una condizione

che gli permette di percepire le esperienze del corpo astrale.

 

Finché esiste un corpo fisico, il corpo astrale, non appena se ne distacca,

deve iniziare il suo lavoro dall’esterno per rinvigorire gli organi stanchi dall’uso.

• Quando il corpo fisico si è distaccato, tale lavoro cessa.

• Nondimeno, la forza che veniva adoperata in quel modo durante il sonno

sussiste dopo la morte e può ormai esser rivolta ad altro scopo.

Essa serve ora per rendere percettibili le esperienze proprie del corpo astrale.

 

Chi osservi soltanto il lato esteriore della vita potrebbe obiettare che tutte queste affermazioni potranno essere convincenti per chi sia dotato della percezione soprasensibile, ma per chiunque altro non sembra esservi possibilità di accedere alla loro verità. La cosa peraltro non sta così.

 

Quello che la conoscenza soprasensibile osserva in questo campo, che si sottrae alla comune indagine,

una volta trovato può venire afferrato dal normale giudizio.

Solamente occorre che la capacità di giudizio si applichi in modo adeguato

ai rapporti esistenti fra i fenomeni della vita nel mondo manifesto.

 

Pensare, sentire e volere stanno fra loro, e con le esperienze che l’uomo fa nel mondo esterno, in un nesso tale da rimanere incomprensibili, ove non si consideri la loro attività manifesta come espressione di un’attività non manifesta. Questa attività manifesta si illumina per il giudizio umano solamente se la si consideri, nel suo svolgimento entro la vita fisica dell’uomo, come risultato di ciò che la conoscenza soprasensibile constata nella sfera non-fisica.

Senza la conoscenza soprasensibile ci si trova, nei confronti di quella attività, come in una camera buia: come gli oggetti fisici dell’ambiente si scorgono soltanto alla luce, così la vita animica dell’uomo diventa comprensibile soltanto per mezzo della conoscenza soprasensibile.

 

Durante il periodo di unione dell’uomo col suo corpo fisico,

il mondo esterno si manifesta alla coscienza in immagini;

dopo il distacco di questo corpo diventa percepibile ciò che il corpo astrale sperimenta,

mentre non è collegato col mondo esterno da nessun organo di senso.

 

Sulle prime non ha esperienze nuove;

la sua unione col corpo eterico gli impedisce di sperimentare qualcosa di nuovo.

• Esso possiede però il ricordo della vita passata.

• La presenza del corpo eterico fa sì che la vita trascorsa possa apparire come un quadro vivido e complessivo.

• È questa la prima esperienza dell’uomo dopo la morte:

egli vede la sua vita dalla nascita alla morte distenderglisi dinanzi in una sequenza di immagini.

 

Durante la vita i ricordi sussistono solo durante lo stato di veglia, quando l’uomo è unito al suo corpo fisico, e solo per quel tanto che questo corpo lo consente; per l’anima invece nulla va perduto di quanto ha prodotto su di lei un’impressione durante la vita. Se il corpo fisico fosse uno strumento perfetto dovrebbe riuscir possibile ad ogni momento della vita di rievocare nell’anima tutto il passato; con la morte l’impedimento cessa.

Finché il corpo eterico sussiste, il ricordo rimane in certo qual modo completo; sparisce poi a poco a poco, a misura che il corpo eterico perde la forma che possedeva durante la sua dimora nel corpo fisico, e che somiglia a quest’ultimo; questa è anche la ragione per cui il corpo astrale si separa dall’eterico dopo un certo periodo. Può rimanere legato ad esso fino a che perdura nel corpo eterico la forma simile al corpo fisico.

 

Nel periodo di vita fra nascita e morte la separazione del corpo eterico avviene solo in casi eccezionali e soltanto per un tempo «breve. Se per esempio una forte pressione viene esercitata su di un arto dell’uomo, una parte del corpo eterico può staccarsi dal fisico. Noi diciamo allora che quell’arto si è « addormentato », e la sensazione particolare che ne riceviamo dipende dallo staccarsi del corpo eterico. (Naturalmente un’interpretazione materialistica può negare anche in questo caso l’invisibile che si manifesta nel visibile, affermando che tutto ciò nasce da un disturbo fisico derivante dalla pressione).

L’osservazione soprasensibile scorge in tal caso che la corrispondente parte del corpo eterico scivola fuori dall’arto fisico. Se poi qualcuno viene colpito da un forte spavento o da qualcosa di simile, tale separazione del corpo eterico dal fisico può verificarsi per un tempo brevissimo e per una gran parte del corpo. Avviene appunto così quando, per una qualsiasi ragione, un uomo sì trova subitamente faccia a faccia con la morte, quando per esempio sta per annegare o quando, durante un’ascensione in montagna, corre rischio di cadere.

Ciò che raccontano le persone che hanno attraversato tali esperienze si avvicina di molto alla verità e può essere confermato dall’osservazione soprasensibile. Esse affermano che in quei momenti la loro vita intera è apparsa dinanzi alla loro anima come in un immenso quadro mnemonico.

 

Fra i molti esempi che potrebbero essere addotti, ne sceglieremo uno solo, perché si riferisce a persona a cui, per la sua attitudine mentale, tutto quanto veniamo dicendo a questo proposito deve apparire vuota fantasticheria.

È infatti particolarmente utile, per chi voglia avanzare di qualche passo nell’osservazione soprasensibile, di conoscere le asserzioni di coloro che ritengono questa scienza una semplice fantasticheria. Queste asserzioni non si possono così facilmente ascrivere a parzialità dell’osservatore. Gli occultisti dovranno imparar molto da quelli che considerano la loro scienza come una follia, né dovranno prendersela a male se non verranno ricambiati con uguale considerazione. L’osservazione soprasensibile certamente non ha bisogno di questa conferma delle proprie risultanze, né questi accenni devono ritenersi come prove, bensì come illustrazioni.

 

Moritz Benedict, illustre antropologo criminalista ed eminente studioso di molti altri rami di scienze naturali, narra nei suoi ricordi una sua esperienza, e cioè che una volta, essendo sul punto di annegare mentre si trovava al bagno, vide tutta la sua vita passata presentarglisi dinanzi come in un unico quadro. Se altre persone descrivono in modo diverso tali immagini vedute in circostanze simili, e se le descrivono in modo che sembri abbiano poco a che fare con gli avvenimenti della loro vita passata, ciò non contraddice a quanto abbiamo affermato, poiché le immagini che si presentano in quella condizione del tutto anormale della separazione dal corpo fisico, a prima vista sono talvolta poco chiare nel loro rapporto con la vita.

Osservandole in modo giusto però, il rapporto si ritroverà sempre. Né costituisce obiezione il fatto che per esempio qualcuno, pur essendosi trovato in procinto di annegare, non abbia attraversato l’esperienza ora descritta. Bisogna tener presente che essa si verifica soltanto quando il corpo eterico si stacca effettivamente dal corpo fisico, restando però unito al corpo astrale. Se per lo spavento avviene un distacco parziale anche fra il corpo eterico e quello astrale, l’esperienza non ha più luogo, perché sopraggiunge la completa incoscienza, come nel sonno senza sogni.

 

Nei primi tempi dopo la morte gli avvenimenti del passato appaiono riassunti in un quadro mnemonico.

Dopo essersi separato dal corpo eterico, il corpo astrale prosegue da solo il suo viaggio.

Non è difficile comprendere che nel corpo astrale

rimane tutto ciò che, per effetto della sua propria attività, esso ha fatto

proprio durante il suo soggiorno nel corpo fisico.

 

L’io ha elaborato fino ad un certo grado il sé spirituale, lo spirito vitale e l’uomo-spirito.

Per quel tanto di sviluppo che hanno raggiunto,

essi non debbono la loro esistenza agli organi dei diversi corpi, bensì all’io.

E l’io appunto è quell’essere che non ha bisogno di organi esterni per percepire,

né per rimanere in possesso di ciò che ha unito a sé.

 

Si potrebbe opporre: « Come mai, durante il sonno, non si ha percezione alcuna del sé spirituale, dello spirito vitale, dell’uomo-spirito sviluppati? » — Perché fra la nascita e la morte, l’io è incatenato al corpo fisico. Anche se durante il sonno esso si trova insieme al corpo astrale fuori del corpo fisico, pur tuttavia rimane strettamente collegato ad esso, perché l’attività del suo corpo astrale è rivolta al corpo fisico.

 

Per tale fatto l’io, con la sua percezione, si trova indirizzato al mondo sensibile esteriore, e non può accogliere le rivelazioni spirituali nella loro forma diretta. Soltanto con la morte queste rivelazioni riescono accessibili all’io, perché per mezzo di essa l’io si libera dalla sua unione col corpo fisico e col corpo eterico.

 

Nell’istante in cui l’anima è tratta fuori dal mondo fisico, che ne vincola l’attività durante la vita,

si illumina per essa un altro mondo.