Sonno e veglia

O.O. 26 – Massime antroposofiche – Lettera del 08.02.1925 – massime n° 156-158


 

Nell’àmbito delle considerazioni antroposofiche il sonno e la veglia furono spesso esaminati dai punti di vista più diversi. Ma occorre approfondire sempre di nuovo la comprensione di tali fatti della vita, dopo che si siano considerati altri lati del contenuto del mondo. Quello che abbiamo detto della terra come germe del nuovo sorgente macrocosmo, ci offre tale possibilità di approfondire la nostra comprensione riguardo al sonno e alla veglia.

 

Allo stato di veglia l’uomo vive

• nelle ombre di pensiero, che vengono proiettate da un mondo morto,

• e negli impulsi volitivi, nella cui natura interiore egli penetra con la sua coscienza solita altrettanto poco,

quanto nei processi del sonno profondo senza sogni.

 

Nell’affluire di questi impulsi volitivi subcoscienti entro le ombre di pensiero,

sorge l’autocoscienza liberamente operante• In tale autocoscienza vive l’« io ».

 

Mentre in queste condizioni l’uomo sperimenta il mondo circostante,

il suo sentire interiore è permeato da impulsi extraterreni cosmici,

emergenti nel presente da un passato cosmico remotissimo.

Egli non ne diventa cosciente.

 

• Un essere può diventare cosciente soltanto di quello cui partecipa con le proprie forze di morte,

non con le forze di crescita che vivificano l’essere stesso.

• Così l’uomo sperimenta se stesso

perché perde spiritualmente di vista ciò che sta alla base del suo essere interiore.

 

Ma appunto grazie a questo egli è in grado, durante la veglia, di sentirsi completamente dentro alle ombre di pensiero.

Nessuna vivificazione impedisce alla vita interiore di prender parte a ciò che è morto.

Ma a questa « vita nella morte » l’essenzialità della terra nasconde di essere il germe di un nuovo universo.

 

• Allo stato di veglia l’uomo non vede la terra quale essa è, gli sfugge l’incipiente sua vita cosmica.

• Così l’uomo vive in ciò che la terra gli dà come base per la sua autocoscienza.

 

• Nell’epoca dello svolgimento autocosciente dell’io,

egli perde spiritualmente di vista la vera figura dei suoi impulsi interiori, come pure quella del suo mondo circostante.

• Ma appunto in questo librarsi al di sopra dell’essere del mondo,

l’uomo sperimenta l’essere dell’io, si sperimenta come entità autocosciente.

 

Sopra di lui il cosmo extraterreno,

sotto di lui, nella sfera terrestre, un mondo la cui essenzialità rimane occulta;

nel mezzo la manifestazione dell’« io » libero, la cui essenzialità

irraggia nel pieno splendore della conoscenza e del libero volere.

 

Diversamente avviene nello stato di sonno.

Ivi l’uomo, nel suo corpo astrale e nel suo io, vive in seno alla vita germinante della terra.

 

Quando l’uomo è immerso nel sonno senza sogni,

nel suo mondo circostante agisce un’intensissima « volontà di entrare nella vita ».

E i sogni sono compenetrati di questa vita, ma non così fortemente

che l’uomo non possa sperimentarli in una specie di semicoscienza.

 

In questo semicosciente guardare ai sogni,

si vede la forza per opera della quale l’entità umana viene formata dal cosmo.

 

Nei bagliori di luce del sogno diventa visibile come l’astrale fluisca nel corpo eterico a vivificare l’uomo.

In tale baluginare di luce il pensiero vive ancora.

Soltanto dopo il risveglio viene abbracciato da quelle forze che lo riducono a qualcosa di morto, a un’ombra.

 

È importante questo nesso fra rappresentazione di sogno e pensiero sveglio.

L’uomo pensa nelle medesime forze mediante le quali egli cresce e vive.

Ma affinché egli diventi pensatore, quelle forze devono morire.

Questo è il punto nel quale può sorgere una giusta comprensione del perché l’uomo, pensando, afferri la realtà.

Nei suoi pensieri egli ha la morta immagine di ciò che lo forma dalla realtà vivente.

 

La morta immagine: ma tale morta immagine è il prodotto dell’attività del sommo pittore, del cosmo stesso.

Dall’immagine è sì assente la vita. Se non ne fosse assente, l’io non potrebbe dispiegarsi.

E nell’immagine sta tutto il contenuto dell’universo nella sua magnificenza.

 

Già nella mia Filosofia della libertà avevo indicato questa relazione interiore tra pensare e realtà universale, per quel tanto che era allora possibile nel contesto di quell’opera. Precisamente nel punto in cui parlavo del ponte che dalle profondità dell’io pensante conduce alle profondità della realtà della natura.

 

Il sonno estingue la coscienza abituale, perché esso conduce nella vita germogliante e fiorente della terra,

nel macrocosmo in via di divenire.

 

Se questa estinzione viene superata dalla coscienza immaginativa, dinanzi all’anima umana

non appare allora una terra delimitata in rigidi contorni nei regni minerale, vegetale e animale,

ma piuttosto un processo vivente che si accende in seno alla terra e fiammeggia fuori nel macrocosmo.

 

Avviene proprio che l’uomo, allo stato di veglia,

deve sollevarsi dall’essere dell’universo, con l’essere del proprio io, per giungere alla libera autocoscienza.

Nel sonno egli si ricongiunge poi all’esistenza universale.

 

Tale è nel presente momento cosmico il ritmo tra l’esistenza umana terrena al di fuori dell’« interiorità » dell’universo, con esperienza del proprio essere, e l’esistenza in seno all’« interiorità » dell’universo, con estinzione della coscienza del proprio essere.

 

• Nella condizione fra la morte e una nuova nascita l’io dell’uomo vive nella cerchia degli esseri del mondo spirituale.

Ivi entra nella coscienza tutto ciò che se ne sottrae durante la vita terrena di veglia.

Sorgono le forze macrocosmiche,

dalla pienezza della loro vita in un passato remotissimo fino al loro morto essere presente.

Ma sorgono anche le forze terrene che sono il germe del macrocosmo in via di divenire.

E l’uomo guarda ai suoi stati di sonno, come durante la vita sulla terra guarda la terra risplendente nel sole.

 

• Solo per il fatto che il macrocosmo, come è al presente, è diventato cosa morta,

l’uomo può vivere un’esistenza fra la morte e una nuova nascita

che, di fronte alla vita terrena di veglia, significa un risveglio superiore.

Un risveglio che rende l’uomo capace di signoreggiare appieno le forze che mostrano nel sogno fuggevoli bagliori di luce.

• Tali forze riempiono il cosmo intero. Compenetrano ogni cosa.

• Da esse l’uomo trae gli impulsi mediante i quali, nel discendere sulla terra,

egli forma il suo corpo, la grande opera d’arte del macrocosmo.

 

Ciò che nel sogno albeggia, come abbandonato dal sole, vive nel mondo dello spirito compenetrato di sole spirituale,

in attesa che le entità spirituali delle gerarchie superiori, oppure l’uomo,

lo suscitino creativamente alla formazione di esseri.

 


 

156Nello stato di veglia, per vivere se stesso nella piena e libera autocoscienza,

l’uomo deve rinunciare all’esperienza del vero aspetto della realtà

nella sua esistenza personale e in quella della natura.

Egli si solleva dal mare di questa realtà per fare del suo proprio io, nelle ombre del pensiero, un’esperienza veramente sua.

 

157Nello stato di sonno l’uomo vive con la vita che attornia la terra;

ma questa vita estingue la sua autocoscienza.

 

158 — Nel sognare balugina alla semicoscienza il possente essere universale

di cui è intessuta l’entità dell’uomo e di cui, nella discesa dal mondo dello spirito,

egli forma il suo corpo.

Nella vita terrestre questo possente essere universale

è portato a morire entro l’uomo fin nelle ombre del pensiero,

perché solo così può servire da fondamento all’uomo autocosciente.