Spegnersi dell’interesse della terza gerarchia nei confronti dell’uomo; come recuperarlo.

O.O. 193 – L’intimo aspetto dell’enigma sociale – 12.09.1919


 

I nostri sono tempi in cui l’anima umana deve essere rivolta fondamentalmente ai grandi eventi che coinvolgono la storia del mondo e l’evoluzione dell’umanità. Questi grandi eventi e sovvertimenti del presente esigono molto dalla nostra capacità volitiva, se intendiamo capire la nostra posizione in qualità di esseri umani inseriti in ciò che avviene nel mondo; e lo esigono al punto che, diversamente da quanto talvolta accadeva in tempi più tranquilli, o almeno in apparenza più tranquilli, non possiamo più rivolgerci con l’attenzione di allora ad avvenimenti esteriori pieni di bellezza, quali la realizzazione di questo ambiente: un ambiente che deve essere dedicato a scopi ideali, a scopi spirituali, e deve esserlo in modo tale che in esso gli uomini collaborino a questi obiettivi come collaborano nella loro vita sociale.

 

Se si considera la cosa nel giusto modo, esiste però un certo rapporto

tra l’allestimento di questa sede e i grandi eventi che oggi pulsano nel mondo.

Perché le importanti esigenze poste dall’evoluzione storica stessa dell’umanità

faranno certamente sì che ciò che l’uomo ha finora cercato

nel bello, nell’opera artistica, ed ha riservato alla propria vita personale,

si sposti sempre più verso spazi che gli uomini non terranno egoisticamente per se stessi,

ma in cui lavoreranno insieme in modo sociale.

 

Comprenderemmo male le cose che oggi vogliono inserirsi nell’evoluzione dell’umanità quali obiettivi per l’avvenire,

se volessimo giudicarle in base a ciò che oggi sembra talora preannunciarsi.

Il movimento sociale del presente non ha solo un carattere per molti aspetti “democratico”,

di cui basta considerare nell’ottica giusta la natura transitoria per rendersi conto

di ciò che si cela in esso, nonostante il suo carattere democratico;

il movimento sociale del presente reca in sé anche qualcosa di molto preoccupante,

vale a dire, che il bello, ciò che quale opera d’arte impregna la nostra cultura terrestre,

in futuro potrebbe non trovare la stessa considerazione che gli era stata riservata in passato,

quando cerchie economicamente privilegiate potevano dedicarsi a coltivarlo.

 

Un’epoca di transizione può condurre ad una certa regressione della sensibilità per il bello. Ma sarà proprio quando una struttura maggiormente sociale della nostra vita si sarà affermata sul serio, sarà proprio allora che anche l’evento esteriore spaziale e temporale dovrà essere necessariamente adeguato al buon gusto, al bello, perché in caso contrario l’umanità precipiterebbe nella grettezza e nel filisteismo.

 

In un certo senso, è quindi proprio nella semplice bellezza che i nostri amici hanno cercato, qui in questo spazio, di adeguare alle cose gravi della vita, è proprio in questo che possiamo vedere qualcosa di simbolico per i grandi eventi che investono il nostro tempo. Mosso da tali sentimenti, credo di parlare all’unisono con tutti voi se in questi tempi gravi – anche in questi tempi gravi – ringrazio di cuore i nostri amici per aver fatto un lavoro come quello realizzato qui. E sarebbe sbagliato pensare che ciò che oggi si sta preparando debba essere giudicato come se nel mondo il valore della personalità, e il valore di ciò che nasce dalla personalità, dall’individualità, potessero regredire a causa dei così detti “eventi oggettivi”. Non sarà così.

 

Solo i secoli precedenti la fine del XIX, gli ultimi tre o quattro secoli, hanno agito in certa misura in modo che nell’evoluzione complessiva dell’umanità sembri giustificato inserire l’uomo più che come una rotella nel meccanismo generale del mondo. Per il prossimo futuro il compito dell’uomo sarà certamente quello di operare al fine di trarsi fuori da questo meccanismo.

 

Si può quindi affermare con certezza che il grande movimento del presente

reca in sé un carattere che è per lo più totalmente egoistico.

È vero che si aspira al socialismo, ma per impulsi e istinti assolutamente antisociali.

È innegabile che il motivo per cui oggi si aspira al socialismo,

in realtà consista proprio nel fatto che l’uomo è divenuto tanto antisociale

nello sviluppo e nella costituzione della propria anima.

 

Se esistesse un più autentico senso sociale non avremmo bisogno di tutti questi programmi socialistici

che, in certa misura, nascono solo quale reazione all’antisocialità del sentire e percepire umano.

Ma è proprio in tempi come questi, in cui – data la situazione così confusa –

il sociale vuole nascere dall’egoismo e dall’antisociale,

è proprio in tempi come questi che colpisce in modo del tutto particolare

vedere ciò che con nobile e disinteressata dedizione a un ideale

è stato realizzato sulla spinta di sentimenti umani veramente autentici.

 

E sarebbe bene se oggi, in questi tempi difficili, non celebrassimo questo evento in modo puramente esteriore, ma dirigessimo il nostro pensiero su ciò di cui vi ho appena parlato: quanto sia importante che accanto alle aspirazioni egoistiche imperanti nel nostro tempo venga trovata la possibilità di realizzare una cosa come quella che è stata fatta qui – sia pure in misura molto limitata – per lavori che hanno scopi ideali, spirituali.

 

Così, mi sembra anche oggi che il modo più bello per festeggiare sia di impegnarci in considerazioni che da un lato siano connesse con la gravità dei tempi, affinché essa possa farci fluire nell’anima i sentimenti che speriamo ci accompagnino durante i lavori cui ci dedicheremo in questa sede (fino a quando, vista la situazione, potremo continuare a farlo in questa sede), e che dall’altro facciano agire su di noi i pensieri, degni e preziosi in quanto intimamente connessi con l’evoluzione dell’umanità, che potranno scaturire dai compiti cui questo luogo è destinato e attraversarci l’anima ogni volta che saremo qui.

 

Se considerassimo il nostro tempo con occhio critico – non malevolo, ma pur sempre critico – non saremmo nel vero se volessimo illuderci sulle tante correnti di reflusso che oggi pervadono ogni ambito dell’esistenza.

 

Per non perdere la consapevolezza della serietà della vita,

quando riflettiamo sul nostro tempo non dobbiamo dimenticare

fino a qual punto ciò che oggi l’uomo porta di solito nella propria coscienza,

e lo porta in modo da esprimerlo con parole,

fino a qual punto ciò sia per lo più lontano da quello che è interiormente vero e reale.

Oggi, perfino la capacità di percepire quanto la parola che diciamo sia spesso distante dalla verità,

perfino questa capacità è in realtà andata perduta in ampie cerchie di nostri contemporanei.

 

E in luogo dell’elementare fluire della verità dall’anima umana

è comparsa, e si è diffusa in tutto il mondo, quella che possiamo definire come parola vuota, come non-verità.

Infatti, qual è, quasi sempre, la caratteristica principale della non-verità?

È il fatto che la gente parli senza che la parola pronunciata sia interiormente connessa

– perché è solo interiormente che può esserlo – con la fonte della verità.

 

Basta vedere quello che negli ultimi quattro, cinque o sei anni è stato commesso in tutto il mondo in fatto di asserzioni del falso, per non poter dubitare che sia questo il motivo per cui l’allontanamento del mondo dalla vera realtà ha potuto aumentare tanto da condurre a una non-verità generale la quale, se nulla vi si opponesse, dilagherebbe sempre più.

 

In realtà nulla, se non l’affermarsi della non-verità, della menzogna,

negli ultimi tempi ha potuto prosperare tanto

quanto l’indulgenza nei confronti del falso, della propensione per il falso.

Oggi, ovunque si incontri la non-verità si incontra anche la condiscendenza nei suoi confronti.

 

Perché, ovunque, l’uomo condiscendente domanda: “Che cosa intendeva il tale? Non ha forse avuto sempre le migliori intenzioni del mondo? Non era forse convinto di agire per il meglio?” E com’è raro, invece, quello scrupoloso senso della verità per cui si è consapevoli che chi apre bocca è tenuto a verificare seriamente il fondamento della propria asserzione, e che quell’asserzione non può essere fatta senza essere stata previamente verificata.

 

Deve venire il tempo in cui non basterà più dire “era in buona fede”

a proposito di qualcuno che non abbia detto il vero.

Soprattutto, deve venire il tempo in cui la gente

avrà il massimo senso di responsabilità nei confronti della verifica della verità;

il tempo in cui anche chi scoprisse di avere affermato in buona fede

una cosa non rispondente al vero non si perdonerà di averlo fatto,

conscio che ai fini di una conoscenza obiettiva del mondo

è indifferente che si pensi soggettivamente di avere detto o no la verità,

ma che ai fini di una conoscenza obiettiva del mondo

non è in alcun modo indifferente che si dica una cosa obiettivamente vera,

vale a dire, aderente alla realtà, oppure una cosa che non lo è.

 

Ed è proprio in relazione alla gravità dei tempi

che dovremo imparare in che cosa consiste realmente la non-verità.

Molti oggi, pur senza esserne chiaramente coscienti,

hanno l’impressione che in realtà si possa dire quello che si vuole.

È un dato di fatto che si è potuto constatare, e che può continuare ad esserlo,

soprattutto in relazione all’atteggiamento assunto da moltissima gente

nei confronti degli avvenimenti del presente.

 

Sono accaduti fatti gravi.

Eppure, la gente continua a valutarne la gravità come più le piace,

anziché in base al suo impatto sull’evoluzione complessiva dell’umanità.

 

Tra i nostri contemporanei abbiamo avuto uomini che negli ultimi quattro o cinque anni si sono trovati al centro degli avvenimenti: uomini che le circostanze avevano sospinto a posizioni di primo piano in relazione alla storia del mondo. Uomini la cui rapida ascesa era dovuta al loro destino. Ma come sono poche le persone inclini a formarsi un giudizio obiettivo su quanto è accaduto in realtà!

 

Come sono poche le persone inclini a chiedersi mediante quale selezione, quale scelta, nel momento decisivo siano state proprio quelle personalità di primo piano ad arrivare ai loro ruoli di primo piano per la rovina dell’umanità! Ma oggi nulla è tanto necessario quanto il lavorare a fondo su se stessi per evitare qualsiasi giudizio soggettivo ed acquisire una certa obiettività in relazione a queste cose.

 

Alcuni credono che oggi dire la verità sia facile.

Dire la verità non è facile, perché la verità ha moltissimi nemici

e perché chi dice la verità si logora naturalmente molto in fretta, dato che la verità è oggi quasi sempre malvista.

 

Poiché mi è spesso stato detto quanto sia difficile capire quello che affermo in campo sociale, difficile al punto che è impossibile coglierne il senso, negli ultimi mesi ho dovuto ribadire in più occasioni che proprio per la comprensione di questo impulso sociale occorre un atteggiamento dell’anima diverso da quello prevalente nell’Europa centrale soprattutto negli ultimi quattro o cinque anni, e anche già molto tempo prima, ma che ha raggiunto l’apice soprattutto negli ultimi quattro o cinque anni.

 

In questi ultimi quattro o cinque anni la gente ha capito molte cose; ha capito cose che io in realtà non ho capito. Erano molti quelli che inquadravano in belle cornici ogni sorta di enunciazioni, perché le avevano capite. Con un sano senso della verità sarebbe stato impossibile capirle. Ma la gente le aveva capite perché le era stato ordinato di capirle. L’ordine era stato impartito dal Quartier Generale Supremo, e allora la gente capì tutto.

Ma oggi c’è bisogno di cose che si capiscono non per ubbidienza, ma mediante la propria anima libera.

 

È una realtà cui la gente dovrà forse imparare a riadattarsi. Gli ultimi quattro o cinque anni hanno dimostrato chiaramente che la gente deve riappropriarsi di questa capacità. E in relazione a quello cui la gente si è abituata negli ultimi quattro o cinque anni, dire la verità non è davvero un compito piacevole, anzitutto perché è una verità grave, e poi perché la gente è talmente maldisposta nei confronti della verità.

Verranno tempi in cui il nostro presente sarà considerato in modo molto particolare. Ma oggi gli uomini hanno anche alcuni altri compiti oltre quelli che avevano in precedenza. Di conseguenza, devono fin d’ora farsi un’idea del modo in cui i tempi futuri giudicheranno quello che avviene nel nostro tempo.

 

Gli uomini dovranno imparare a guardare nuovamente in alto,

a dirigere lo sguardo, quello spirituale, sulle grandi svolte,sui grandi impulsi del divenire umano sulla Terra.

Una di queste grandi svolte è iniziata alla metà del XV secolo dell’era cristiana.

La scienza dello spirito antroposofica definisce quel tempo

come inizio della quinta epoca di cultura postatlantica,

il quale ha un carattere completamente diverso da quello dell’epoca precedente,

l’epoca greco-latina, iniziata nell’VIII secolo a.C. e terminata nel XV secolo.

 

Gli uomini guardano a quello che oggi fanno passare per fable convenue,

e che chiamano storia, e non al fatto che intorno al X secolo

gli atteggiamenti dell’anima umana erano radicalmente diversi

da quelli esistenti nei secoli che hanno avuto inizio alla metà del XV.

 

• Nuovi atteggiamenti dell’anima e nuove costituzioni dell’anima hanno fatto irruzione nell’umanità, e quello che in tal modo si è inserito nell’evoluzione dell’umanità ci diventa comprensibile solo se posiamo lo sguardo dell’anima sulle forze che risiedono nella storia stessa dell’umanità, su quelle forze, per esempio, che hanno influito sulla svolta avvenuta alla metà del XV secolo.

 

• Da allora sono di nuovo trascorsi alcuni secoli, e nel nostro tempo entra in crisi, in una certa misura, ciò che alla metà del XV secolo aveva investito l’umanità civilizzata, ciò che si è lentamente evoluto fino ad oggi e che si trova ora in un momento decisivo. Decisivo, in quanto la consapevolezza umana deve coglierlo.

 

Oggi è il tempo in cui l’uomo deve – e del modo in cui lo fa parleremo ancora –

deve accogliere nella propria coscienza questo pensiero:

• “Io sono qui, in qualità di essere umano inserito nella vicenda terrestre,

e oltre a me esistono i tre regni della natura, animale, vegetale e minerale”.

 

Tuttavia, nell’ottica della coscienza attuale, quella della quinta epoca postatlantica, l’uomo che pronuncia questa frase dice solo una mezza verità. Prima dell’epoca attuale l’uomo poteva ancora dire “Oltre a me esistono il regno animale, il regno vegetale e il regno minerale”, perché con queste parole intendeva qualcosa di diverso da quello che si intende con la coscienza di oggi.

 

Per l’uomo del passato,

il regno animale, il regno vegetale e il regno minerale erano regni in cui era presente lo spirituale.

Nell’uomo di oggi la coscienza di tale realtà è andata perduta.

Deve riacquistarla, e quando considera quei tre regni deve sapersi dire:

• “Come quaggiù siamo connessi con i tre regni animale, vegetale e minerale,

in alto siamo connessi con i tre regni degli Angeli, degli Arcangeli e delle Archai”.

 

E non diciamo una mezza verità, bensì la verità intera, solo se non ci limitiamo ad affermare che guardando in basso

vediamo il regno animale, il regno vegetale e il regno minerale,

ma se riusciamo anche a sollevare lo sguardo verso l’alto, verso i regni degli Angeli, degli Arcangeli e delle Archai.

Così come il nostro corpo fisico è in un dato rapporto con i regni animale, vegetale e minerale,

la nostra sfera animico-spirituale lo è con ciò che costituisce le tre gerarchie esistenti al di sopra di noi.

 

Ma, proprio nel nostro tempo, le cose sono messe in modo tale che

• se da un lato modifichiamo profondamente il nostro rapporto con i tre regni della natura,

• dall’altro modifichiamo anche il nostro rapporto con i tre regni delle gerarchie esistenti al di sopra di noi.

 

Oggi vorrei dirigere la vostra attenzione su questo aspetto fondamentale dell’evoluzione dell’umanità, ed è dedicandoci ad esso che celebreremo nel modo migliore l’inaugurazione di questa nuova sede.

Se ci volgiamo indietro e vediamo quello che nell’evoluzione dell’umanità avveniva in epoche passate, sostanzialmente concluse alla metà del XV secolo, rinunciando per ora alle gerarchie superiori dobbiamo dire:

• “Le entità degli Angeli, degli Arcangeli e delle Archai si sono sempre occupate dell’uomo,

e non solo in relazione alla sua vita tra morte e nuova nascita;

si sono occupate di lui anche in relazione alla vita che l’uomo vive quaggiù, sul piano terrestre”.

 

Nella nostra epoca, l’opera che le entità di queste tre gerarchie svolgevano per l’uomo,

sotto un certo aspetto è però giunta alla sua conclusione.

Tra le tante attività cui le entità delle tre gerarchie si dedicavano

vi era quella di collaborare all’immagine che è alla base della fisicità dell’uomo terrestre,

dell’organizzazione fisica dell’uomo terrestre.

 

Con la nascita entriamo nella nostra esistenza fisica, e in essa diventiamo adulti:

l’immagine dell’umanità si esprime in noi.

Nei tempi primordiali dell’evoluzione dell’umanità tale immagine era completamente diversa,

ed è poi andata incontro a non pochi cambiamenti.

Basti ricordare che cosa troviamo se risaliamo all’antica epoca atlantica,

o anche all’epoca culturale egizia: la costituzione esteriore dell’uomo non era ancora quella di oggi.

 

L’immagine dell’umanità si è modificata, e lavorare a tale immagine

era un compito spettante a queste tre gerarchie superiori.

Possiamo certamente dire che tra i compiti di queste entità

vi era quello di elaborare l’immagine umana in modo che

• all’inizio presentasse l’aspetto che aveva nell’antica epoca lemurica,

• poi quello che aveva nell’epoca atlantica,

• e in seguito quello assunto nelle epoche postatlantiche.

 

In tal modo, attraverso modifiche dei precedenti tipi di immagine,

le entità di queste tre gerarchie superiori sono progressivamente pervenute

a produrre l’immagine che è oggi alla base dell’essere umano.

Ma a questo punto accade un fatto sorprendente,

e lo dimostra un’osservazione veramente spirituale dell’evoluzione dell’umanità:

nella nostra epoca le entità di queste tre gerarchie

hanno sostanzialmente concluso il loro compito di perfezionare l’immagine umana.

 

Tale immagine, per quanto riguarda il suo essere alla base dell’organizzazione fisica dell’uomo,

è in realtà completata.

 

• Cercate di percepire questa importante realtà: nel corso di millenni e millenni, le entità delle gerarchie degli Angeli, degli Arcangeli e delle Archai hanno lavorato all’elaborazione di un’immagine, e tale immagine è quella in conformità alla quale l’organizzazione fisica dell’uomo si è completata.

 

E noi viviamo nell’epoca in cui queste entità delle tre gerarchie superiori si dicono:

• “Abbiamo lavorato all’immagine dell’umanità, ma abbiamo terminato.

In questo mondo terrestre abbiamo collocato l’uomo quale uomo fisico, e ora abbiamo finito!”

 

• Chi percepisce tale realtà con gli occhi dello spirito trova sconvolgente soprattutto un fatto: l’interesse che le entità di queste tre gerarchie superiori avevano per la realizzazione dell’immagine fisica dell’uomo oggi non solo è diminuito, ma è completamente svanito.

 

Se risaliamo ancora all’epoca greco-latina, troviamo che le entità di queste gerarchie superiori si interessavano vivamente alla realizzazione dell’immagine fisica dell’uomo sulla Terra. Oggi, queste entità delle gerarchie superiori non se ne interessano più. Per l’uomo fisico sulla Terra sentono di aver fatto quello che era di loro competenza. Il loro interesse al riguardo è svanito.

Gli uomini riuscirebbero a capire quanto ciò sia importante e quanto profondamente incida sulla natura umana, se oggi si prendessero il tempo per considerare anche gli aspetti esteriori dell’evoluzione dell’umanità.

 

Vediamo per esempio qual era la situazione nell’antichità.

Se riflettiamo su alcuni fatti che sono accaduti e che ci sono stati tramandati in modo da poter essere giudicati,

possiamo dirci:

“Negli uomini dell’antichità determinati pensieri nascevano istintivamente”.

E sono proprio gli uomini in cui determinati pensieri nascono istintivamente quelli che noi definiamo geniali.

 

Oggi si pensa che tali pensieri nascano, al massimo, in alcuni uomini.

Nel nostro tempo esiste ben poco di geniale negli uomini della Terra.

Dall’organizzazione corporea non scaturiscono più le forze della genialità,

perché le entità delle tre gerarchie superiori non operano più per la nostra organizzazione corporea.

Hanno perduto l’interesse per la configurazione fisica dell’uomo.

 

In un certo senso, ciò che rende tanto presuntuoso l’uomo del presente

è proprio il fatto che la sua configurazione fisica sia in realtà completata.

Nel tempo restante dell’evoluzione terrestre l’uomo non andrà più incontro

al perfezionamento della propria conformazione fisica terrestre.

Dal corpo stesso non deriverà più alcun perfezionamento della sua organizzazione.

 

Ciò che un tempo nasceva nell’anima umana in modo istintivamente geniale, era una cosa che scaturiva dal corpo e che nel contempo, essendo opera divina, esercitava sul corpo una forza organizzatrice. Per esempio, quando Omero componeva i suoi poemi lo faceva con una forza che nell’uomo greco era anche una forza organizzatrice che plasmava il suo corpo.

 

Quello che nasce, che può nascere, con forza talmente concreta, possiede anche forze capaci di plasmare il corpo. Quello che invece oggi nasce in noi sotto forma di leggi di natura da noi stabilite, delle quali andiamo tanto fieri, in sostanza sono pure astrazioni, e le astrazioni non racchiudono forze capaci di plasmare il corpo.

 

Il motivo per cui elaboriamo leggi di natura astratte e pensieri astratti incapaci di governare la vita sociale,

è che le entità delle tre gerarchie superiori non operano più per noi

e che in noi non esiste più l’emergere di pensieri dotati di capacità organizzatrici.

La natura della nostra anima è diventata astratta.

In realtà, la nostra anima è presente in noi in un modo per cui, attraverso il corpo stesso,

è stata abbandonata dall’opera delle entità delle tre gerarchie superiori.

 

L’importante è ora che l’uomo cerchi, con le proprie forze,

di ristabilire il legame con l’opera delle entità delle tre gerarchie superiori.

Finora queste entità erano venute incontro a noi, esseri umani, ed avevano agito su di noi.

Ora siamo noi stessi a dover agire sulla nostra sfera animico-spirituale.

E ciò che faremo sul piano animico-spirituale,

ciò che mediante una ricerca ispirata dalla scienza dello spirito

sapremo trarre dal mondo spirituale e sapremo manifestare,

nella nostra anima umana diverrà qualcosa che riaccenderà l’interesse delle entità delle tre gerarchie superiori.

 

Esse saranno presenti nei pensieri e nei sentimenti che trarremo dal mondo spirituale.

In tal modo, riusciremo a riallacciare i rapporti con le entità delle tre gerarchie.

Ciò che sta avvenendo in questo nostro tempo è talmente grave

da dover essere visto come un mutato atteggiamento del mondo divino nei confronti del mondo umano.

Finora gli dei avevano agito per il perfezionamento dell’immagine fisica dell’uomo.

Ora l’uomo deve incominciare a lavorare ai contenuti della propria anima

per poter ritrovare la via che conduce alle tre gerarchie superiori.

 

Il nostro tempo è tanto difficile perché l’uomo è smisuratamente orgoglioso di avere raggiunto un’immagine fisica esteriore che ha concluso la sua evoluzione e perché, indipendentemente da tale immagine fisica, vale a dire, indipendentemente da qualsiasi mondo superiore, l’uomo elabora pensieri astratti che non hanno alcun nesso con il mondo spirituale; e infine, perché il nostro vero compito è ora quello di cercare noi stessi questo nesso coltivando con dedizione il conoscere spirituale, il sentire in relazione al conoscere spirituale, e il volere sulla spinta del conoscere spirituale.

 

• Solo l’uomo che percepisce e sente profondamente questa grande svolta, peraltro in corso da secoli, solo quello può oggi pervenire ad un giusto atteggiamento nei confronti del proprio tempo. Oggi non possiamo pervenire ad un giusto atteggiamento nei confronti del nostro tempo servendoci di considerazioni esteriori; oggi dobbiamo riuscire a raggiungere tale atteggiamento mediante un lavoro interiore compiuto su ciò che è interiore.

 

Siamo usciti dall’epoca dell’anima pensante o dell’anima senziente — l’epoca greco-latina —

e siamo entrati in quella dell’anima cosciente.

E l’anima cosciente deve continuare ad evolversi in modo sempre maggiore,

affinché non siano più le entità delle gerarchie superiori ad agire nell’uomo

— perché ciò ne offuscherebbe la coscienza —

ma affinché sia l’uomo ad agire su se stesso in modo consapevole e ad elevarsi ad esse.

 

È la piena, limpida e chiara consapevolezza quotidiana

a fare sì che l’uomo operi elevandosi alle entità delle gerarchie superiori.

La scienza dello spirito è l’inizio di questo lavoro proteso verso l’alto,

perché essa non è scaturita da un qualsiasi concetto arbitrario,

bensì dalla consapevolezza della svolta in atto nel nostro tempo.

 

Ma l’uomo deve sviluppare in modo consapevole anche alcune altre cose. L’uomo ha sempre dovuto vivere secondo il karma, secondo la grande legge del destino, ma non sempre ha avuto la cognizione di questa grande legge. Come è stato straordinario il fatto che, mediante L’educazione del genere umano di Lessing, da una nuova evoluzione spirituale fosse scaturita la consapevolezza di vite terrene ripetute!

 

Oggi è iniziato il tempo in cui i rapporti tra gli esseri umani non possono più essere vissuti come in precedenza.

Come abbiamo visto, in relazione alle entità delle tre gerarchie superiori la nostra vita non è più quella di prima.

Ma anche in relazione agli uomini stessi non possiamo più vivere come prima.

È pur vero che la loro vita si inserisce nel nostro tempo come avveniva in precedenza,

ma mancheremmo ai nostri compiti nei confronti del presente se non fossimo consapevoli

che deve essere avviato un nuovo rapporto anche tra gli esseri umani.

 

Possiamo dire che finora tale consapevolezza non era importante, dato che alla coscienza umana non spettava ancora il compito di evolversi. Di conseguenza, ci si avvicinava ad un altro essere umano senza la consapevolezza che in lui viveva un’anima che prima della nascita aveva vissuto per un dato periodo di tempo, e che prima ancora aveva vissuto un’altra vita terrena.

 

Verrà un tempo, e si sta già annunciando, in cui avremmo una costituzione dell’anima difettosa

se di fronte a un altro uomo non sapessimo che nella sua anima

sopravvive qualcosa che proviene da una vita terrena precedente.

Finora non era importante saperlo.

Ma ora inizia il tempo in cui non è più consentito di non tenerne conto.

Ve lo dimostrerò con un esempio concreto.

 

Tra le cose che abbiamo incominciato a fare nella vita sociale vi è stata quella di cercare di dar vita a una scuola che nascesse da uno spirito umanitario veramente nuovo, una scuola che per il momento è annessa alla fabbrica di sigarette Waldorf-Astoria: la scuola Waldorf. L’abbiamo inaugurata solennemente domenica scorsa, e la sua inaugurazione è stata preceduta da un seminario per insegnanti che ho avuto il compito di tenere. Si trattava anzitutto di fondare una pedagogia, un’arte dell’educazione e dell’insegnamento, che tenesse conto di questa realtà: nel bambino cresce un’anima che proviene da un’altra vita terrena.

 

Fino ad oggi, anche un insegnante convinto di essere ben preparato in campo pedagogico poteva ancora dirsi: “Davanti a me c’è un’anima di bambino da cui provengono determinate facoltà, ed io ho il compito di svilupparle”. Ma, più o meno, era capace di prendere in considerazione solo ciò che poteva provenire dal corpo.

 

L’insegnante del futuro non potrà però accontentarsi di assolvere al proprio compito in questo modo. Dovrà possedere una sensibilità molto sottile per quello che proviene da vite terrene precedenti e che prosegue la propria evoluzione nel bambino in divenire; ed il riuscire a sviluppare tutto questo sarà il grande risultato della pedagogia futura.

 

A questo fine è anzitutto necessario elaborare rapporti sociali

che siano costruiti su una relazione spirituale con gli altri,

nella consapevolezza che l’avere davanti a sé un essere umano significa

avere davanti a sé la sua anima risorta dall’incarnazione precedente.

Non basta considerare tutto questo come una teoria nata da una concezione del mondo astratta,

come una “dottrina delle vite terrene ripetute”:

questa dottrina deve invece diventare concreta, talmente concreta

da poter costituire la base per quella che possiamo definire come arte dell’educazione e dell’insegnamento.

Solo così sarà possibile rendere vivente tale dottrina.

 

È quindi comprensibile che prevalga ancora scarsa sensibilità per queste cose, e che si guardi ancora di traverso, a causa della sua costituzione spirituale, chi si rende conto di ciò che il nostro tempo esige. Tale esigenza non richiede che si declami a gran voce questa o quella concezione spirituale del mondo, ma che i compiti concreti della vita vengano inseriti nel sole della conoscenza; e non richiede che si aderisca a questa o a quella formula, ma che si immetta tale conoscenza nella vita stessa dell’umanità. Ed è proprio riflettendo su un fatto quale la fondazione di una nuova pedagogia, che ci si accorge come il vecchio tempo e il nuovo si scontrino nel concetto vuoto.

 

Ho cercato di apprendere molto su ciò che, dai vari punti di vista, si sostiene oggi in campo pedagogico. Al riguardo viene spesso dibattuto il problema – prendiamo solo un esempio tra i tanti – se si debba educare più a fini formativi o più a fini pratici. Si deve propendere per un’educazione che prepari l’uomo a questa o a quella professione affinché possa inserirsi bene nella vita dello Stato o in qualsiasi altra attività lavorativa, oppure ci si deve preoccupare soprattutto della natura umana per trarne ciò che, in senso umanistico, è universalmente proprio dell’uomo?

 

È una domanda molto dibattuta nell’ambito della pubblica istruzione. In realtà, è però un concetto vuoto, data l’enorme differenza tra ciò che l’uomo dice e ciò che è una verità percepita interiormente. L’uomo è forse qualcosa di diverso dall’ambiente in cui cresce? Considerate il caso di uomini che oggi abbiano una professione dedicata alla vita pubblica.

 

Che cosa li ha indotti a dedicarsi a quella vita? Li ha indotti il fatto che le generazioni precedenti avevano portato nel mondo determinate cose. La vita pubblica di oggi non è che il risultato di quanto è stato apportato dalle generazioni precedenti. Gli insegnanti dei tempi passati educavano dunque ai fini professionali e non a quelli formativi? Certamente non educavano ai fini formativi. Ma è la stessa cosa! Si discute su aspetti che sono la stessa cosa!

 

C’è però anche un altro punto importante: negli uomini che oggi sono bambini esistono le tendenze che dovranno svilupparsi nella prossima generazione e in quella successiva, e ciò significa che noi educhiamo in modo profetico. Se si debba educare in modo pratico o in modo umanistico è un concetto vuoto. Ma che si debba educare in modo profetico, che si debba prevedere quali saranno i compiti della prossima generazione, è un concetto serio. È una realtà che è insita nel mondo.

 

Ancora oggi, la gente dice che tutto questo è difficile da capire. Eppure, dovrà adattarsi a capirlo, perché altrimenti si escluderà sempre più dall’evoluzione dei tempi. Questo è un punto importante, straordinariamente importante.

 

Dobbiamo diventare consapevoli, nel senso più serio del termine,

• sia perché dobbiamo ritrovare il collegamento con l’opera delle entità delle gerarchie superiori,

• sia perché l’esigenza di un nuovo rapporto tra gli uomini esiste anche in campo pedagogico,

perché nell’essere umano che è davanti a noi dobbiamo stimolare non l’anima che oggi abbiamo di fronte,

bensì l’anima che proviene da precedenti vicende terrestri.

 

Sono cose, queste, che dobbiamo racchiudere nella nostra coscienza.

È molto importante che troviamo un rapporto concreto con lo spirito.