Sviluppo dell’uomo dall’anima di gruppo all’individualità

O.O. 102 – L’Agire di entità spirituali nell’uomo – 01.06.1908


 

Per l’umanità sarà sempre più indispensabile afferrare l’essere delle anime di gruppo.

• Riconoscere questo essere avrà infatti una grande importanza anche per l’evoluzione puramente esteriore dell’umanità.

 

• Se noi risaliamo nel corso del tempo a millenni e millenni addietro,

troviamo l’uomo stesso ancora come un essere appartenente ad un’anima di gruppo.

L’evoluzione dell’uomo sulla Terra è proprio il passare dall’anima di gruppo all’anima individuale.

• L’uomo progredisce sempre più per il fatto

che la sua anima dotata di io discende giù nel mondo fisico, e nel fisico ha la possibilità di diventare individuale.

 

Noi possiamo osservare diverse tappe dell’evoluzione umana.

E allora vediamo come l’anima di gruppo, un poco alla volta, diviene individuale.

 

Torniamo, per esempio, indietro al tempo del primo terzo dell’epoca di civiltà atlantica. Allora la vita degli uomini era affatto diversa. Dentro ai corpi nei quali noi eravamo incarnati allora, le nostre anime vivevano avvenimenti del tutto diversi. Possiamo porci davanti agli occhi un processo che già oggi occupa una parte importante nella vita dell’uomo, tanto del singolo quanto dell’uomo come individuo sociale: l’alternarsi di veglia e sonno.

Negli antichi tempi atlantici voi non viveste l’alternarsi di veglia e sonno quale è oggi.

Qual è la differenza caratteristica rispetto all’umanità attuale?

 

• Quando il corpo fisico e l’eterico giacciono nel letto, il corpo astrale con l’io se ne distaccano,

spingendo in una oscurità indistinta quella che oggi si chiama coscienza.

• Al mattino, quando il corpo astrale e l’io ritornano nel fisico e nell’eterico,

l’astrale e l’io si servono di nuovo degli organi fisici, e la coscienza s’illumina.

• Questa condizione di veglia diurna cosciente e di sonno notturno incosciente

non esisteva prima.

 

Se ci è concessa l’espressione, diremo che l’uomo – quando viveva la sua giornata e penetrava nel suo corpo fisico per quel tanto che allora gli era possibile – non vedeva affatto le entità fisiche esteriori nei contorni chiari di oggi, ma vedeva tutto indistintamente, con contorni evanescenti, come quando in una sera di nebbia andate per le strade e vedete i fanali avvolti da un’aura nebulosa.

Così era con ogni cosa per gli uomini di quei tempi.

E se queste erano le condizioni del giorno, quali erano poi quelle della notte?

 

• Quando l’uomo nella notte usciva dal corpo fisico ed eterico, non piombava su di lui l’incoscienza. Era soltanto un’altra specie di coscienza.

• A quel tempo l’uomo percepiva ancora intorno a sé gli avvenimenti spirituali e le entità spirituali;

non più così esattamente come nell’antica chiaroveggenza, ma come un suo ultimo residuo.

Di giorno l’uomo viveva in un mondo dai confini vaghi e nebulosi.

Di notte viveva in mezzo ad entità spirituali, le quali stavano intorno a lui come oggi gli oggetti si trovano intorno a noi.

Così non vi era un netto confine fra giorno e notte, e quello che saghe e miti contengono non è il prodotto di una fantasia popolare qualsiasi, ma il ricordo degli avvenimenti che l’uomo antico aveva vissuto nel mondo soprasensibile, nello stato di coscienza d’allora.

 

Wotan o Giove, od altre entità divino-spirituali soprasensibili, che venivano riconosciute da questo o quel popolo, non sono parti poetici della fantasia popolare, come credono gli eruditi. Può credere così solo chi non ha mai conosciuto l’essere della fantasia popolare. Al popolo infatti non verrebbe in mente di personificare in questo modo. Queste erano esperienze dei tempi antichi. Wotan e Tor erano esseri coi quali gli uomini si trovavano insieme così come oggi si trovano con gli altri uomini; e miti e saghe sono ricordi dei tempi dell’antica chiaroveggenza.

 

Dobbiamo però renderci conto che con questo vivere dentro ai mondi spirituali-soprasensibili era collegato qualcosa d’altro.

In tali mondi, l’uomo non si sentiva come un essere individuale.

Egli sentiva sé stesso come un membro di entità spirituali,

egli apparteneva, per così dire, a entità spirituali superiori, come le mani appartengono a noi.

 

• Lo scarso sentimento dell’individualità che l’uomo a quel tempo già aveva, lo riceveva quando entrava nel suo corpo fisico, quando egli, per così dire, per breve tempo si emancipava dalla cerchia delle entità divino-spirituali.

• Questo era il principio del suo sentimento di individualità.

Ciò avveniva in un tempo in cui l’uomo sapeva chiaramente di avere un’anima di gruppo; egli si sentiva immerso nell’anima di gruppo, quando s’allontanava dal proprio corpo fisico e giungeva alla coscienza soprasensibile.

Era un tempo remoto quello in cui sorgeva negli uomini, con forza tremenda, la coscienza di appartenere ad un’anima di gruppo, a un io di gruppo.

 

• Ora consideriamo una seconda tappa dell’evoluzione umana (le tappe intermedie le trascuriamo): quella tappa cui si accennava nella storia dei Patriarchi dell’antico Testamento.

Ciò che ne sta alla base l’abbiamo già menzionato. Abbiamo spiegato per quale ragione i Patriarchi (Adamo, Noè e così via) avessero una vita tanto lunga. Essa durava così a lungo, perché la memoria degli uomini, a quel tempo, era completamente diversa da quella di oggi.

La memoria degli uomini odierni è divenuta appunto individuale.

• L’uomo ricorda ciò che ha sperimentato a partire dalla sua nascita (e talvolta anche da un momento molto posteriore ad essa).

 

Così non era in tempi remoti. Allora, le cose che il padre aveva vissuto fra nascita e morte, le esperienze vissute dal nonno, dal bisnonno, erano oggetto di ricordo tanto quanto le proprie esperienze fra nascita e morte.

Per quanto possa parere straordinario agli uomini d’oggi, è pur vero che ci fu un tempo in cui la memoria era tale che andava dall’individuo su su agli antenati, sino ad abbracciare in sé tutta la parentela del sangue.

E se ci chiediamo quale prova esteriore vi sia di questo speciale modo di ricordare, allora diremo che nomi come Noè, Adamo e così via, sono appunto qui per questo.

Con questi nomi non si indicano singoli individui fra nascita e morte.

 

L’uomo che ha una memoria chiusa fra nascita e morte, dà a un unico individuo un nome.

Il dare il nome in passato andava tanto lontano, quanto giungeva la memoria delle generazioni, risalendo fin dove scorreva il sangue attraverso le generazioni.

Adamo non è altro che un nome, il quale durava così a lungo quanto lunga era la memoria.

Chi non sa che il dare i nomi in antico era cosa assai diversa, non potrà capire l’essenza della cosa.

In quei tempi remoti vi era una coscienza fondamentale affatto diversa.

 

Pensate a un avo che avesse avuto due figli, ognuno dei quali ne avesse avuti altri due, e la generazione seguente ancora due e così via. In tutti loro la memoria sarebbe arrivata fino al nonno, e tutti i discendenti si sarebbero sentiti tutt’uno nella memoria che, per così dire, si riuniva in alto, in un solo punto, nel capostipite.

Il popolo dell’Antico testamento portava ad espressione questo fatto, quando diceva: “io e il Padre Abramo siamo uno” (e ciò valeva per ogni seguace dell’Antico Testamento). Allora il singolo si sentiva al sicuro nella coscienza dell’anima di gruppo, nel Padre Abramo.

 

La coscienza che il Cristo ha donato all’umanità oltrepassa tale coscienza antica.

• L’io nella propria coscienza si congiunge direttamente col mondo spirituale,

e ciò viene ad esprimersi nella frase: «Prima che Abramo fosse, era l’io» – oppure: «io sono».

• Allora viene l’impulso che porta l’“io sono” a entrare pienamente nel singolo individuo.

• Così vediamo una seconda tappa dell’evoluzione umana: l’epoca dell’anima di gruppo,

che trova la sua espressione esteriore nella parentela di sangue delle generazioni.

 

Un popolo che abbia elaborato ciò in modo particolare, vi attribuisce uno speciale valore ogni qualvolta accentua: come popolo noi abbiamo un’anima di gruppo comune. Questo era il caso del popolo dell’Antico testamento. Ecco perché, entro il popolo dell’Antico Testamento, i conservatori si opponevano al risuonare dell’ “io sono”, dell’ “io individuale”.

Chi legge il vangelo di Giovanni può toccare con mano, con mano spirituale, questo fatto. Basta leggere il racconto del colloquio di Gesù con la Samaritana al pozzo. Là ci viene rivelato in modo molto espressivo come il Cristo Gesù si rivolga anche a quelli che non sono imparentati nel sangue, che non sono legati insieme da parentela di sangue. Leggete quanto significativamente viene rivelato: «Giacché i Giudei non avevano alcuna comunanza coi Samaritani». Chi può penetrare questo passo meditandolo veramente, vedrà come l’umanità sia progredita dall’anima di gruppo all’anima individuale.

 

La storia come viene raccontata oggi, è un fatto puramente esteriore. Questa storia oggi è spesso una fable convenue, perché viene descritta sulla base di documenti esteriori. Pensate se oggi si dovesse descrivere qualcosa sulla base di documenti, e i documenti più importanti fossero perduti! Si riferirebbe in tal caso sulla base dei documenti ancora esistenti, messi assieme a casaccio.

 

Per le cose che si succedono nella realtà spirituale non occorrono documenti,

poiché esse sono scritte nella fedele e perenne “cronaca dell’akasha”.

• È però difficile leggere nella cronaca dell’akasha,

e i documenti esteriori sono addirittura un ostacolo alla lettura delle “scritture spirituali”.

• Ma noi possiamo vedere come solamente in tempi assai recenti

si compì l’evoluzione dall’anima di gruppo all’anima individuale.

 

Chi osserva spiritualmente la storia, dovrà riconoscere nel primo Medioevo un periodo della massima importanza.

Prima l’uomo era ancora inserito, se pure soltanto esteriormente, in un qualche gruppo.

 

Ancora nei primi tempi del Medioevo, l’uomo acquisiva il proprio significato e il proprio valore – anche in rapporto alla sua forza di lavoro – dalla parentela e dagli altri legami di gruppo, in modo molto maggiore di quanto l’uomo odierno non immagini. Avveniva da sé che il figlio facesse il mestiere del padre.

• Poi venne il tempo delle grandi invenzioni e scoperte. Il mondo pretese sempre più dalle capacità personali dell’uomo, il quale si separò sempre più dagli antichi legami. L’espressione di ciò la vediamo in tutto il Medioevo, nel sorgere di città che dappertutto in Europa vengono fondate secondo un medesimo modello. Ancora oggi noi possiamo distinguere le città che si sono formate secondo questo modello, da quelle che si sono formate su altre basi.

 

A metà del Medioevo vi è un ulteriore progresso dall’anima di gruppo verso l’anima individuale.

E se noi guardiamo al futuro, allora dobbiamo dirci:

l’uomo si emancipa sempre più dall’anima di gruppo, sempre più egli si isola.

 

Se voi poteste guardare indietro a fasi precedenti dell’evoluzione dell’umanità, allora vedreste che quelle civiltà, come ad esempio l’egizia e la romana, sono sorte di getto. Che una civiltà oggi sorga di getto può avvenire soltanto in grado molto limitato.

• L’umanità è ora scesa al punto in cui

non soltanto gli usi e i costumi sono individuali, ma lo sono anche le opinioni e le professioni di fede.

• Ci sono perfino degli uomini, fra noi, che considerano come un alto ideale quello che ogni uomo abbia la sua religione.

• A qualcuno già balena l’idea che debba venire il tempo in cui vi saranno tante religioni e verità quanti sono gli uomini.

 

Questa tendenza, però, non si svilupperà. Potrebbe verificarsi solamente se l’umanità continuasse a seguire l’impulso proveniente oggi dal materialismo. Ciò porterebbe alla disarmonia, alla frantumazione dell’umanità in singoli individui. Ma soltanto se un movimento spirituale come quello della scienza dello spirito verrà accolto dall’umanità, questa non seguirà un tale corso evolutivo. Che cosa subentrerà infatti?

 

Si farà strada la grande verità, la grande legge per cui

• le verità individuali, che l’uomo avrà trovato nel modo più interiore,

• saranno in pari tempo quelle che avranno maggior valore anche per tutti gli altri esseri umani.