Trasformazione della saggezza del mondo spirituale in forze vitali che ci spingono verso l’ideale dell’umanità

O.O. 153 – Natura interiore dell’uomo e vita fra morte e nuova nascita – 12.04.1914


 

In varie occasioni e in diversi luoghi ho detto che se l’uomo vuole imparare a conoscere e a comprendere i mondi spirituali, nei quali appunto viviamo fra morte e nuova nascita, da diversi aspetti egli deve adottare concetti e rappresentazioni che non si possono affatto attingere dalle esperienze e dalle vicende del piano fisico; però concetti che, se verranno sempre più adottati dall’umanità, avranno una grandissima e sempre maggiore importanza appunto anche per la vita sul piano fisico. Oggi cercheremo anzitutto di renderci chiaramente conto della differenza che passa fra lo sperimentare nel mondo spirituale e lo sperimentare sul piano fisico; differenza che, quando si presenta per la prima volta all’anima nostra, non può non farci molta impressione e sembrarci oltremodo singolare, tanto che facilmente potrà succedere che si creda di trovare difficoltà a comprendere tali cose. Quanto più ci familiarizzeremo con la scienza dello spirito, tanto più esse diventeranno comprensibili.

 

Vivendo sul piano fisico,

facendo agire su di noi le sue esperienze, e riflettendo su di esse, saremo specialmente colpiti da un fatto.

• Sul piano fisico noi ci troviamo di fronte a quella che chiamiamo la realtà,

a quella che chiamiamo l’esistenza, l’essere, la reale esistenza.

• Si potrebbe dire: quanto meno un uomo è spirituale, tanto più egli edifica

fondandosi su ciò che dinanzi a lui gli s’impone quale realtà del piano fisico.

 

Diverso è il caso per il nostro sapere, per la nostra conoscenza della realtà, che vogliamo conseguire sul piano fisico.

Fin da bambini è necessario che riceviamo una speciale educazione

per poter sviluppare le capacità atte a farci conseguire un sapere, una conoscenza del piano fisico;

dobbiamo poi continuare sempre a lavorare su questa via.

 

L’acquistare cognizioni presuppone un lavoro spirituale.

La natura, cioè la realtà esteriore,

non rivela di per sé spontaneamente la saggezza che risiede in essa, non palesa la legge che nasconde.

• Noi dobbiamo guadagnarci la conoscenza di quella saggezza, di quella legge.

• Infatti ogni aspirazione umana alla conoscenza consiste appunto

nell’appropriarsi attivamente, mediante le esperienze e le vicende accolte passivamente,

la saggezza che è riposta nelle cose in forma di leggi.

• Però è diverso se si ascende al mondo spirituale

grazie agli esercizi che conducono all’indagine spirituale, oppure attraversando le porte della morte.

 

Il nesso fra l’uomo e l’ambiente spirituale che lo circonda non è certamente sempre quello che ora verrà descritto; ma lo è nei momenti importanti, nelle esperienze importanti. Anche nella nostra vita sul piano fisico accade che non si lavori sempre per conseguire conoscenze, ma che tale lavoro venga a volte sospeso.

 

Così quel che ora sto per descrivere non è un’esigenza continua nel mondo spirituale,

ma si presenta talvolta in quel mondo con carattere di necessità.

È sorprendente che all’uomo nel mondo spirituale la saggezza non manchi.

Si può essere stolti nel mondo dei sensi, e tuttavia la saggezza

ci viene incontro nella sua realtà, non appena si sia nel mondo dello spirito.

 

Noi dunque abbiamo la saggezza attorno a noi nel mondo spirituale,

quella saggezza che nel mondo fisico ci conquistiamo a fatica,

quella che dobbiamo elaborarci di giorno in giorno se vogliamo conseguirla,

così come nel mondo fisico abbiamo intorno a noi la natura.

 

Nel mondo spirituale la saggezza c’è sempre, e in stragrande misura.

In certo modo possiamo dire:

• quanto meno saggezza noi ci siamo conquistati sul piano fisico,

• tanto più essa ci fluisce sul piano spirituale.

Di fronte a questa saggezza però ci incombe un determinato compito.

 

Ho detto in questi ultimi giorni che sul piano spirituale ci sta davanti l’ideale dell’umanità, il contenuto della religione degli dèi, e che dobbiamo lottare per raggiungerlo.

Ma non lo si può fare, se non si è in grado sul piano spirituale di adoperare il proprio volere, il volere che sente, il sentire che vuole; di adoperare volere e sentire in modo che la saggezza che affluisce di continuo in noi e che sta in quel mondo come stanno nel mondo fisico le manifestazioni della natura, che quella saggezza venga da noi continuamente diminuita, che le si sottragga continuamente qualcosa.

Bisogna avere la facoltà di togliere sempre più qualcosa alla saggezza che ci sta dinanzi.

 

Qui sul piano fisico dobbiamo diventare sempre più sapienti;

là dobbiamo sforzarci d’impiegare il nostro volere e il nostro sentire

in modo da poter togliere sempre più qualcosa dalla saggezza, da poterla sempre più oscurare;

infatti quanto meno possiamo diminuirla,

tanto meno noi troviamo le forze con le quali compenetrarci,

per poterci avvicinare come esseri reali all’ideale dell’umanità.

 

Questo avvicinamento deve consistere nel togliere sempre più qualcosa alla saggezza.

Possiamo trasformare in noi stessi quanto in tal modo le sottraiamo,

in modo che la saggezza si trasformi in forze vitali, in forze che ci spingono verso l’ideale dell’umanità.

Dobbiamo conquistare tali forze di vita nel tempo che trascorre fra la morte e una nuova nascita.

Così soltanto noi andiamo incontro nel giusto modo alla nuova incarnazione;

trasformando cioè in forze di vita tutta quanta la saggezza che fluisce in noi.

 

Quando ritorniamo di nuovo sulla Terra,

dobbiamo aver trasformato tanta saggezza in forza di vita,

dobbiamo aver diminuito di tanto la saggezza, da avere acquistato forza sufficiente

per poter compenetrare di vitali forze spirituali organizzatrici

la sostanza ereditaria che riceviamo dal padre e dalla madre.

Dobbiamo dunque sempre più sottrarre qualcosa alla saggezza.

 

Supponiamo di incontrare dopo la morte un vero materialista che sul piano fisico non attribuiva alcuna realtà allo spirito, un materialista che durante la sua vita avesse detto:

• «Tutto quanto raccontate dello spirito non è che stoltezza; la vostra saggezza è pura fantasia; io la respingo totalmente e attribuisco valore soltanto alla descrizione della natura esterna».

 

Incontrando dopo la morte un uomo simile, si vede effluire in lui tal copia di saggezza che egli non può salvarsene. Lo spirito affluisce verso lui da ogni parte. Quanto meno egli credeva allo spirito sulla Terra, tanto più ora ne viene inondato da ogni parte.

Ora gli incombe il compito di trasformare quella saggezza in forza di vita, per potersi creare una realtà fisica nella prossima incarnazione. Ora deve produrre da quella saggezza ciò che chiamava realtà; deve diminuire quella saggezza. Essa però non si lascia diminuire da lui, rimane com’è; egli non riesce a farne una realtà.

 

Gli incombe ora un terribile castigo dello spirito

perché, mentre qui sul piano fisico, nella sua ultima vita,

egli non aveva edificato che sulla realtà esterna rinnegando lo spirito,

ora egli non può salvarsi dallo spirito, non riesce con lo spirito a realizzare nulla.

Sempre si trova di fronte al pericolo di non poter più ritornare nel mondo fisico con le forze da lui prodotte.

Egli vive di continuo nel timore:

• lo spirito mi spingerà nel mondo fisico e avrò allora un’esistenza fisica che rinnega tutto ciò che nella vita precedente riconoscevo come giusto. Sarò costretto a lasciarmi spingere nella realtà fisica dallo spirito, non riuscirò io stesso a creare una realtà.

 

È qualcosa di impressionante, ma la realtà è proprio così. La via che conduce per così dire l’uomo al soffocamento nello spirito dopo la morte, a non trovare nello spirito nulla della realtà che prima della morte sola venerava, è dovuta all’esser stato in vita vero materialista, all’aver negato lo spirito. Allora, dopo la morte, egli affoga, soffoca nello spirito.

Nel corso del nostro studio di scienza dello spirito noi dobbiamo sempre più familiarizzarci con queste rappresentazioni perché, se ci formiamo delle rappresentazioni simili, esse ci fanno progredire anche nella vita fisica armonicamente, ci mostrano in certo modo come i due aspetti della vita debbano integrarsi e pareggiarsi; così ci creiamo un istinto atto a produrre realmente questo pareggio nella nostra vita.

 

……………………………………

 

Esaminiamo ora nuovamente il primo caso concreto che oggi è stato citato; come sul piano fisico ci circonda la natura, così anche la spiritualità, lo spirito pregno di saggezza, ci circonda nel mondo spirituale ed è sempre presente. Comprendendo questo fatto anche sotto un altro aspetto, si aprirà una luce straordinariamente importante sui processi del mondo spirituale.

 

• Nel mondo fisico possiamo passare davanti alle cose e osservarle

chiedendoci quale sia la loro natura, quale il loro comportamento, quali le leggi dei diversi fenomeni e processi.

• Oppure possiamo passare oltre indifferenti, senza domandar niente.

• Non impareremo mai nulla di sensato se non siamo stimolati dalle cose stesse a porre delle domande,

se le cose non ci presentano degli enigmi, se questi non sorgono in noi.

• Con la semplice vista delle cose e dei processi

non arriveremo mai sul piano fisico a sviluppare un’anima capace di guidare se stessa.

 

Sul piano spirituale il caso è diverso.

• Sul piano fisico noi poniamo le domande alle cose e ai processi,

e dobbiamo adoperarci per investigare le cose, per poter estrarre la risposta dal quesito che ci siamo posti.

Dobbiamo investigare le cose.

 

• Sul piano spirituale le cose e le entità che ci circondano sono spirituali;

sono le cose che pongono delle domande a noi, e non noi alle cose.

• Le cose ci interrogano, i processi e le entità sono lì;

noi stiamo di fronte ad essi e ne veniamo continuamente interrogati.

 

Dobbiamo ora avere la possibilità di afferrare dall’infinito mare di saggezza

quanto può rispondere ai quesiti che ci vengono posti.

Non dobbiamo cercare di estrarre le risposte dalle cose e dai processi,

ma dobbiamo attingerle in noi stessi, perché le cose ci interrogano; dappertutto intorno a noi le cose ci interrogano.

 

Occorre tener conto anche di un altro fatto. Supponiamo che ci si trovi di fronte a un processo o a un essere qualsiasi del mondo spirituale: non ci si può trovare di fronte ad esso senza che questo ci ponga un quesito. Supponiamo dunque che esso ci ponga un quesito. Noi stiamo con la nostra saggezza; ma non troviamo la possibilità di sviluppare un volere tale, un volere che sente, un sentire che vuole, tali da poter ricavare la risposta da quella saggezza, sebbene si sappia che tutte le risposte sono in noi. La nostra interiorità è molto profonda, tutte le risposte sono in noi, ma non troviamo la possibilità di dare realmente la risposta.

 

Ne risulta che passiamo oltre, nel flusso del tempo, e ci lasciamo sfuggire la possibilità, ci lasciamo sfuggire il momento propizio per dare la giusta risposta, perché forse durante la nostra evoluzione precedente non ci eravamo acquistati la facoltà, la necessaria maturità, per rispondere a quel quesito in quel momento. Ci siamo sviluppati troppo lentamente rispetto a ciò cui dovevamo rispondere; soltanto più tardi saremo in grado di rispondere. Ma l’occasione non si presenta più; noi l’abbiamo perduta; non abbiamo sfruttato tutte le occasioni. Così passiamo dinanzi alle cose e ai processi senza dar loro risposta.

Nel mondo spirituale facciamo continuamente delle esperienze di questo genere.

 

Così succede che durante la vita fra la morte e una nuova nascita ci troviamo dinanzi a un essere che ci interroga. Attraverso le nostre vite sulla Terra e a quelle intermedie spirituali non siamo arrivati a tanto da potergli ora dare una risposta. Dobbiamo proseguire oltre, dobbiamo entrare nella prossima incarnazione. Come conseguenza ne risulta che, grazie agli dèi buoni e senza esserne noi stessi coscienti, dobbiamo conseguire di nuovo nella seguente incarnazione terrestre gli impulsi affinché la prossima volta non ci si trovi di nuovo a dover passare senza rispondere dinanzi a quel medesimo quesito. Queste sono le condizioni nel mondo spirituale.

 

……………………………………..

 

Nel mondo spirituale non occorre, come nel mondo fisico, accumulare delle conoscenze;

occorre piuttosto diminuire le conoscenze, cioè trasformare la forza conoscitiva in forza vitale.

• Non si può investigare il mondo spirituale nel senso in cui s’investiga il mondo fisico;

sarebbe fuori luogo, perché in quel mondo si può conoscere tutto, tutto sta attorno a noi.

• Quel che importa è di poter sviluppare la volontà e il sentimento di fronte al sapere, di fronte alla conoscenza;

è che nei singoli casi si riesca a estrarre dall’intero tesoro del proprio volere

quanto appunto ci permette di adoperare la saggezza; altrimenti si soffoca nella saggezza.

 

Mentre dunque qui nel mondo fisico quel che importa è di pensare,

invece nel mondo spirituale occorre una corrispondente elaborazione della volontà,

• della volontà che sente,

• della volontà che, fondandosi sulla saggezza stessa, prepara e forma la realtà,

• della volontà che diventa forza creatrice, una specie di forza creatrice.

Là abbiamo lo spirito come qui abbiamo la natura; ma il nostro compito è di condurre lo spirito alla natura.

 

Una bella massima è stata conservata dalla letteratura teosofica della prima metà del secolo diciannovesimo.

È di Otinger: egli viveva nel Wurttemberg, a Murrhardt, e nel suo sviluppo spirituale era arrivato a tanto, in stato di piena coscienza e in determinati momenti, da poter venire in aiuto a entità spirituali, vale a dire ad anime che non erano sul piano fisico.

Egli coniò una singolare massima che è assai bella e giusta:

«La natura e la forma della natura sono il fine della forza creatrice divina».

 

Quel che prima ho appunto esposto, e che ho attinto al mondo spirituale stesso, è contenuto in questa massima.

Nel mondo spirituale la forza creatrice aspira a rendere reale ciò che ondeggia e fluttua nella saggezza.

Come qui si estrae la saggezza dalla realtà fisica, nel mondo spirituale succede invece l’opposto.

Si ha il compito di creare delle realtà dalla saggezza,

di trasformare in realtà ciò che nel mondo spirituale risiede nella saggezza.

Il fine delle vie divine è la formazione della realtà.

 

Vediamo dunque che si tratta di sentimento pervaso di volontà, di volontà pervasa di sentimento che si trasformano in forza creatrice, che noi dobbiamo adoperare nel mondo spirituale, come qui nel mondo fisico dobbiamo sforzarci col nostro pensiero investigatore di arrivare alla saggezza.

 

Importa ora che per questa possibilità nel mondo spirituale si sviluppi giustamente il sentimento e il pensiero,

che già qui sul piano fisico ci si prepari in modo adatto per il tempo attuale,

perché tutto ciò che accade nel mondo spirituale fra morte e rinascita

è conseguenza di quel che succede nel mondo fìsico fra nascita e morte.