Tre fasi dello sviluppo di Gesù di Nazareth collegate a tre grosse esperienze di dolore

O.O. 152 – Verso il mistero del Golgota – 27.05.1914


 

Già feci notare in precedenti occasioni che all’inizio del nostro computo del tempo furono generati due fanciulli Gesù. Dissi che nel dodicesimo anno in uno dei fanciulli Gesù, quello che discendeva dalla linea natanica della casa di Davide, penetrò l’anima dell’altro fanciullo Gesù, che discendeva dalla linea salomonica, cosicché dai due fanciulli derivò un solo essere. Se ci domandiamo chi fosse questo Gesù di Nazareth dodicenne, la ricerca occulta oggi ci risponde: è l’anima di Zarathustra in un’entità umana del tutto particolare, la quale appunto discendeva dalla linea natanica della casa di Davide. Ed allorché volgiamo lo sguardo animico all’essere di Zarathustra nel Gesù natanico, ci si presenta come questo Gesù di Nazareth si sia ulteriormente sviluppato sino al trentesimo anno.

 

Possiamo distinguere tre epoche nello sviluppo di questo Gesù di Nazareth.

• La prima, dal dodicesimo al diciottesimo anno di vita.

• La seconda, dal diciottesimo al ventiquattresimo.

• La terza, all’incirca dal ventiquattresimo al trentesimo anno.

 

Il giovane Gesù di Nazareth viveva nella casa condotta dal suo vero padre e dalla madre del fanciullo Gesù salomonico. Gli altri due [cioè la vera madre del Gesù natanico e il vero padre del Gesù salomonico] erano nel frattempo morti. Il giovane Gesù di Nazareth fu introdotto dal padre nella sua bottega, una specie di bottega di falegnameria e carpenteria. Tuttavia si sviluppò in modo sorprendente nella sua anima, con l’infinita perfezione della vita spirituale.

 

Dobbiamo ricordare che, in fondo, nessuno della sua cerchia familiare comprese l’evoluzione profondamente significativa del giovane Gesù di Nazareth. Egli era solo con essa già a dodici anni, e rimase completamente solo con essa fino ai diciotto anni. Questa evoluzione interiore, che si compì nella solitudine dell’anima, fu singolare per il fatto che Gesù di Nazareth, grazie ad essa, poteva attingere dalle profondità della sua anima tutto quello che si era manifestato in grandi rivelazioni al popolo ebraico nel corso del tempo.

 

All’epoca in cui visse Gesù di Nazareth, il popolo d’Israele non aveva quasi null’altro che le tradizioni scritte di ciò che gli antichissimi profeti avevano ricevuto un tempo come rivelazione diretta dai mondi spirituali. Si sapeva dagli scritti che cosa gli antichi avessero ricevuto come rivelazione, ma non si aveva più la possibilità di giungere a tale rivelazione, che era pervenuta un tempo agli antichissimi profeti attraverso quella voce che veniva chiamata la grande Bath-Kol.

 

Come in una evoluzione a ritroso, Gesù di Nazareth sperimentò nuovamente in se stesso tutto quello che il popolo ebraico aveva attraversato, e si fece strada lavorando sino al punto in cui la sua anima sentì: “La grande Bath-Kol parla di nuovo a me. Percepisco direttamente dal mondo spirituale la voce che i profeti avevano ricevuto un tempo”. E come accade per tale evoluzione interiore, fu lo stesso anche per Gesù di Nazareth: questa evoluzione interiore era unita ai più profondi dolori e sofferenze dell’anima.

 

Non si conseguono le conoscenze più elevate senza dolore e sofferenza. Una specialmente sedimentava come uno spaventoso dolore nell’anima del diciassettenne-diciottenne Gesù di Nazareth, allorché si diceva: “Un tempo la grande Bath-Kol aveva comunicato al popolo ebraico le rivelazioni più mirabili. Oggi il popolo ebraico esiste, ma se la grande Bath-Kol gli parlasse, non vi sarebbe nessuno ad ascoltarla. Capiscono gli scritti, ma non capiscono più la scrittura vivente”. Egli era solo, e sulla sua anima si diffuse un’immensa tristezza per ciò che era divenuto il suo popolo nell’evoluzione discendente dell’umanità.

 

Giunse poi il tempo in cui Gesù di Nazareth dovette essere inviato nel mondo. Peregrinò, esercitando qua e là il suo mestiere, nelle regioni più diverse, sia in Palestina che al di fuori di essa, in regioni pagane. Queste peregrinazioni erano singolari proprio per l’impressione che ne ricevevano gli individui presso i quali Gesù di Nazareth si recava. Ciò che il dolore aveva determinato nella sua anima, si era trasformato in qualcosa che, come amore, si sentiva emanare da lui presente.

 

Le persone che egli visitava dopo aver compiuto il lavoro e con le quali alla sera si intratteneva, sentivano scendere su di sé un’atmosfera d’amore grazie alle sue parole, ma anche solo con la semplice sua presenza. Le parole impregnate d’amore che egli poteva scambiare con loro producevano l’impressione più profonda, e dopo che se ne era andato a lavorare altrove, restava in coloro che aveva lasciato qualcosa come il più vivo ricordo di lui. Accadeva spesso che Gesù di Nazareth restasse assente per tre o quattro settimane, e che la gente ch’egli aveva lasciato tre o quattro settimane prima avesse la visione collettiva che egli entrasse di nuovo e parlasse con loro – la visione parlava con loro. Talmente profonda era l’impressione, che era come se questo Gesù di Nazareth fosse di fatto rimasto presso di loro. In tal modo, quel che era Gesù di Nazareth si impresse in centinaia e centinaia di anime, allorché egli peregrinò nel periodo dai diciotto ai ventiquattro anni.

 

In queste peregrinazioni Gesù di Nazareth giunse anche in regioni pagane. Giunse un giorno in un luogo pagano la cui popolazione si trovava in uno stato di desolazione. Il luogo era stato abbandonato dai suoi sacerdoti. In quel luogo vi era una sede di sacrifìci, ma essa era deserta. I sacerdoti erano fuggiti poiché una brutta malattia s’era diffusa fra la gente del luogo. Tali luoghi di sacrifici e le azioni cultuali che vi si svolgevano derivavano dai misteri. Ciò che si era rivelato nei misteri era passato nelle azioni cerimoniali in tali sedi di sacrifici.

 

Per comprendere questa cosa si deve porre attenzione al significato del sacrificio cerimoniale. Per il modo in cui vengono svolte le azioni sacrificali, e per le preghiere che impregnano tali azioni, forze spirituali discendono effettivamente sugli altari.

Ma Gesù di Nazareth, quando giunse alla sede di culto del luogo citato, non trovò più le forze buone che erano fluite un tempo sugli altari durante gli antichi sacrifìci. Trovò le sedi di culto abbandonate dai sacerdoti, popolate da potenze demoniache che stavano attorno all’altare.

 

Le persone abbandonate, inferme, degradate di quel luogo pagano ebbero un’impressione profonda, allorché notarono avvicinarsi Gesù di Nazareth, che non conoscevano, ma che emanava un’atmosfera d’amore. Credettero dapprima che tornasse uno dei loro vecchi sacerdoti che li aveva abbandonati e che volesse offrire per loro i sacrifici pagani. Gesù di Nazareth non voleva naturalmente offrire il sacrificio pagano, ma si mescolò alla gente. Allora fu afferrato dalla forza dei demoni che si trovavano intorno all’altare e cadde come morto. Non appena la gente vide ciò, fuggì; e Gesù di Nazareth, semicosciente, fece ancora in tempo a vedere come la gente venisse inseguita dalle potenze demoniache.

 

Poi perse la coscienza normale e fu rapito nei mondi spirituali. Ed ora potè percepire ciò che era stato rivelato un tempo con purezza e verità ai sacerdoti degli antichi misteri, potè percepire le antiche rivelazioni pagane, come aveva percepito le rivelazioni ebraiche nella voce della grande Bath-Kol. È potè udire ora l’antichissima rivelazione pagana, che può essere ripetuta nel linguaggio attuale pressappoco nel modo seguente:

 

Amen

Dominano i mali

testimoni d’egoità che si libera,

per colpa altrui d’egoismo,

vissuta nel pane quotidiano,

in cui non domina la volontà del cielo

da quando l’uomo si separò dal Vostro Regno

e obliò il Vostro Nome,

o Voi, Padri nei cieli.

 

E Gesù di Nazareth, nel suo stato di coscienza trasformato, sapeva che questa rivelazione aveva attraversato gli antichissimi santi insegnamenti dei misteri. Si destò avendo conservato il ricordo di ciò che erano stati un tempo gli antichissimi santi insegnamenti delle religioni pagane. Ciò che egli ricevette in questa rivelazione fu da lui capovolto per l’ulteriore progresso dell’umanità, e divenne il “Padrenostro”.

 

Quel che si impara in merito ai mondi superiori non lo si apprende semplicemente mediante insegnamenti, ma piuttosto mediante fatti che si sperimentano nei mondi superiori. Si apprende allora l’intero significato di tale rivelazione, in modo infinitamente più profondo di quanto non lo si possa mai attraverso insegnamenti o teorie. Un nuovo grande dolore si depose nell’anima di Gesù di Nazareth, non appena egli ebbe dinnanzi a sé, in un caso particolarmente chiaro, tutta la miseria cui erano giunte le rivelazioni pagane e alla quale ora poteva opporre ciò che esse furono un tempo.

 

Così come egli poteva dire al popolo ebraico: “Se anche oggi risuonasse la voce della grande Bath-Kol, non vi sono più individui che la possano comprendere. Si è soli con essa”, ora, riferendosi al popolo pagano, poteva dire: “E se le voci degli antichi misteri pagani risuonassero ovunque di nuovo, non vi sarebbero più individui che le potrebbero comprendere”.

 

In tal modo Gesù di Nazareth dovette sperimentare con il più profondo dolore

l’evoluzione discendente dell’umanità.

 

Quanto appena raccontato si svolse all’incirca nel ventiquattresimo anno di vita di Gesù di Nazareth. Poco tempo dopo questi avvenimenti, egli tornò a casa. Fu circa all’epoca in cui morì suo padre a Nazareth.

• Nel periodo tra il ventiquattresimo ed il trentesimo anno di vita, vivendo di nuovo a Nazareth, entrò in contatto con gli Esseni, che avevano i loro gruppi in quella regione. Egli non divenne veramente esseno, ma gli Esseni lo accolsero per via della sua profonda vita animica, del duplice grande dolore che si era sedimentato nella sua anima e trasformato in amore, e parlarono spesso con lui dei loro segreti più profondi, dei quali avrebbero del resto parlato soltanto con loro pari, con iniziati. Soltanto con lui parlarono dei loro segreti più profondi. E tra gli Esseni conobbe uomini che a quel tempo, mediante una particolare evoluzione interiore, aspiravano a salire nuovamente a ciò da cui l’umanità si era allontanata.

 

Accolse avidamente dagli Esseni ciò che poteva apprendere di tale ascesa in relazione all’evoluzione umana. Ma un giorno, uscendo dalla casa degli Esseni, ebbe una visione particolare: vide ai due lati della porta due figure, di cui seppe più tardi, grazie alle sue esperienze successive, che si trattava di Lucifero ed Arimane. Essi se ne fuggivano dalle porte degli Esseni alla volta del mondo. E Gesù di Nazareth, grazie a quanto aveva attraversato nel proprio sviluppo interiore, era ora talmente avanzato da poter leggere, per così dire, nella scrittura occulta il significato di questo fuggirsene di Lucifero ed Arimane dalle porte degli Esseni.

 

Ora sapeva: sì, è possibile anche in quest’epoca che singoli individui pervengano alle altezze spirituali mediante un particolare sviluppo animico, ma soltanto a spese del resto degli uomini. Infatti, l’evoluzione essena poteva essere compiuta soltanto da singoli eletti, e questi lo potevano soltanto a condizione che altri rimanessero indietro a stadi inferiori. Sapeva che gli Esseni, mediante il loro sviluppo mistico, si liberavano degli influssi di Lucifero ed Arimane, e che però questi, per il fatto di dover fuggire dalle case degli Esseni, cercavano rifugio proprio presso gli altri uomini e afferravano sempre più il resto dell’umanità.

 

E da questa esperienza occulta gli derivò il terzo grande dolore, mentre si diceva: “Sì, è possibile a singoli individui particolarmente eletti elevarsi a ciò che fu rivelato un tempo agli uomini, ma essi lo possono solamente a spese degli altri uomini”. Questo gli spezzò quasi il cuore, poiché egli era pieno d’amore per tutti gli uomini. Ora poteva dire a se stesso, come risultato del terzo grande dolore: “Poiché anche nella nostra epoca singoli individui si innalzano alle conoscenze spirituali superiori, queste devono essere sottratte agli altri uomini. Nella misura in cui un’anima sale in alto, condividendo conoscenze ed esperienze con gli Esseni, gli altri individui che popolano le vastità del globo terrestre restano miserabili”.

 

Allorché Gesù di Nazareth sperimentò ciò, potè apprendere come la sua madre adottiva avesse sempre maggiore comprensione per la sua vita interiore. Ciò accadeva di fatto dopo la morte di suo padre. E mentre negli anni precedenti Gesù di Nazareth era completamente solo e isolato in famiglia, in questo periodo iniziò ad avere con sua madre qualche colloquio in cui poteva parlare di quello che sperimentava nella sua anima solitaria. E si giunse così, nel trentesimo anno della sua vita, ad un grande colloquio decisivo tra Gesù e sua madre.

Delle conoscenze che si erano depositate nella sua anima a partire dal dodicesimo anno – nell’udire la voce della grande Bath-Kol, mediante il Padrenostro cosmico, mediante l’esperienza con gli Esseni —, di ciò che si era accumulato come conoscenza nella sua anima, di tutto ciò parlò un giorno a sua madre. E ne parlò in modo tale che questo colloquio commuove profondamente, anche quando viene successivamente decifrato nella cronaca dell’akasha dalla ricerca occulta. Le parole non si trasmisero alla madre solo come tali, ma furono forze vive che trasferirono come su ali l’essere animico di Gesù di Nazareth nell’essere animico della madre. Gesù di Nazareth era unito così profondamente a ciò che egli era costretto a rivestire di parole, che la sua sofferenza e le sue conoscenze fluirono nelle parole e, da queste, nel cuore e nell’anima della madre. E fu come se la madre venisse permeata di una nuova vita; rinacque a nuovo, come ringiovanita.

 

Gesù di Nazareth pervenne tuttavia ad una condizione animica del tutto diversa. Insieme alle parole aveva emanato ciò che era tanto intimamente legato ad esse, il proprio io. L’io di Zarathustra abbandonò i tre corpi (fisico, eterico ed astrale) di Gesù di Nazareth, e nei tre corpi agirono le forze cosmiche. Privo di coscienza dell’io, come in una superiore vita di sogno, Gesù di Nazareth, che aveva espirato l’io di Zarathustra durante il colloquio con sua madre, fu spinto sulla via che lo condusse a Giovanni Battista.

 

In tal modo, dopo aver reso l’io di Zarathustra, egli fu pronto ad accogliere come suo nuovo io l’entità del Cristo. Fu preparato in tal modo il mistero del Golgota, come quarta tappa degli eventi del Cristo di cui abbiamo parlato. Ciò si svolse durante i tre anni in cui il Cristo visse nel corpo di Gesù di Nazareth sino al mistero del Golgota. E soltanto con l’evento il cui ricordo viene celebrato come festa di Pentecoste, gli apostoli giunsero, quasi uscendo da un altro stato di coscienza, alla conoscenza di ciò che si era svolto nel Cristo Gesù.