Tre gradini del discernimento: sentimento immediato per il vero, critica dell’intelletto, pensare del cuore.

O.O. 119 – Macrocosmo e microcosmo – 29.03.1910


 

Ieri abbiamo parlato della cosiddetta via rosicruciana per entrare nei mondi spirituali

e abbiamo fatto notare che quella è la via che, secondo le leggi dell’evoluzione umana,

risulta più adatta per l’uomo del presente.

 

È stato descritto come l’uomo, grazie a certe procedure intraprese con la sua vita animica, salga verso la conoscenza immaginativa, verso la conoscenza ispirativa e verso la conoscenza intuitiva. Se non si avesse nient’altro che quello che abbiamo descritto ieri, se non si avesse a disposizione nient’altro che i metodi che si applicano in modo libero alla propria anima, l’ascesa attraverso questi tre livelli di conoscenza sarebbe quella a cui abbiamo accennato in linea essenziale anche ieri.

 

Quindi si dovrebbero prima sviluppare gli organi conoscitivi spirituali e solo dopo un periodo di rinunce, in effetti, sarebbe possibile salire da un certo indistinto vissuto appena percettibile a vere esperienze. Ma nell’attuale ciclo dell’umanità non si dipende solo da quanto si intraprende volontariamente da se stessi con la propria anima.

 

E se un giorno, in un futuro molto, molto lontano, si dipenderà da ciò, allora anche le leggi dell’evoluzione umana saranno già così diverse che si penetrerà consapevolmente fin dall’inizio nei mondi spirituali. Tuttavia questo è possibile anche oggi, ma soltanto attraverso il fatto che qualcosa venga in aiuto nello sviluppo.

 

Ieri non abbiamo parlato affatto di come per colui che si trova entro una tale evoluzione spirituale e pratica con la propria anima i metodi che abbiamo descritto, si manifestino quelle che chiamiamo le forze ricostituenti della vita di sonno. Se durante la sua evoluzione l’uomo non avesse il sonno, ci metterebbe appunto molto, molto tempo a notare le esperienze molto sottili che subentrano grazie ai metodi che abbiamo descritto ieri. Ma proprio per il fatto che l’uomo in via di evoluzione alterna la sua vita tra veglia e sonno, beneficia delle forze del sonno mentre forma quegli organi che ieri abbiamo chiamato i fiori di loto.

 

E se anche in un primo tempo attraverso i fiori di loto non si riesce a percepire ancora nulla, durante la vita di sonno vengono rifornite delle forze a partire dai mondi superiori, dal macrocosmo, e queste forze che ci affluiscono nel sonno determinano effettivamente l’insorgere graduale di una reale esperienza del mondo spirituale in modo da arrivare già a vedere qualcosa; a condizione che si sia lavorato per un periodo di tempo più o meno lungo allo sviluppo dei fiori di loto così che si è sempre di nuovo ricorso a rappresentazioni simboliche e si è continuamente vissuto in esse, rafforzandosi in tal modo interiormente così da avere una ricca vita animica anche quando non agiscono le impressioni esteriori.

 

La conoscenza immaginativa, se viene veramente raggiunta,

mette l’uomo già in grado di vedere in certo senso entro il mondo spirituale.

 

E questo avviene nel modo seguente. L’uomo dovrà sperimentare per un periodo relativamente lungo, con immersione interiore, tali simboli che parlano al suo animo e sono presi direttamente dalla vita, o anche certe formule che racchiudono brevemente in sé grandi misteri universali.

 

Ma allora si accorgerà un giorno – inizialmente al mattino nel momento del risveglio, poi però anche quando distoglie l’attenzione dalle esperienze esteriori durante la giornata – che davanti alla sua anima sta qualcosa che in fondo compare anche come i simboli che si è formato e che però ora ha davanti a sé come la coscienza ordinaria ha davanti a sé pietre o fiori di cui egli sa che non li ha formati lui stesso.

 

Già nel periodo preparatorio si impara a riconoscere,

grazie all’accuratezza con cui noi stessi ci formiamo i simboli,

da cosa si possano distinguere immagini illusorie, simboli ingannevoli da quelli veri.

 

Colui che si prepara veramente con cura e ha perciò imparato a eliminare dalla sua vita superiore i suoi pareri personali, i suoi desideri, le sue brame e passioni, che ha imparato a considerare vera una cosa non perché gli piace, ma si è esercitato a eliminare la propria opinione, sa immediatamente distinguere, vedendo un tale simbolo: «Questo è qualcosa di vero, questo è qualcosa di falso».

 

Si sviluppa ora per l’uomo che si evolve così – è importante osservare questa cosa per la distinzione dei simboli veri e falsi – qualcosa che non si può denominare altrimenti che chiamandolo: “pensare con il cuore”. È qualcosa che risulta proprio nel corso dell’evoluzione, come l’abbiamo descritta ieri.

 

Nella vita ordinaria l’uomo ha il sentimento di pensare con la testa. Naturalmente si tratta solo di un’espressione metaforica, si pensa con gli organi spirituali che stanno a fondamento del cervello; ma ognuno capisce cosa significa pensare con la testa. Si ha un sentimento del tutto diverso di fronte a quel pensare che subentra se si è proceduto un po’ sulla via dell’evoluzione che abbiamo caratterizzato.

 

Si ha davvero la sensazione come se ciò che solitamente è localizzato nella testa fosse ora localizzato nel cuore. Tuttavia non è il cuore fisico che pensa, ma quell’organo che si è sviluppato come organo spirituale in vicinanza del cuore, il cosiddetto fiore di loto a dodici petali.

 

Esso diviene una specie di organo del pensare; e questo pensare che qui si presenta si distingue decisamente dal pensare abituale. In quest’ultimo ognuno sa che deve applicare della riflessione per giungere a una verità. Si deve andare da un concetto a un altro. Si parte da un punto, si prosegue poi logicamente in altri, e ciò a cui si arriva nel corso del tempo svolgendo delle riflessioni logiche si chiama verità, conoscenza. Questa è una conoscenza conseguita grazie al pensare ordinario.

 

È diverso quando si vuol riconoscere la verità nei confronti di quanto è stato descritto come veri, reali simboli. Questi si hanno dinanzi a sé come oggetti esteriori, ma il pensare sopra questi simboli non può essere confuso col pensare abituale della testa; poiché per capire se qualcosa sia vero o falso, se si deve dire questo o quello riguardo a una cosa o a un fatto dei mondi superiori, non sono necessarie delle riflessioni come nel pensare ordinario, ma la cosa emerge direttamente.

 

Non appena si hanno le immagini davanti a sé, si sa che cosa si ha da dire in merito a se stessi e ad altri.

Questa immediatezza è la caratteristica del pensare del cuore.

 

Nella vita ordinaria non vi sono molte cose che si lasciano confrontare con questo, tuttavia vogliamo portare qualcosa di particolare per farlo capire. Nella vita usuale sono principalmente quegli eventi che ci capitano, di fronte a cui l’intelletto per così dire si arresta, che noi sentiamo come cose provenienti dal mondo superiore. Supponiamo per esempio, una volta, di affrontare qualche evento che ci si pone fulmineamente davanti, e ce ne spaventiamo.

 

Qui non si intromette nessun pensiero fra l’impressione esteriore e il nostro spaventarci;

l’evento provoca immediatamente lo spavento.

La nostra esperienza interiore, lo spavento, è qualcosa che può mettere a tacere, per così dire, l’intelletto.

 

Questa è un’espressione molto felice usata dagli esseri umani, poiché con una simile esperienza essi sentono davvero il blocco della ragione. E può essere lo stesso quando si va in collera vedendo una qualunque azione per la strada. Anche qui vi è una diretta impressione che suscita l’esperienza animica interiore. Nella maggior parte di tali casi si noterà che, se si inizia a riflettere, si valuta diversamente da come si è giudicato alla prima impressione.

 

Queste esperienze in cui alla prima impressione segue un vissuto animico, sono le sole che si lasciano confrontare, a partire dalla vita ordinaria, con quelle altre che ha il ricercatore dello spirito, quando egli deve dire qualcosa su quanto sperimenta nei mondi superiori. È addirittura così: se si inizia a criticare in modo molto logico riguardo a quelle esperienze che si hanno nei mondi superiori, le si mandano soltanto via; almanaccando molto col metodo del pensare abituale esse sfuggono, non le si hanno più. Questo è un aspetto. L’altro, però, è che utilizzando il pensare ordinario si porta per lo più fuori il falso in merito a queste cose.

 

• Prima è necessario – lo abbiamo già sottolineato –

passare attraverso l’addestramento di un buon e ragionevole pensare

con cui si impara innanzitutto a comprendere le cose, prima di salire ai mondi superiori,

e così è necessario sollevarsi di nuovo al di sopra di questo pensare ordinario

verso un comprendere immediato.

 

E proprio perché occorre nei mondi superiori imparare ad afferrare direttamente, ci si deve prefiggere, dall’altro lato, quella impostazione logica; altrimenti con i propri sentimenti e sensazioni si sbaglierebbe di sicuro. Non si è capaci di esprimere giudizi nel mondo superiore se vi si porta il pensare intellettuale ordinario; non si è in grado, se prima nel mondo fisico non ci si è formati a questo pensare razionale.

 

Tuttavia alcuni uomini trovano forse un valido motivo, partendo dalla particolarità del pensare superiore, del pensare del cuore, per sbatter via del tutto la logica usuale. Dicono: poiché si deve di nuovo dimenticare la logica ordinaria del piano fisico, non occorre prima impararla. Ma non si tiene conto che si diventa un uomo diverso, se si è attraversato il pensare logico sul piano fisico come disciplina, come allenamento. Non si intraprende questo per afferrare con tale pensare i mondi superiori, bensì per fare di se stessi un uomo diverso.

 

Anche col pensare logico si sperimenta qualcosa. Si sperimenta soprattutto una specie di coscienza morale. Vi è una specie di coscienza logica morale e, se la sviluppiamo, nella nostra anima matura un certo senso di responsabilità nei confronti della verità e della falsità; senza questo senso di responsabilità per la verità e la falsità non si fa molta strada nei mondi superiori. In essi non è possibile la non veridicità.

 

È vero che vi sono molti motivi della vita per trascurare il pensare nell’ascesa verso i mondi superiori, poiché l’uomo nella vita ordinaria sperimenta di frequente questi tre gradini. La grandissima maggioranza degli uomini si trova oggi a quel gradino – che perciò rientra proprio nella normale consapevolezza – in cui di fronte alle cose un sentimento immediato e naturale dice loro: questo è giusto e questo è sbagliato, questo va fatto e questo no. L’uomo perlopiù si lascia guidare da un tale sentimento spontaneo riguardo a ciò che deve considerare vero o falso.

 

Chiediamoci un po’ quanti uomini oggi si danno pena di riflettere realmente su ciò che per loro sono i beni più sacri. Per il fatto di essere nati in determinate condizioni, in una certa comunità, per quanto ci riguarda non in Turchia, bensì nella Mitteleuropa, hanno ricevuto, inculcato nell’animo, un sentimento primordiale immediato con cui ritengono giusto il cristianesimo e non l’islamismo; perciò grazie a un certo sentimento considerano corretto non la verità maomettana, ma ciò che hanno nel cristianesimo. Una cosa simile non si deve fraintendere, riflettervi porta a una vera conoscenza della vita.

 

• Dobbiamo renderci conto, dunque, del fatto che,

su quanto gli uomini ritengano vero o falso,

nella grande maggioranza ancora oggi decide un sentimento immediato.

Questo è uno dei gradini evolutivi.

 

• Il secondo è quello in cui l’uomo comincia a riflettere. Diventano sempre più numerosi oggi gli uomini che iniziano a uscire dal sentire primigenio e ragionano riguardo alle cose in cui sono nati. Per questo motivo vediamo oggi così tanta critica nei confronti delle antiche sacre tradizioni e delle confessioni religiose. Questa è la reazione della ragione e dell’intelletto verso quanto si è accettato a partire dal sentimento, dalla sensazione, senza verifica dell’intelletto. Questa stessa capacità dell’anima umana che a questo punto si lascia andare a critiche su ciò che è inculcato o congenito, la vediamo dominare in ciò che chiamiamo scienza.

 

Scienza nel senso odierno è sostanzialmente un lavoro delle stesse forze dell’anima che sono state appena caratterizzate. Le esperienze esteriori, le percezioni esteriori, siano esse ricavate direttamente dai sensi o grazie a quei perfezionamenti delle percezioni sensoriali come quelli dati dal telescopio, microscopio o qualcosa di simile, vengono combinate con l’aiuto dell’intelletto in modo da formulare delle leggi, e ne deriva la scienza intellettuale.

 

Vediamo dunque questi due momenti evolutivi dell’anima umana. Per quel che concerne il ritener vero certe cose l’uomo sta su un tale gradino in cui parla un sentimento primigenio, non sviluppato, un sentimento che gli è congenito o acquisito grazie all’educazione. Al secondo gradino, oltre al sentimento, parla l’intelletto, l’intelligenza. Ma chi fa un po’ di autoesame nell’anima sa che questa intelligenza ha una caratteristica ben precisa. Essa deve avere questa qualità che agisce estinguendo, spegnendo il sentimento.

 

Con una buona osservazione animica, chi non saprebbe che ogni attività solamente intelligente, ogni attività meramente intellettuale, uccide il sentimento, la sensazione! Da qui proviene anche il timore di quelle persone che, muovendo da certi sentimenti primigeni assolutamente legittimi a un certo livello dell’evoluzione dell’umanità, hanno una tendenza verso questa o quella verità; esse temono di farsi guastare le loro confessioni religiose, le loro verità di fede da una intelligenza che inaridisce e rovina. Questa è una paura giustificata.

 

Se però questo timore arriva fino al punto che le persone in questione dicano: «Vogliamo guardarci soprattutto da ogni pensare per salire nei mondi superiori, vogliamo rimanere nella nostra vita di sentimento», allora non possono mai salirvi, ma restano nell’immediata, non sviluppata vita di sentimento. Si possono avere parecchie esperienze, ma queste resteranno a livello inferiore. Si deve proprio affrontare la scomodità di educare realmente il proprio pensare. Con ciò si acquisisce qualcosa che per il mondo esteriore è di massima utilità. Il pensare non è necessario per salire nei mondi superiori, esso serve alla preparazione, come esercizio.

 

Chi comprende questo, perciò, non tesserà mai le lodi dell’intelligenza ordinaria, perché non si possono stabilire le verità dei mondi superiori con la mera logica. Non è possibile. Quel pensare che si utilizza nella scienza naturale non può essere applicato nello stesso modo agli eventi e alle esperienze dei mondi superiori. E colui che iniziasse a fare delle combinazioni col pensare logico, col proprio intelletto, con la propria intelligenza sui mondi superiori, potrebbe soltanto arrivare a verità da quattro soldi, senza una base profonda.

 

Mentre il pensare è direttamente necessario per il mondo fisico esteriore – poiché senza l’intelligenza non possiamo costruire macchine, edificare ponti, non possiamo coltivare una botanica, una zoologia, senza l’applicazione dell’intelligenza direttamente agli oggetti non possiamo studiare medicina –, per lo sviluppo superiore l’intelligenza ha pressappoco lo stesso significato che ha nella gioventù l’imparare a scrivere.

 

L’imparare a scrivere acquista innanzitutto significato solo quando lo si è superato. Se si è andati oltre, si guarda indietro all’imparare come a un presupposto per saper poi scrivere. Finché impariamo a scrivere, non possiamo ancora esprimere i nostri pensieri attraverso la scrittura. Ne siamo capaci soltanto quando abbiamo superato tale apprendimento. L’imparare a scrivere è l’esercitarsi di una capacità che va portato a termine, se ciò che si vuole apprendere dev’essere esercitato. È così anche con la logica.

 

Chi vuole attraversare uno sviluppo superiore deve impegnare un certo tempo all’addestramento del pensare logico; ma poi deve poter abbandonare di nuovo tutto questo per giungere quindi al pensare del cuore. Della sua disciplina logica gli resta un’attitudine alla coscienziosità riguardo a ciò che deve ritenere come verità nei mondi superiori.

 

Chi è passato per questo addestramento non riterrà per vera ogni illusione o interpreterà in qualche modo un qualsiasi simbolo come una reale immaginazione, ma avrà la forza interiore di avvicinarsi alla realtà e di vederla e spiegarla in senso corretto. Proprio per questo è necessaria una preparazione così sottile e accurata, perché si deve arrivare di nuovo a un sentire immediato; perciò si deve avere un sentimento se una cosa sia vera o falsa. Per l’esattezza deve accadere quanto segue.

 

Mentre nella vita ordinaria si fanno delle riflessioni,

nei confronti delle cose superiori si deve aver esercitato la propria anima

in modo da poter decidere direttamente davanti ad esse ciò che è vero o falso.

 

Inoltre è una buona preparazione per una tale diretta decisione se si acquisisce un po’ di ciò che nella vita abituale è presente solo in misura ben modesta. Nella vita ordinaria la maggior parte delle persone proverà parecchio dolore, magari lanciando anche un urlo, se la si punge con uno spillo o se si rovescia dell’acqua molto calda sulla testa o in casi analoghi. Ma chiediamoci un po’ quanti sono quelli che provano qualcosa di simile al dolore, quando qualcuno sostiene qualcosa di stolto, di assurdo. Per molti è una cosa ben sopportabile.

 

Chi però si vuole sviluppare fino a quel sentimento immediato di cui abbiamo appena parlato – così che di fronte al mondo immaginativo possa avere l’esperienza diretta: questo è vero e questo è falso –, deve esercitarsi in modo tale che un errore gli faccia veramente male, arrechi dolore, e la verità che gli viene incontro gli procuri piacere e gioia già qui nella vita fisica.