Tutta la nostra vita dopo la morte, terminato il kamaloka, è in realtà un vivere in visioni

O.O. 140 – Ricerche occulte sulla vita fra morte e nuova nascita – 03.11.1912


 

Quando l’uomo è passato per la porta della morte, ha alle spalle il kamaloka ed entra nel vero e proprio mondo spirituale, vive in un mondo fatto interamente così: è come se egli fosse circondato da ogni lato unicamente da visioni, solo che queste visioni sono immagini di realtà.

E si può ben dire che, mentre percepiamo il mondo della realtà fisica tramite colori che l’occhio ci fa apparire d’incanto e tramite suoni che l’orecchio ci trasmette, noi percepiamo il mondo spirituale, anche quando siamo passati per la porta della morte, in forma di visioni entro le quali siamo intessuti. Volendo ora parlare in modo più approfondito di queste cose, dovrò dirne alcune in forma più discorsiva, che appaiono un po’ grottesche quando le si oda per la prima volta, ma che risultano proprio da una vera indagine spirituale.

 

Il kamaloka in sé, quando lo si descriva quanto al contenuto, si svolge come l’ho esposto nella mia “Teosofia”, ma lo si può caratterizzare anche in altro modo. Ci si può chiedere: una volta passato per la porta della morte, l’uomo dove si sente? E a questa domanda si può rispondere: e dov’è l’uomo durante il periodo del kamaloka? Persino con parole che sono da intendere fisicamente, si può esprimere lo spazio nel quale l’essere umano si trova durante la vita nel kamaloka.

Se vi immaginate lo spazio tra la Terra e la Luna, con l’uomo staccato dalla Terra ma pur sempre ancora nella zona tra la Terra e la Luna, in quello spazio a forma di sfera che appare quando si considera l’orbita lunare come l’anello più esterno, lontano dalla Terra ma in questa area – là sta l’uomo nel periodo del kamaloka.

Quando tale periodo è terminato, l’uomo esce da questa sfera ed entra nel vero e proprio spazio celeste. Come detto, sembra grottesco, e tuttavia è così. Anche in questa direzione, tramite una ricerca realmente coscienziosa, ci si accorge che queste cose sono opposte a quelle del nostro piano fisico. Siamo legati alla Terra dall’esterno, attorniati dall’elemento terreno e separati dalle sfere celesti; dopo la morte la Terra è lontana da noi e noi siamo insieme alle sfere celesti.

 

Finché siamo entro la sfera della Luna siamo nel kamaloka,

vale a dire che abbiamo il desiderio di essere ancora collegati alla Terra

e ne usciamo quando, per mezzo della vita nel kamaloka,

abbiamo imparato a rinunciare ad affetti, passioni e desideri.

 

Diversamente da come si è qui abituati, ci si deve ora immaginare il soggiorno nel mondo spirituale.

Là siamo dispiegati su tutto lo spazio, là ci sentiamo da ogni parte entro tutto lo spazio.

La vita qui, sia essa di un iniziato oppure di un uomo normale, dopo la morte è un sentirsi espandere nello spazio;

e dopo la morte, o da iniziati, si diventa tanto grandi da venir delimitati dall’orbita lunare come ora lo si è dalla pelle.

Sì, è così che stanno le cose.

 

E non serve a nulla esprimerle con parole che il tempo presente accetti più facilmente, perché così non le si esprime nel modo giusto. In una conferenza aperta al pubblico si devono tralasciare tali cose sconcertanti, ma con chi si occupa da più tempo di temi scientifico-spirituali è bene chiamare le cose con il loro nome.

Poi, dopo la vita nel kamaloka, ci espandiamo ancora di più, e questo dipende da certe qualità che ci siamo conquistati già qui. Per un lungo periodo del nostro sviluppo dopo la morte, il modo in cui riusciamo ad ampliarci fino alla sfera successiva dipende da ciò che sulla Terra abbiamo sviluppato come costituzione morale, concetti e sentimenti etici.

 

Si può dire che

l’uomo che ha sviluppato le qualità della compassione, dell’amore,

le quali comunemente si indicano come moralmente buone,

si ambienta nella sfera successiva così da poter fare conoscenza

con gli esseri che di solito si trovano in quella sferain modo da poter vivere insieme a loro.

Mentre l’uomo che porta con sé in questa sfera una morale manchevole, vive lì dentro come un eremita.

Questa è la migliore connotazione: che l’elemento morale ci prepara alla convivenza con il mondo spirituale.

 

Ciò che non è morale nel nostro cuore, come nel nostro pensare e nel comportamento sul piano fisico, ci condanna alla solitudine straziante nella quale abbiamo sempre la nostalgia di fare conoscenza con l’altro e non lo possiamo.

E da eremiti o da spiriti socievoli – il che nel mondo spirituale è una benedizione –

viviamo in una seconda sfera che nell’occultismo si è sempre chiamata la sfera di Mercurio.

 

Oggi nell’astronomia esteriore viene chiamata Venere. Ha avuto luogo notoriamente un’inversione dei nomi, come si è spesso già detto. L’uomo amplia il suo essere fino alla sfera di quella che oggi è la stella del mattino e della sera, mentre prima si era espanso solo fino alla Luna.

 

Ora si presenta qualcosa di singolare.

Fino alla sfera lunare siamo sempre ancora occupati con le situazioni terrene, ma anche oltrepassatala il rapporto con la Terra non è del tutto sgretolato, sappiamo ancor sempre tutto ciò che sulla Terra abbiamo fatto o abbiamo pensato; lo sappiamo, così come adesso possiamo ricordarci di qualcosa e, vedete, miei cari amici, di nuovo, è ben il ricordare, quel che ci tormenta!

Quando ancora viviamo sulla Terra e abbiamo fatto un torto oppure non abbiamo amato a sufficienza una persona che in realtà avremmo dovuto amare, sta a noi di scongiurare ancora le conseguenze: possiamo andare dalla persona e spiegarci con lei, o altre cose del genere. Dalla sfera di Mercurio in poi non è più così. Nel ricordo possiamo contemplare tutte le relazioni e queste restano anche, ma non possiamo più modificarle.

 

Supponiamo che sia morto prima di noi qualcuno che, in base alle relazioni sulla Terra avremmo in realtà dovuto amare, ma che non abbiamo amato abbastanza. Lo incontriamo – davvero dopo la morte noi incontriamo di nuovo le persone alle quali eravamo legati – ma lo incontriamo nel modo in cui ci eravamo trovati nei suoi riguardi e in un primo momento non possiamo cambiare la cosa.

In noi vive quindi un rimprovero per non averlo sufficientemente amato, ma a questo punto non possiamo più cambiare il nostro carattere così da riuscire ad amarlo un po’ di più ora. Rimane quello che abbiamo fondato sulla Terra, ma non possiamo più modificarlo. Proprio questo fatto, il fatto che noi allora entriamo nel giusto, immutabile percepire per quel che riguarda l’amore, mi venne incontro molto fortemente nelle ultime, più recenti ricerche di quest’estate, e attraverso cose del genere si diventa attenti a vari fattori che altrimenti sfuggono all’uomo; e anche di questo vorrei darvi per così dire una sensazione.

 

Tramite la conoscenza del mondo spirituale si viene dunque ad apprendere questo fatto singolare, per cui nella sfera di Mercurio si vive, come detto, con tutte le persone nelle relazioni di un tempo, che in un primo momento non si possono cambiare. Così si vive: guardando a ritroso e sviluppando quel che già si è sviluppato.

Ora, posso ben dire che nella vita mi sono occupato molto di Omero, ma un punto mi è diventato del tutto chiaro solo quando nell’indagine occulta mi è venuto incontro così potentemente ciò di cui ho parlato proprio ora: è il passo dove Omero chiama il regno del dopo morte “regno delle ombre”, nel quale non è possibile trasformare nulla. Si può interpretarlo secondo l’intelletto, ma si viene a conoscere ciò che l’artista vuol dire del mondo spirituale, come egli parli da profeta, quando nell’indagine spirituale si è fatta la scoperta in questione.

 

Così è per ogni vero artista, egli non ha affatto bisogno di sapere nel suo pensiero di tutti i giorni quello che gli affluisce per ispirazione. E ciò che l’umanità ha ricevuto nel corso dei secoli, grazie ai suoi artisti, non sbiadirà a causa della diffusione del movimento spirituale, bensì verrà sempre più approfondito, e sicuramente gli uomini cominceranno a fare luce sui loro veri artisti, se tramite la ricerca occulta entreranno nel mondo spirituale, in quel mondo dal quale gli artisti sono ispirati. Senza dubbio quelli che spesso in un’epoca sono reputati artisti, ma non lo sono, non conseguiranno una luce del genere. Alcune stature mediocri verranno allora riconosciute per il fatto di non avere niente di ispirato dal mondo spirituale.

 

La sfera successiva nell’occultismo si può chiamare sfera di Venere. Lì ampliamo il nostro essere fino a Mercurio, che occultamente viene detto Venere; fin lì noi estendiamo il nostro essere. In questa sfera, di nuovo, qualcosa influisce molto sull’uomo e ciò ha nuovamente un influsso tale per cui chi lo possiede diventa uno spirito socievole e colui che non lo possiede diviene uno spirito isolato. È terribilmente straziante la mancanza di questo qualcosa: si tratta dell’aspetto religioso.

 

• Quanto più abbiamo fatto nostra una disposizione d’animo religiosa,

tanto più in questa sfera diveniamo spiriti socievoli.

• Persone alle quali difetti la disposizione d’animo religiosa si isolano, come esseri

che per così dire non possono mai oltrepassare una certa scorza, o involucro, che si stende intorno a loro.

 

Incontriamo, diciamo così, i nostri amici, nonostante siano eremiti, ma non ci è possibile avvicinarci a loro: ci sentiamo sempre come se dovessimo rompere un involucro attraverso il quale però non riusciamo ad aprire un varco. Se non abbiamo un’interiorità religiosa, sentiamo freddo, per così dire, nella sfera di Venere.

Giunge poi una sfera: per quanto suoni strano, quando l’uomo vi si ambienta, e lo fa ognuno dopo la morte, si sente ampliato fino al nostro Sole. Tra non molto tempo, riguardo ai corpi celesti, si penserà in modo diverso da come presume l’odierna astronomia. Noi stessi siamo legati a questo Sole, e tra la morte e una nuova nascita giunge proprio un periodo nel quale diveniamo esseri solari. Ora però è necessario qualcosa d’altro.

 

• Per la prima sfera – Mercurio –  è necessaria la vita etica,

• per la sfera di Venere la vita religiosa,

• per la sfera del Sole è necessario che noi conosciamo veramente la natura e l’essenza degli spiriti solari,

soprattutto del principale spirito solare, Cristo.

È necessario che abbiamo creato un rapporto con lui sulla Terra.

 

Circa questa relazione diciamo che, quando gli uomini ancora possedevano l’antica chiaroveggenza, trovavano tale collegamento entrandovi a vivere per mezzo dell’antica grazia divina; poi questa sparì e venne il mistero del Golgota, con la preparazione tramite l’Antico Testamento, allo scopo di rendere comprensibile agli uomini l’essere solare.

Oggi non basta più l’antico modo in cui, a partire dal mistero del Golgota, gli uomini hanno cercato più ingenuamente di elevarsi al Cristo; oggi la scienza dello spirito dovrebbe rendere comprensibile il mondo dal punto di vista di un essere solare. La prima volta in cui ciò fu giustamente inteso fu nel medioevo, quando in Europa ebbe origine la saga del Graal nel suo vero e più profondo significato. Mediante la comprensione di ciò che viene nuovamente dato tramite il movimento spirituale, viene conquistato proprio quello che è stato portato dall’elevato spirito del Sole, il Cristo, il quale è disceso ed è ora divenuto lo spirito della Terra attraverso il mistero del Golgota.

 

L’impulso che è stato dato per mezzo del mistero del Golgota

è atto a congiungere nella pace tutte le confessioni religiose su tutto l’orbe terrestre.

Questa resta l’esigenza primaria della scienza dello spirito,

di trattare ogni religione con la stessa dedizione, senza dare, per una qualche ragione esteriore, la preferenza ad alcuna.

 

Se alla nostra corrente venisse, ad esempio, rimproverato che poniamo il mistero del Golgota al centro dell’evoluzione del mondo e che ciò sarebbe un dare la preferenza alla religione cristiana, si tratterebbe di un rimprovero del tutto ingiusto. Intendiamoci una buona volta su come stanno le cose con una critica del genere.

Se un buddista o un bramano venisse da noi e ce la muovesse, gli risponderemmo: ha importanza quel che sta scritto nei testi religiosi? Ed è discriminare una religione, se non si rifiuta tutto quello che non c’è in quei libri? Non può ogni buddista, senza smettere di essere buddista, accogliere la concezione del mondo copernicana? Questa concezione è un progresso dell’umanità tutta.

E altrettanto la conoscenza del fatto che il mistero del Golgota sta al centro dell’evoluzione del mondo

è un progresso di tutta l’evoluzione dell’umanità, che negli antichi testi ci sia oppure no.

E se la religione cinese o buddista pretendesse che noi non la pensassimo così sarebbe come se, da parte di queste religioni, venisse vietato all’intera Europa di accogliere la concezione copernicana, perché non è contenuta nei loro libri. Ma proprio questa comprensione del mistero del Golgota – quando si riconosca cosa lì è avvenuto – è ciò che fa di noi uno spirito socievole dopo la morte, nella sfera solare.

 

In genere è così: nel momento in cui usciamo oltre la Luna, subentra qualcosa che adesso possiamo qualificare anche interiormente, spiritualmente – lì noi siamo circondati da visioni. Se dopo la morte incontriamo un amico defunto si tratta di una visione, però è proprio lui, e vive entro questa realtà; sono tuttavia visioni, che si costruiscono sul ricordo di quello che abbiamo fatto qui.

Più tardi, fuori dalla sfera della Luna, è certo ancora così, però allora risplendendo ci si avvicinano gli esseri spirituali delle gerarchie superiori. È come se sorgesse il sole e tingesse d’oro le nubi. Così è nella sfera solare.

Nella sfera di Mercurio anche le gerarchie spirituali, però, veniamo a conoscerle solo se siamo colmati da una disposizione religiosa, e nella sfera del Sole unicamente se siamo pieni di un’intonazione dell’animo jahvetico-cristiana.

È allora che le entità spirituali esterne ci si avvicinano. Di nuovo si tratta di qualcosa di molto singolare e quello che ho detto risulta da obiettiva indagine occulta: l’uomo, oltrepassata la Luna, è come una nube intessuta di spirito e non appena giunge in Mercurio viene illuminato da entità spirituali.

Per questo i greci hanno chiamato Mercurio “il messaggero degli dei”, perché in questa sfera elevate entità spirituali illuminano l’uomo. Sono queste le grandi e possenti impressioni che riceviamo quando, partendo dall’ambito della ricerca occulta, sviluppiamo ciò che l’umanità ha creato, ciò che è dato in veste di arte, di mito.