Tutto accade senza partecipazione della nostra coscienza

O.O. 235 – Nessi karmici Vol. I – 17.02.1924


 

Tutto accade senza partecipazione della nostra coscienza.

Fino al momento in cui si manifesta un evento decisivo,

tutto rimane nell’inconscio, tutto si svolge come sotto leggi di natura.

• Ma quali leggi di natura avrebbero il potere di determinare simili fatti?

 

• Quel che accade in questo campo contraddice tutte le leggi di natura conosciute

e quanto noi stessi in modo ridicolo foggiamo secondo esteriori leggi naturali.

L’ho fatto spesso rilevare. I fatti esteriori della vita umana possono venire calcolati secondo leggi.

 

Prendiamo ad esempio le assicurazioni sulla vita. Esse prosperano solo in quanto si può calcolare la probabile durata della vita di una persona. Se qualcuno vuole assicurarsi viene emessa la polizza in base alla probabile durata della sua vita. Secondo i calcoli, il giovane di diciannove anni vivrà dunque ancora per tanto o tant’altro tempo. Lo si può calcolare. Ma supponiamo che quel tempo sia trascorso: l’assicurato non si sentirà per questo obbligato a morire! Può accadere che, sulla base di simili calcoli, due persone siano “morte” da gran tempo e che solo dopo che “dovrebbero essere morte” si verifichi tra di loro un incontro come quello prima accennato.

 

Tali incontri accadono fuori di quanto può venir calcolato in relazione con la vita umana sulla base dei fatti naturali.

Dobbiamo tuttavia dire che due persone s’incontrano nella vita terrena

con la medesima necessità con cui ha luogo ogni fenomeno naturale:

un terremoto, un’eruzione vulcanica, oppure ogni altro fenomeno.

 

Qui vediamo dunque realmente un nuovo regno entro l’ambito fisico,

e in tale regno viviamo non solo nel benessere o nel malessere, nelle simpatie o nelle antipatie,

ma anche con le nostre vicende, con le esperienze della vita.

 

Siamo interamente inseriti nel regno degli eventi,

delle esperienze che determinano la nostra vita secondo il destino.

In questo regno agiscono gli esseri della prima gerarchia: Serafini, Cherubini, Troni.

 

• Per dirigere ogni passo, ogni moto dell’anima, tutto quanto vive in noi così che ne risultino i nostri destini, occorre infatti una forza maggiore di quella che si esplica nel regno vegetale attraverso Angeli, Arcangeli e Archai e di quella di Potestà, Virtù, Dominazioni. Occorre la forza delle più alte entità, di quelle della prima gerarchia.

Quel che dunque avviene in questo campo vive nel nostro io,

nell’organizzazione dell’io, e passa in una vita terrena da quella che l’ha preceduta.

 

 

• Ora riflettiamo: vivendo, cagioniamo la tale o la tal altra cosa con i nostri istinti, le nostre passioni oppure con pensieri saggi o stolti. Sono tutti effetti causati da impulsi. Ma quello che facciamo in una vita, spinti dalle nostre inclinazioni, genera risultati, produce il bene o il male altrui.

Attraversiamo poi la vita fra morte e rinascita, e abbiamo allora chiara coscienza che, avendo recato danno ad altri, noi stessi siamo diventati più imperfetti e sentiamo di dover pareggiare quello che è stato cagionato da noi. Sorge l’impulso e la spinta a pareggiarlo. Se abbiamo compiuto qualcosa che ha procurato a una persona vantaggio, quell’azione sarà la base di un beneficio che andrà a favore di tutti, che produrrà ulteriori conseguenze nel mondo.

 

Possiamo sviluppare tutto questo interiormente, e si potrà così generare senso di benessere o di malessere, secondo come avremo plasmato l’intima entità del nostro corpo durante la vita tra morte e rinascita. Tutto questo potrà condurre a simpatie o antipatie a seconda di come formiamo il nostro corpo astrale con l’aiuto di Potestà, Virtù, Dominazioni, ma non ci darà ancora il potere di trasformare in fatto esteriore del mondo quello che in una vita precedente fu soltanto azione umana.

 

Abbiamo giovato a una persona oppure l’abbiamo danneggiata:

come conseguenza in una vita successiva quella persona ci verrà incontro

e incontrandola sentiremo l’impulso a pareggiare l’azione passata.

• Quello che prima ebbe solo significato morale deve diventare un fatto esteriore del mondo.

• Perché questo avvenga occorre l’opera delle entità

che trasformano i fatti morali in fatti esteriori: sono le entità della prima gerarchia.

• Esse trasformano negli eventi della vita successiva quello che in una data vita è derivato da noi;

agiscono nei fatti, nelle vicende che saranno da noi vissute.

 

Abbiamo così i tre elementi fondamentali del karma.

• La nostra conformazione interiore è sottoposta alla terza gerarchia;

• le simpatie e le antipatie, che sotto certi aspetti costituiscono il nostro ambiente, dipendono dalla seconda,

• e infine la vita esterna che ci muove incontro dipende dalla prima, dalla più elevata gerarchia.

 

Guardiamo così alle connessioni tra l’essere umano e il mondo e domandiamo: come si sviluppano da questi tre elementi i particolari del nostro destino?

Nasciamo in una data casa, in una data regione della Terra, in un dato popolo, entriamo in un dato complesso di circostanze, ma tutto quanto avviene per il fatto di essere nati in una data casa e affidati a certi educatori, di appartenere a un dato popolo, di essere nati in un determinato luogo, tutto ciò che, nonostante la libertà umana, ha così profonda azione di destino sulla vita, in definitiva dipende dai tre elementi prima considerati.

 

Se afferriamo bene questi elementi fondamentali, tutti i singoli problemi troveranno la relativa risposta.

Domandiamoci per quale ragione un uomo a venticinque anni si ammala di vaiolo nero e viene forse a trovarsi in pericolo di vita, per quale ragione una qualsiasi malattia oppure un altro evento penetra nella sua vita, per quale ragione gli viene del bene da una persona anziana oppure da un popolo, gli viene giovamento da fatti esteriori, e sempre dovremo risalire a ciò che in triplice modo forma il nostro destino e ci pone nel complesso delle gerarchie universali.

 

Solo nel regno minerale l’uomo si muove liberamente; questo è il campo della sua libertà.

Riflettendo su tutto questo, impariamo anche a porre in giusto modo il problema della libertà.

Nella mia Filosofia della libertà faccio rilevare

come sia molto importante che non venga posto il problema della libertà del volere.

 

• Il volere è profondo, molto profondo nella zona dell’incosciente, e non ha senso parlare di libertà del volere;

si può solo parlare di libertà dei pensieri.

Nella Filosofia della libertà ho tenuto questi due campi ben distinti.

 

I pensieri liberi conferiscono l’impulso alla volontà, e allora l’uomo è libero.

Ma con i suoi pensieri l’uomo vive entro il regno minerale: in ogni altro nesso,

dove vive nell’ambito del regno vegetale, del regno animale e di quello umano, egli soggiace al destino.

 

Riguardo alla libertà si può dire: dai regni ove dominano le gerarchie superiori,

l’uomo esce nel regno che in certo modo ne è indipendente, nel regno minerale,

per divenire a sua volta libero, proprio nel regno minerale

a cui è simile unicamente con il suo cadavere che depone quando muore.

• Durante la sua vita terrena egli è indipendente da quel regno che può solo distruggerlo.

 

Non fa meraviglia che in quel regno l’uomo sia libero,

poiché quando esso lo riceve non esplica su di lui altra azione se non quella di distruggerlo.

In nessun modo noi apparteniamo a quel regno.

L’uomo deve prima morire perché il suo cadavere si trovi nel regno nel quale egli è libero anche secondo la sua natura.

Così stanno le cose.

 

L’uomo invecchia, invecchia sempre più. Se non intervengono altri fatti che impareremo a conoscere attraverso lo studio del karma, quando l’uomo vecchio muore, come cadavere diventa simile al regno minerale. Invecchiando entriamo nella sfera dell’inanimato, e lì abbandoniamo il cadavere. Il cadavere non è più un essere umano, non lo è certamente più.

 

Consideriamo il regno minerale: esso non è più Dio.

Proprio come il cadavere non è più un essere umano, così il regno minerale non è più Dio. Che cos’è?

La divinità è presente nel regno vegetale, nel regno animale e in quello umano;

in essi la abbiamo trovata nelle sue tre gerarchie.

Nel regno minerale essa non è presente, come nel cadavere non è presente l’uomo.

 

Il regno minerale è il cadavere della divinità.

Vedremo più avanti il fatto singolare a cui voglio oggi soltanto accennare,

e cioè che per diventare cadavere l’uomo invecchia,

mentre invece le divinità ringiovaniscono per diventare cadavere.

 

Gli esseri divini percorrono una via diversa da quella che noi percorriamo dopo la morte.

Il regno minerale è per questo fra tutti il più giovane.

È il regno scartato dagli dei, e poiché è stato scartato da loro,

l’uomo può vivere in esso come nel regno della sua libertà.

 

• Così stanno le cose, e l’uomo impara sempre meglio a sentirsi nel mondo come nella sua vera patria,

imparando a porre i suoi sentimenti, i suoi pensieri e i suoi impulsi di volontà in giusto rapporto con esso.

• Soltanto così si vede anche quale sia la posizione che per destino l’uomo ha nel mondo,

e il suo rapporto con gli altri uomini.