Vita e morte

O.O. 103 – Il Vangelo di Giovanni – 26.05.1908


 

Ogni forma di vita consiste in realtà di elementi opposti, di estremi contrastanti:

questi estremi sono vita e morte.

 

Al sentimento e all’atteggiamento d’animo dell’occultista si manifesta qualcosa di molto singolare, quando egli osserva, ad esempio, uno accanto all’altro un cadavere e un uomo vivente.

• Quando si ha dinanzi a sé un uomo vivente e desto, si è consapevoli che in quello si trovano anima e spirito. Ma in quest’uomo vivo, l’anima e lo spirito, per quanto riguarda la coscienza, sono esclusi dalla connessione col mondo spirituale, non guardano entro il mondo spirituale.

• Se invece ci troviamo di fronte al cadavere, sentiamo che l’anima e lo spirito già appartenuti a quello, si trovano adesso sulla via di penetrare nei mondi spirituali, e che si sta accendendo per loro una nuova coscienza, la luce del mondo spirituale. Così il cadavere diviene il simbolo di ciò che accade nei mondi spirituali.

 

D’altra parte, anche nel fisico si ritrovano le immagini riprodotte di quanto avviene nello spirituale: però, in modo singolare.

Quando un uomo ridiscende verso la nascita, occorre che gli venga edificata una parte corporea. Della materia deve per così dire concorrere, affinché gli venga edificato un corpo. Per il chiaroveggente questo concorso di materia si manifesta col progressivo spegnersi della coscienza nel mondo spirituale. Lì, la coscienza muore; qui si accende.

 

Nel concorrere della materia a formare un corpo umano fisico

si scorge in certo qual modo l’estinguersi d’una coscienza spirituale;

e proprio, davvero, nel decomporsi o nell’incenerirsi del corpo fisico,

mentre le parti materiali si dissolvono ci si mostra al contempo nello spirituale l’inverso:

l’accendersi d’una coscienza spirituale.

Il dissolvimento fisico è nascita spirituale.

 

Perciò per l’occultista tutti i processi di decomposizione, di dissolvimento hanno anche un aspetto del tutto diverso.

Un cimitero, dove vanno dissolvendosi dei corpi fisici, veduto spiritualmente

(e prescindendo qui affatto dagli uomini, ma badando solo a ciò che vi avviene spiritualmente)

offre la vista di un processo singolareun continuo accendersi e risplendere di nascite spirituali.

 

Poniamo ora il caso (ma naturalmente non lo si consiglia a nessuno: i corpi odierni degli uomini non possono in alcun modo sopportarlo), poniamo il caso che un uomo si sottoponga a una certa disciplina, ch’esso alleni il proprio corpo a respirare per un tempo determinato aria di putredine, di decomposizione, con la coscienza di accogliere in sé il processo spirituale che abbiamo ora menzionato. Chi faccia questo in modo adeguato, potrà certo ritrovarsi in qualche incarnazione successiva (la cosa non è possibile in una sola incarnazione) dotato della forza capace di diffondere impulsi vivificatori e risanatori.

 

Il respirare aria di morti fa parte della disciplina necessaria per ottenere che la saliva acquisti a poco a poco la forza per cui, mescolata alla terra comune, ne risulti ciò che il Cristo pose sugli occhi del cieco.

 

Questo mistero per cui si assimila la morte, mangiandola o respirandola, per cui si consegue la forza di risanare, è il mistero al quale allude l’autore del vangelo di Giovanni, nel narrarci segni come quello della guarigione del cieco-nato. Sarebbe assai meglio che la gente, invece di continuare a disputare, sul modo d’intender la cosa, imparasse piuttosto che fatti come quelli esistono veramente; che apprendesse a considerare al giusto modo una personalità come quella dell’autore del vangelo di Giovanni, riconoscendo in lui un uomo iniziato in questi misteri e proponendosi di conquistare la comprensione di questi misteri.