Vita fra morte e nuova nascita

O.O. 108 – Risposte a enigmi della vita – 02.12.1908


 

Sommario: L’entità quadripartita dell’uomo durante la veglia e il sonno. Sonno e morte. Il “tableau” mnemonico dopo la morte; deposizione del corpo eterico. Il periodo del kamaloka; deposizione del corpo astrale. Il cadavere astrale. L’ingresso nel devacian. Significato dell’amicizia e dell’amore materno. L’attività dell’uomo nel periodo del devacian e la preparazio­ne di una nuova nascita.

Ieri, davanti ad una cerchia un poco più ampia, abbiamo potuto esporre alcune considerazioni sulle vie che conducono ai mondi superiori. Oggi ci sarà consentito di descrivere alcuni aspetti dei mondi superiori stessi. Passeremo subito a trattare uno dei capitoli più importanti riguardo ai mondi soprasensibili, e di gettare uno sguardo ai processi che coinvolgono l’uomo tra la morte e una nuova nascita.

Ho detto che è uno dei capitoli più importanti riguardo alla sfera della vita superiore, perché concerne fatti e processi dell’evoluzione umana che rivestono somma rilevanza. E dato che l’esistenza fisica dell’uomo è connessa e contessuta con importanti processi che si svolgono in quei mondi, è necessario penetrare in quei segreti, se si vuole comprendere la natura umana.

 

Vorrei iniziare subito con la descrizione della vita umana tra morte e una nuova nascita, ma per potere comprendere gli eventi che si svolgono in tale intermezzo, è necessario anzitutto considerare la natura dell’essere umano. Per coloro che già da tempo studiano l’antroposofìa, le note esplicative che esporrò ora nell’introduzione non conterranno probabilmente nulla di nuovo, e tuttavia bisogna esaminare sin dall’inizio, e molto attentamente, tali nozioni, al fine di poterci preparare ad una piena comprensione delle descrizioni successive.

 

Per la scienza dello spirito antroposofica la natura umana non è solo quell’entità di tipo materiale che appare ai sensi esterni, quell’essere che possiamo toccare con le mani e che leggi fisiche vincolano al mondo fisico. La scienza dello spirito mostra che il corpo fisico dell’uomo è solo una parte della sua entità complessiva, e che l’essere umano ha in comune questo corpo fisico con il mondo minerale.

 

Osservando fuori la natura, dobbiamo renderci conto che tutto ciò che apparentemente è morta natura minerale è costituito dalle stesse sostanze con cui è costruito il corpo umano. Nella pietra e nel corpo umano si manifestano gli stessi processi fisici, ciò nonostante sussiste una grande differenza tra i processi che hanno luogo nei normali corpi fisici inanimati e la natura dell’uomo.

Un corpo fisico come la pietra manterrà la forma che ha, finché non interverrà a distruggerla un evento esterno che ne causi la frantumazione, o eserciti su di essa un’azione violenta d’altro tipo. Per contro il corpo fisico umano, oppure quello di un altro essere vivente, viene distrutto con la morte dalle leggi proprie alle sostanze chimico-fisiche, e in tal caso il corpo umano è un cadavere.

 

La scienza dello spirito ci mostra che nello stato tra nascita e morte, cioè durante la nostra vita fisica, è presente una seconda parte costituiva dell’entità umana che lotta incessantemente contro il decadimento del corpo fisico. Noi la chiamiamo corpo eterico o corpo vitale. Questo corpo è presente in tutti noi. Se questa seconda parte costitutiva non fosse presente nell’uomo, il corpo fisico seguirebbe in ogni istante esclusivamente le forze fisiche, andando incontro al decadimento.

Il combattente che lotta contro questo decadimento è il corpo eterico, o corpo vitale, che si separa dal corpo fisico solo quando subentra la morte.

L’uomo ha in comune questo corpo eterico con ogni altro essere vivente; lo hanno gli animali e anche le piante, perché anche in loro deve essere presente un lottatore che combatta assiduamente contro il decadimento.

 

Abbiamo caratterizzato i corpi fisico ed eterico definendoli rispettivamente la prima e la seconda parte costitutiva degli esseri viventi, ma l’essere umano, oltre a queste due, dispone anche di una terza parte costitutiva. Per rendercene conto ci basta già l’intelletto, la logica.

Immaginiamo di avere dinnanzi a noi un uomo. Nello spazio che egli occupa, nella mano che usa, non è presente null’altro oltre agli elementi già menzionati? Oh, vi è qualcosa in più oltre alle ossa e ai muscoli, oltre ad ogni sorta di componenti chimici che possiamo vedere con gli occhi e toccare con le mani! E ciascuno di noi sa molto bene che al loro interno vi è qualcosa in più. Questo qualcosa in più è la somma dei suoi dolori e delle sue gioie; questo qualcosa ognuno di noi lo conosce, perché è l’insieme di tutte le sensazioni, di tutti i sentimenti che dalla mattina alla sera attraversano tutta la nostra vita. C’è un portatore invisibile di queste sensazioni che noi chiamiamo corpo astrale o corpo senziente dell’essere umano.

Questo corpo astrale, che gli occhi fisici umani non percepiscono, è notevolmente più grande del corpo fisico. Per la coscienza chiaroveggente è riconoscibile in forma di una nube di luce radiante entro cui è immerso il corpo fisico. L’uomo ha in comune questa terza parte costitutiva della sua entità con gli animali, perché anch’essi possiedono un corpo astrale.

 

Nell’entità umana, però, è presente ancora una quarta parte costitutiva, la corona del regno terrestre, la corona della natura umana. Possiamo formarci un’idea di questa quarta parte costitutiva, se andiamo alla ricerca di un intimo moto dell’anima umana. Nell’uomo è presente qualcosa che non può mai accostarsi a lui dall’esterno: è un nome, il semplice nome “io”.

Questo nome, questa definizione: “io”, può risuonare esternamente solo emergendo dal più profondo dell’anima. Un uomo non può mai dire “io” riferendosi al suo prossimo. L’uomo può pronunciare questo nome solo riferendosi a se stesso; solo da se stesso, dalla sua interiorità più profonda può provenire questo nome. E qui, per mezzo del nome “io”, inizia ad echeggiare all’esterno qualcosa di totalmente diverso, qualcosa di divino.

 

Anche tutte le grandi religioni percepivano che nell’io era insito qualcosa di sacro, una percezione chiaramente riconoscibile anche nell’Antico Testamento, ove il nome “io” era equivalente al nome di Dio. Solo in occasione di celebrazioni particolarmente solenni, di funzioni religiose di particolare solennità, era lecito al sacerdote – e solo a lui – pronunciare il nome di Dio, e quando egli, ricolmo di timore riverenziale, faceva risuonare nel tempio il nome di “Jahve”, portava ad espressione l’“io” o l’“Io sono”, perché il nome di Jahve null’altro che questo significa. Ciò doveva significare che nell’uomo si esprime il Dio stesso. E può pronunciare questa parola alla propria anima solo quell’entità nella cui natura si rivela l’Essere divino. La rivelazione di Dio nell’uomo è la quarta parte costitutiva dell’entità umana.

 

• Ma non si pensi di essere noi stessi Dio! È una scintilla del mare della divinità, quella che s’illumina improvvisa nell’uomo. Come una goccia del mare non è il mare stesso, ma solo una goccia, così l’io dell’uomo non è Dio ma una goccia della sostanza divina: Dio comincia a parlare nell’anima umana.

Solo al sacerdote era consentito di pronunciare il sacro nome di Jahve in occasione di celebrazioni particolarmente solenni. Portare a risuonare l’Essere divino nell’anima umana, per il fatto che l’uomo può dire: “Io sono”: questa è la corona della creazione! Questo portatore dell’io, la quarta parte costitutiva della natura umana, fa dell’uomo il primo tra gli esseri visibili del creato.

Ecco perché in tutti gli antichi Misteri si parlava della sacra quadruplicità, la cui prima parte costitutiva è il corpo fisico visibile, la seconda il corpo eterico o corpo vitale, la terza il corpo astrale o corpo senziente, e la quarta parte l’io. Queste sono le quattro parti costitutive che considereremo per prime. Dal modo in cui sono connesse dipende la vita umana, la coscienza umana.

 

Le quattro parti costitutive della natura umana si compenetrano solo nella coscienza diurna, nello stato di veglia. Osserviamo allora il corpo fisico compenetrato dall’eterico, che è solo un po’ più sottile e leggermente più grande e che si estende al di là del corpo fisico. Poi abbiamo il corpo astrale, il portatore delle nostre sensazioni, che nella sua forma ovale grande e splendente compenetra l’eterico ed avvolge il corpo fisico a quest’ultimo unito. E poi abbiamo il corpo dell’io.

Le quattro parti costitutive della natura umana si compenetrano però solo durante lo stato di veglia. Quando l’uomo dorme, il corpo astrale esce insieme al portatore dell’io, mentre il corpo fisico rimane nel letto congiunto al corpo eterico. La mattina, o quando l’uomo si sveglia, le prime due delle quattro parti costitutive ridiscendono e si uniscono di nuovo alle altre due.

 

Che cosa fa il corpo astrale nell’uomo normale durante la notte? Non è inattivo. Alla visione del chiaroveggente esso appare come una nube spiraliforme dalla quale promanano delle correnti che lo congiungono al corpo fisico sottostante. Qual è la causa della stanchezza che la sera ci fa cadere spossati nel sonno? La stanchezza appare essere la conseguenza dell’uso e del logorio cui il corpo astrale sottopone il corpo fisico durante lo stato di veglia diurno.

Durante tutta la notte, però, durante il sonno, il corpo astrale lavora per eliminare la stanchezza. Di qui, il ristoro che un buon sonno produce, ed è perciò facile farsi un’idea di quanto sia importante un sonno realmente sano per l’uomo. Il sonno ricostituisce nel giusto modo quanto la vita di veglia ha logorato. Il corpo astrale ripara durante il sonno anche altri danni, per esempio, le malattie del corpo fisico e anche dell’eterico.

L’esperienza della vita vi avrà certo permesso di constatare non solo su voi stessi, ma anche su altre persone, quello che tutti i medici intelligenti dicono, e cioè che in certi casi il sonno è una medicina indispensabile ai fini della guarigione. Questa è l’importanza dell’alternarsi di sonno e veglia.

 

Passeremo ora a considerare un’alternanza ancora più importante, quella della vita con la morte.

Se prima abbiamo indicato che, non appena s’instaura il sonno, il corpo astrale insieme al portatore dell’io abbandona il corpo fisico che è unito al corpo eterico, dobbiamo ora rilevare che nella vita normale – salvo in certi casi eccezionali, di cui si dirà più oltre – non si verifica quasi mai una separazione del corpo eterico dal corpo fisico. La separazione di questi due corpi avviene normalmente e per la prima volta solo con la morte.

Con la morte, dunque – a differenza di quanto ha luogo nel sonno -, dall’entità umana quadriarticolata non escono solo il corpo astrale insieme all’io, ma sono tutte e tre le parti costitutive – corpo eterico, corpo astrale e io – a lasciare il corpo fisico. Da una parte quindi abbiamo il corpo fisico che, divenuto cadavere, viene immediatamente aggredito dalle forze chimico-fisiche e va incontro alla distruzione; dall’altra parte abbiamo una connessione tra corpo eterico, corpo astrale e portatore dell’io.

 

A questo punto, è ovvio domandarsi se sussista proprio la possibilità che qualcuno venga a conoscenza delle condizioni che si sviluppano con la morte. Se avete seguito la conferenza pubblica che ho tenuto ieri, comprenderete che le persone capaci di avere la visione di alcune sfere superiori sono anche in grado di descrivere le situazioni che si sviluppano dopo la morte.

Ogni essere umano ha a disposizione mezzi e modi di acquisire tali facoltà, per cui vi è anche la possibilità di sapere quali esperienze l’uomo viva varcando la soglia della morte. Quando vengono comunicati dei fatti che non tutti sono in grado di controllare immediatamente, può stabilire la loro giustezza solo colui che realmente sa. Se invece da parte di chi non sa venisse obiettato allo scienziato, all’iniziato, che nemmeno lui avrebbe la possibilità di sapere alcunché, in tal caso l’accusa di superbia ricadrebbe interamente su chi pur non sapendo nulla afferma che non si può sapere nulla. Solo chi sa, perciò, può stabilire che cosa sia possibile sapere.

 

La prima sensazione che l’essere umano prova dopo avere attraversato la morte,

è quella di essere inserito in un mondo in cui egli si ingrandisce sempre più,

e di non trovarsi più all’esterno delle entità, di fronte a tutte le altre cose

– come avviene, invece, in questo mondo fisico – bensì, per così dire,

all’interno delle stesse, come se s’infilasse all’interno di tutte le cose.

 

Nel momento immediatamente successivo alla morte non sentite il qui e il lì, ma l’ovunque;

è come se voi stessi scivolaste dentro tutte le cose.

• Poi s’instaura davanti a voi, come un grande tableau,

il ricordo integrale di tutta la vostra vita trascorsa, compresi tutti i particolari.

• È un ricordare che non si può paragonare a quello vissuto nella trascorsa vita terrena,

per quanto vigoroso possa essere stato, non si può raffrontare al modo in cui si conosce il ricordo nella vita terrena,

perché questo tableau mnemonico si presenta di colpo in tutta la sua grandezza.

• A che cosa è dovuto questo fenomeno?

È dovuto al fatto che il corpo eterico è in realtà il portatore della memoria.

 

Durante l’esistenza terrena, il corpo eterico è inserito nel corpo fisico,

è costretto ad agire per mezzo della fisicità ed è vincolato dalle leggi del piano fisico;

dunque non è libero, e allora accade che dimentichi, perché si ritraggono tutti i ricordi

che non sono strettamente attinenti all’esperienza che l’uomo sta vivendo in quel momento.

 

Con la morte, però, come ho spiegato prima,

il corpo eterico, il portatore della memoria, diviene libero;

non è più costretto ad agire mediante l’elemento fisico, per cui i ricordi si presentano improvvisamente liberi.

 

In casi eccezionali, la separazione del corpo fisico dal corpo eterico può avvenire anche durante la vita, per esempio in pericolo di morte, di annegamento, di caduta rovinosa, cioè nei casi in cui lo spavento causa alla coscienza una profonda scossa, uno shock. Persone che hanno subito uno shock del genere, raccontano talvolta di avere visto per alcuni istanti, come in un tableau, tutta la loro vita, per cui, di colpo, erano riemerse perfettamente chiare le esperienze della primissima infanzia svanite nell’oblio. Racconti come questi si basano su verità, non su illusione, sono realtà effettive.

 

Nel momento in cui s’illumina improvviso il tableau dei ricordi,

si verifica nell’uomo un evento del tutto speciale (occorre solo che lo shock non causi la perdita della coscienza).

Nel momento della caduta rovinosa o di un altro spavento che sia stato motivo dello shock,

si presenta talvolta un processo che il chiaroveggente è in grado di osservare:

quella parte del corpo eterico che riempie la regione della testa, esce del tutto o in parte dal capo,

liberando così il ricordo, perché in quel momento (per quanto breve possa essere)

il corpo eterico viene liberato dalla materia fisica, che è quella che ostacola la libertà del ricordo.

 

L’uscita parziale del corpo eterico dal corpo fisico si verifica anche in altre circostanze.

Se, ad esempio, si preme o si urta una parte qualsiasi del corpo, si manifesta a volte uno strano pizzicore, che siamo soliti definire dicendo che quella parte si è addormentata. Si sentono già spesso i bambini descrivere questo fenomeno con le parole: la mano mi pizzica come se ci fossero dentro le bollicine dell’acqua di selz. A che cosa ci troviamo di fronte? La causa vera e propria del fenomeno è la breve uscita dalla mano della corrispondente parte del corpo eterico. Il chiaroveggente è in grado di vedere accanto al corpo fisico la parte del corpo eterico che ne è uscita, e di osservare come essa sia la sua identica copia. Nel caso di una caduta, ad esempio, il movimento discendente genera una pressione che provoca l’uscita dalla testa della corrispondente parte del corpo eterico.

 

Con la morte, il tableau mnemonico si manifesta immediatamente e con gran forza,

perché avviene l’abbandono di tutto il corpo fisico.

Si conosce anche la durata del tableau dopo la morte: tre, quattro giorni.

Indicarne i motivi non è facile.

Questo lasso di tempo, che varia da persona a persona,

corrisponde più o meno alla capacità di resistenza al sonno che il singolo individuo ha avuto in vita.

 

Poi ha luogo un altro evento: il distacco di una specie di secondo cadavere.

L’uomo, infatti, lascia ora dietro di sé anche il corpo eterico,

trattenendone, però, un certo estratto, un’essenza,

che poi porterà con sé e conserverà per tutta l’eternità.

E adesso, dopo la deposizione del corpo eterico,

inizia per l’uomo il tempo, lo stato del kamaloka.

 

Per farvi un’idea chiara di questo stato, dovete tenere presente

che l’essere umano, dopo avere lasciato dietro di sé i corpi fisico ed eterico,

conserva ancora due delle sue quattro parti costitutive, il corpo astrale e l’io.

E a questo punto si pone per noi una domanda:

capire le condizioni cui andrà incontro il corpo astrale, insieme al quale l’io sta entrando nel kamaloka.

 

Il corpo astrale è il portatore di gioie e dolori, di piaceri e di brame,

che non cessano, perciò, con la deposizione del corpo fisico;

solo la possibilità di soddisfarli cessa, dato che non è più disponibile

quello che è lo strumento per il soddisfacimento delle brame, cioè il corpo fisico.

• Non cessa di esistere tutto ciò che l’uomo è stato come entità senziente entro il corpo fisico.

• L’essere umano conserva tutto ciò nel suo corpo astrale.

 

Consideriamo quello che è un desiderio normale, ad esempio la voglia di un cibo gustoso. Questa voglia risiede nel corpo astrale, non nel corpo fisico, ed è per questo che resta, che non viene deposta con il corpo fisico, il quale non è stato che lo strumento con cui questa voglia poteva essere soddisfatta. Prendiamo ad esempio un coltello; si ha un coltello perché se ne ha bisogno per tagliare, è lo strumento per tale operazione, e se si mette da parte il coltello, non per questo si perde la capacità di tagliare.

 

Con la morte si depone solo lo strumento del piacere.

Per questo motivo l’uomo viene dapprima a trovarsi in uno stato

in cui sono presenti tutte le sue brame, che ora deve superare –

sarebbe meglio dire che l’uomo deve prima imparare a superarle.

• Il tempo in cui questo superamento avviene, è il periodo del kamaloka.

È un periodo di prova,

un tempo molto positivo ed importante per l’ulteriore evoluzione dell’essere umano.

 

Immaginate di avere sete e di trovarvi in un luogo in cui non c’è acqua e, naturalmente, nemmeno birra o vino, dove le bevande proprio non esistono. Voi, di conseguenza, soffrite una sete ardente che non può essere placata. Similmente, è una sorta di sete quella che l’uomo soffre quando non ha più l’unico strumento capace di soddisfare i suoi ardenti desideri.

 

Il kamaloka è per l’essere umano un periodo di disassuefazione,

perché per potere accedere al mondo spirituale, egli deve necessariamente spogliarsi delle proprie brame.

 

La permanenza nel kamaloka può essere relativamente lunga o relativamente breve, a seconda del tempo necessario alla disassuefazione dalle brame. Importante è al riguardo come l’individualità si sia abituata già nella vita a disciplinare i propri desideri, e come nella vita abbia imparato sia a godere che a rinunciare. Vi sono, però, piaceri e desideri di natura inferiore e di natura superiore.

 

I piaceri e i desideri

per la soddisfazione dei quali il corpo fisico non è lo strumento giusto,

noi li definiamo superiori, e sono quelli che non rientrano

tra i desideri e i piaceri che l’uomo deve rigettare da sé dopo la morte.

L’uomo resta nella vita astrale del periodo del kamaloka

solo finché ha ancora in sé qualcosa che lo attrae verso l’esistenza fisica.

• Dopo il periodo di disassuefazione, quando nulla lo attira più verso il basso,

egli è divenuto capace di vivere nel mondo spirituale, e allora dall’uomo esce un terzo cadavere.

La permanenza dell’uomo nel kamaloka dura circa un terzo della vita trascorsa.

 

Si tratta, perciò, di vedere a che età l’individuo muore, ossia quanto tempo è vissuto nel corpo fisico. Tuttavia, il periodo del kamaloka non è affatto sempre orripilante o sgradevole; esso conduce in ogni caso ad acquisire una maggiore indipendenza dalle brame fisiche.

Più l’individuo si è reso indipendente già nella vita, acquisendo interesse per l’osservazione di cose spirituali, più sarà lieve per lui lo scorrere del tempo nel kamaloka. Il periodo di tempo che l’uomo trascorre nel kamaloka lo rende più libero, ed egli, perciò, ne sarà grato.

 

Il senso di privazione che si prova nella vita fisica, si trasforma in beatitudine nel periodo del kamaloka.

Si determinano, dunque, i sentimenti opposti,

perché nel kamaloka si trasforma in godimento tutto ciò cui nella vita si è rinunciato volentieri.

 

Quando poi, come già rilevato, esce dall’uomo il terzo cadavere, svanisce con esso, cioè con il corpo astrale,

tutto ciò che in seguito, nel mondo spirituale, all’uomo non potrà servire.

 

• Il chiaroveggente è in grado di vedere questi cadaveri astrali, i quali per dissolversi impiegano venti, trenta, quarant’anni. Essendo questi cadaveri astrali costantemente presenti, accade talora che attraversino i corpi dei viventi, dunque i nostri corpi, specie durante la notte, quando nel sonno i nostri corpi astrali sono separati dai corpi fisici. Certi influssi nocivi che l’uomo può recepire sono da attribuirsi a questi cadaveri astrali.

 

Come dopo l’uscita del cadavere eterico ne resta all’uomo un estratto, una certa essenza per tutta l’eternità,

così anche dopo l’uscita del cadavere astrale gli rimane per tutta l’eternità una certa essenza

quale frutto dell’ultima incarnazione.

 

E ora inizia per l’uomo l’epoca del devacian,

l’ingresso nel mondo spirituale, la patria degli dèi e di tutte le entità spirituali.

• L’entrata in questo mondo infonde nell’uomo un sentimento che si può paragonare alla liberazione di una pianta

che, sviluppatasi prima in una sottile fessura della roccia, venga a trovarsi all’improvviso a crescere nella luce.

• Infatti, l’essere umano che entra nel mondo celeste sperimenta in sé l’assoluta libertà spirituale,

e da quel momento in poi gode l’assoluta beatitudine.

 

Che cos’è, in realtà, l’epoca del devacian?

Potete farvene facilmente un’idea considerando che l’uomo prepara lì una nuova vita, una reincarnazione.

Molte sono le esperienze che l’uomo ha compiuto nel mondo fisico,

in questo mondo inferiore, esperienze che poi ha portato con sé nell’aldilà.

Dopo averle accolte in sé come un frutto della vita, può ora elaborarle liberamente nella propria interiorità.

 

Nell’epoca del devacian l’uomo configura un archetipo per una nuova vita.

Quest’opera, che viene compiuta nel corso di un lunghissimo periodo di tempo,

si esprime in un’azione creativa sul proprio essere,

ed ogni attività creativa, produttiva, è congiunta a beatitudine.

 

Che l’opera creativa, produttiva, sia congiunta a beatitudine, potete constatarlo osservando una gallina intenta a covare un uovo. Perché compie quest’azione? Perché per essa è fonte di piacere.

• Anche per l’uomo è nel devacian fonte di piacere intessere il frutto della vita trascorsa nel piano di una nuova vita.

 

• Nella catena delle reincarnazioni sono già molte le vite che l’essere umano ha vissuto, eppure alla fine di una vita egli non è mai più lo stesso essere che era al suo inizio. In questa vita, costretto nel corpo fisico, è obbligato a comportarsi in modo del tutto passivo.

Ora, però, che è liberato dal corpo fisico, dal corpo eterico e dal corpo astrale, egli intesse un archetipo nel nucleo del proprio essere eterno, e quest’opera tessitrice è percepita come beatitudine, come un sentimento che non si può confrontare in alcun modo con quella beatitudine che l’uomo può provare nel mondo fisico.

Nel mondo spirituale è beatitudine la sua vita.

 

Non si creda, però, che nel mondo spirituale la vita fisica non abbia importanza.

Con la morte, è solo l’elemento fisico a decadere;

i vincoli d’amore e d’amicizia stretti nella vita da anima ad anima permangono,

e questi legami spirituali intrecciano da anima ad anima collegamenti duraturi, indistruttibili,

che negli archetipi si addensano in effetti cui è propria la facoltà di esplicarsi

nelle successive reincarnazioni sul piano fisico.

 

E così anche riguardo al rapporto che intercorre tra madre e figlio. L’amore che la madre nutre per suo figlio è la risposta all’amore prenatale che il figlio nutre per la madre, e il figlio desidera reincarnarsi proprio perché si sente attratto da quella madre per l’affinità animica che lo lega a lei.

Gli sviluppi che poi avverranno tra madre e figlio nella vita, nell’incarnazione che vivranno insieme, costituiranno nuovi legami che perdureranno. E i legami stretti fra anima e anima sono già intessuti nella vita spirituale che trovate quando dopo la morte entrate nel mondo spirituale.

 

La vita tra la morte e una nuova nascita è tale

da far sì che continuino ad esplicare i loro effetti le azioni compiute nella vita fisica precedente.

• Continuano ad agire persino gli effetti connessi con le attività predilette cui l’uomo si dedicò in vita.

• Ma dopo la morte l’uomo diviene sempre più libero, perché diventa un preparatore del futuro, del proprio futuro.

 

L’uomo fa ancora dell’altro nell’aldilà? Oh, l’uomo è attivissimo nell’aldilà. A questo punto, qualcuno potrebbe domandare: “Perché si reincarna l’essere umano? Perché ritorna sulla Terra, se può essere attivo anche nell’aldilà?” Dunque, le reincarnazioni non avvengono mai inutilmente. L’uomo ha sempre la possibilità di acquisire nuove conoscenze. Le trasformazioni che intervengono nelle condizioni della Terra fanno si che egli venga ad inserirsi sempre in situazioni radicalmente mutate, allo scopo di compiere esperienze utili alla propria ulteriore evoluzione.

 

Il volto della Terra, le regioni, il regno animale, il manto vegetale, tutto si trasforma incessantemente in tempi relativamente brevi. Provate a richiamarvi alla mente le condizioni che esistevano cent’anni fa. Quale differenza rispetto ad oggi! Che oggi qui da noi ogni essere umano impari a leggere e scrivere a sei anni d’età, è un’acquisizione non molto lontana nel tempo. Nell’antichità, ai vertici dello stato c’erano dottissime persone che non sapevano né leggere né scrivere. Dove sono i boschi e le specie animali che cinquecento anni fa popolavano le regioni che oggi sono attraversate dalle ferrovie? Qual era l’assetto territoriale delle località ove oggi sorgono le nostre grandi città? Com’erano mille anni fa?

 

L’uomo si reincarna, entra in una nuova incarnazione solo quando i mutamenti intervenuti nelle condizioni esterne sono tali da consentirgli di apprendere qualcosa di nuovo. Studiando il corso dei secoli, potrete constatare come l’ingegno umano abbia modificato, demolito ed edificato il volto della Terra. Ma vi sono anche molte altre trasformazioni che l’intelligenza umana non può operare. Il manto vegetale e il mondo animale si trasformano sotto i nostri occhi; vediamo alcune specie sparire ed altre subentrare al loro posto. Queste metamorfosi sono operate dall’altro mondo. Camminando su un prato, può certo capitare di assistere alla costruzione di un ponte sul ruscello che lo attraversa, non si può vedere, invece, come sorga il manto vegetale.

Sono i defunti a compiere quest’opera. Sono loro che lavorano alla trasformazione e all’elaborazione del volto della Terra, al fine di crearsi un luogo diverso per una nuova incarnazione.

 

Dopo che per un lunghissimo periodo di tempo l’uomo si è impegnato in tal modo nella preparazione della nuova incarnazione, si avvicina per lui il momento in cui essa deve avvenire.

Che cosa avviene ora? Che cosa fa l’essere umano, quando è in procinto di reincarnarsi?

In questa fase l’uomo si trova nel devacian, dove sente che deve anzitutto aggregarsi un nuovo corpo astrale. E allora la sostanza astrale si proietta, per così dire, da ogni parte verso di lui cristallizzandoglisi attorno, in modo conforme alla sua peculiarità individuale. Se vi raffigurate il modo in cui la limatura di ferro subisce l’attrazione di un magnete e gli si raggruppa ordinatamente attorno, avrete un’immagine del modo in cui la sostanza astrale si dispone attorno all’io che sta reincarnandosi. Necessario è, però, ancora ricercare un’adeguata coppia di genitori.

 

L’uomo viene perciò guidato a questa o quella coppia di genitori, ma non obbedendo solo alla sua forza d’attrazione, perché in questo processo intervengono e sono attive entità d’altezza sublime che ancora oggi, in conformità all’attuale stato evolutivo dell’umanità, assolvono il compito di regolare correttamente e giustamente questi processi secondo il karma. Se, dunque, occasionalmente può apparire che i genitori non si accordino con i figli, non è detto che si sia in presenza di errori o ingiustizie. Forse a volte è bene che, ai fini dell’apprendimento, l’uomo sia inserito in condizioni complicatissime e debba accettare le situazioni più strane.

 

La serie delle incarnazioni, con il loro costante ripetersi, non è però infinita; hanno avuto un inizio e avranno una fine. In un remoto passato, l’uomo non si incarnava ancora, non conosceva né nascita né morte, la sua era una specie di esistenza angelica, non interrotta da mutamenti tanto incisivi del suo stato come sono quelli oggi presenti come nascita e morte. Ma con pari certezza verrà un tempo in cui l’uomo avrà raccolto nei mondi inferiori una somma di esperienze sufficienti all’acquisizione di uno stato di coscienza maturo e illuminato, atto a potere operare nei sublimi mondi superiori, senza essere costretto ad immergersi nuovamente nei mondi inferiori.

 

Vi sono alcune persone che, dopo avere ascoltato le considerazioni qui esposte sulle condizioni relative alle ripetute vite terrene, pensano di dover temere che, per il fatto che la madre viene a sapere che il figlio non è carne della sua carne perché nel bambino sono presenti elementi che non sono di provenienza materna, e dunque estranei, sia pregiudicato l’amore dei genitori per i figli. Ma i vincoli che abbracciano genitori e figli non sono affatto casuali o senza leggi. Non sono vincoli nuovi; erano già presenti in vite precedenti, e anche in quei tempi passati si trattava di rapporti parentali e amichevoli. Questi vincoli d’amore li uniscono costantemente anche nei mondi superiori in eterna realtà, e un giorno tutti gli uomini saranno avvinti in un eterno amore, anche se non scenderanno più nel circolo delle reincarnazioni.