Vita fra morte e rinascita

O.O. 153 – Natura interiore dell’uomo e vita fra morte e nuova nascita – 08.04.1914


 

Imparando a conoscere quel che vive al di là della memoria,

l’indagatore dello spirito può anche imparare a conoscere come l’anima si comporti

quando la corporeità non trattiene più l’attività della parte spirituale-animica,

quando l’uomo muore.

 

Quando l’uomo muore, all’inizio l’anima vive

in ciò che durante la vita non è diventato fisico-corporeo, nel tesoro della memoria.

 

Questi sono i fatti che si presentano all’indagine spirituale.

Nel primo tempo dopo la morte si apre dinanzi all’anima un ampio quadro mnemonico

di tutto quanto l’uomo ha sperimentato tra nascita e morte.

Si presentano anche tutti gli avvenimenti che nella vita vennero dimenticati.

Questa esperienza dura soltanto pochi giorni.

 

L’indagatore dello spirito può vedere la prima esperienza che si presenta dopo la morte perché ha imparato a conoscere la natura della memoria. Poi veramente il contenuto della coscienza dell’indagatore dello spirito diventa come quello del morto che abbia attraversato la porta della morte.

 

Di fronte all’indagatore dello spirito, quando è fuori dal suo corpo,

si presenta appunto questo contenuto di pensiero come un mondo;

come di solito si vedono il Sole, la Luna e le stelle,

come si hanno attorno a sé montagne e boschi, si ha dinanzi come un quadro;

lo si può vedere, e riconoscere la sua forza attiva.

 

Abituandosi a vedere questi fatti veramente al di fuori del corpo,

si arriva anche a poco a poco a scorgere coscientemente ciò che l’anima sperimenta dopo la morte.

Innanzi tutto è un quadro mnemonico, ma poi si dilatano tutti i pensieri che si erano riuniti nella memoria.

Sullo sfondo compare poi un’altra forza animica. Ora essa non è più paralizzata dal corpo.

Dopo alcuni giorni scompare il quadro mnemonico dallo spazio che circonda l’uomo.

 

Come ho già detto all’inizio, si perviene a punti difficili volendo parlare sull’argomento della conferenza di oggi; d’altra parte non si può tralasciare di toccare questi argomenti se ci si vuole addentrare in problemi concreti.

Ho cercato di esporre quel che viene sperimentato subito dopo la morte.

Risulta anche che questo sguardo retrospettivo sulle immagini di pensiero dura in modo diverso per le diverse persone. Si può comunque dire che press’a poco questo periodo dura quanto durante la vita può durare la forza che può tener desta una persona che sia impedita di addormentarsi da una causa qualsiasi. Tale forza interiore, diversa da individuo a individuo che ognuno ha per combattere il sonno, è la misura per il numero di giorni durante i quali dura quel ricordo retrospettivo. Poi interviene dell’altro.

 

È possibile approfondire ciò che ora avviene soltanto se già lo si conosce attraverso le esperienze extracorporee, ed è anche difficile trovare parole adatte per descrivere esperienze dell’anima tanto diverse dalle esperienze sensorie. Il nostro linguaggio è formato per il mondo sensibile. L’anima sperimenta invece in modo del tutto diverso ciò che è al di fuori del mondo sensibile.

Se qualcuno si accinge con le parole del tutto usuali del linguaggio a descrivere qualcosa per cui esso non è stato predisposto, non potrà raccontare in modo immediato, sulla base delle esperienze dell’anima, quel che viene sperimentato con lo sguardo retrospettivo, quel che l’indagatore dello spirito sperimenta al di fuori del corpo.

È proprio ciò che volevo descrivere sia pure con espressioni inadatte: in sostanza non si tratta né di sentire, né di volere, ma di qualcosa che sta in mezzo fra il sentire e il volere.

Vorrei chiamarlo o volere sensibile o sentire volente.

 

Nella vita usuale non si ha questa forza animica.

La si conosce in quanto si è indagatori dello spirito.

 

È come se la volontà si movesse con noi nel mondo,

come se essa portasse sulle sue ali o sui suoi flutti il sentimento che ci viene incontro,

che esiste fuori di noi e che giuoca sulle onde della volontà.

 

Mentre di solito siamo abituati a ricevere nell’anima il nostro sentimento

come qualcosa che è cresciuto con noi, il sentimento che ora abbiamo

viene sentito come qualcosa che ondeggia e fluttua sulle onde della volontà;

noi sappiamo in pari tempo che in tal modo ci dilatiamo nel mondo,

che il sentire volente esistente fuori di noi,

paragonabile a una percezione uditiva del mondo esteriore dei sensi,

è compenetrato dal nostro essere.

 

Nei primi tempi, dopo lo sguardo retrospettivo,

l’uomo lo sperimenta in modo che il suo solo mondo, che ora egli percepisce,

è in sostanza quello dal quale è uscito con la morte.

Dopo che il quadro mnemonico è sbiadito, si rafforza nell’anima il sentire volente.

 

Questo esprime però soltanto cose che ancora sono legate all’ultima vita terrena

e che potrebbero venir caratterizzate dicendo che la vita terrena

non dà mai all’uomo, nelle sue esperienze, ciò che potrebbe dargli.

Noi non abbiamo goduto fra nascita e morte quel che avremmo potuto godere.

Per così dire fra le righe della vita rimane indietro qualcosa

degli impulsi, dei desideri e dell’amore verso il nostro prossimo.

• Ora noi guardiamo indietro spiritualmente con desiderio

a quanto di insoddisfatto vi era nell’ultima vita, e il fenomeno dura diversi anni.

 

In questi anni avviene che abbiamo il nostro mondo soprattutto in ciò che siamo stati.

Guardiamo alla nostra ultima esistenza terrena, e vi vediamo quel che è rimasto incompiuto.

Ci liberiamo dai legami con l’ultima vita terrena

soltanto per il fatto di vivere per degli anni in una sfera

in cui nulla può venir soddisfatto di quanto vien soddisfatto sulla Terra,

perché non abbiamo gli organi per tale soddisfacimento.

 

In merito alla durata di questo periodo si può dire che il tempo che si attraversa nella prima infanzia, fino al momento a cui si può risalire con la memoria, non ha alcuna influenza sulla durata delle esperienze ora descritte. Così non vi ha alcuna influenza il tempo che si vive dopo il venticinquesimo o il ventiseiesimo anno di età.

 

Il periodo dai quattro o cinque anni fino ai venticinque circa

determina la lunghezza del tempo che si impiega

per svincolarsi dalla propria ultima vita terrena, rimanendovi collegati.

 

L’osservazione spirituale stabilisce che tanto lungo fu il tempo impiegato per costruire il proprio corpo con le forze che lo portavano avanti, cioè tanto quanto si impiega per compenetrare la vita con le forze corporee e organicamente fruttuose, press’a poco altrettanto dura il periodo impiegato per sottrarsi all’ultima vita terrena.

Così se un ragazzo muore a dodici anni, egli ne impiegherà circa sette per liberarsi dell’ultima vita terrena. Se un uomo muore invece a cinquant’anni, gli anni dopo i venticinque non contribuiscono più ad allungare il periodo ora indicato.

 

Di questo periodo si può ancora dire che in esso avviene già che l’uomo percepisca attorno a sé processi ed entità spirituali. Quando l’indagatore dello spirito si sperimenta nella sua sfera spirituale-animica, egli è inserito in un vero mondo spirituale. In quel mondo penetra il defunto, ma ora egli è talmente occupato, nel senso che abbiamo prima ricordato, che solo attraverso la sua vita precedente può trovare un nesso con ciò che si trova spiritualmente attorno a lui.

 

Desidero fare un esempio. Qualcuno passa attraverso la porta della morte e si trova nel periodo della liberazione dall’ultima vita terrena. Una persona da lui amata è ancora nel corpo fisico. Chi ora è ancora nella fase delle esperienze dopo la morte ora descritte non può guardare immediatamente nell’anima vivente nel corpo fisico; trova però ugualmente un modo per prendere contatto. Se nell’ultima vita aveva amato l’altra persona, guarda ora a quell’amore, e attraverso di esso può trovare la via verso un’anima che sia ancora sulla Terra. Allo stesso modo si trova anche la via verso un’anima che viva già con noi nel mondo spirituale.

 

Si può così dire che l’uomo vive come anima dopo la morte con le altre anime umane, in un primo tempo però attraverso la propria vita. Sempre più si sviluppa però nell’uomo una forza animica che per altro conosce solo l’indagatore dello spirito, quando egli sperimenti la sua parte spirituale-animica. Neppure per questa nuova forza animica esiste un’espressione adatta. Per la forza di cui si parlava prima si poteva ancora almeno dire «sentire volente», e l’espressione aveva qualche somiglianza con le cose che si muovono fuori di noi in flutti di volontà e di sentimenti.

 

Quel che però ora l’anima sperimenta, la forza che ora si sveglia in lei quanto più si allontana nel modo descritto dall’ultima vita terrena, può solo venir indicata di nuovo con una espressione inadatta: «forza creativa animica, forza creativa». È qualcosa che ora l’anima sperimenta in modo immediato, è la necessità di mettersi in attività. L’anima la sperimenta pienamente dopo la morte, e sperimenta anche che la forza creativa irraggia attorno a lei.

So che è un’espressione inadatta, ma devo usarla: la forza creativa

è come qualcosa di simile a una luce spirituale irraggiante tutt’attorno

che illumina i processi e gli esseri spirituali in modo che li si possa vedere.

 

Come noi vediamo gli oggetti grazie al Sole quando esso sorge la mattina,

così grazie a quella forza interiore illuminante vediamo i processi e gli esseri spirituali.

 

Siamo nel tempo in cui l’anima è veramente in una sfera spirituale nella misura in cui si sveglia in lei la forza creativa per illuminare quell’atmosfera spirituale. In proposito le religioni hanno usato un’espressione non priva di significato; hanno detto che è un sentimento di beatitudine questo sentirsi nella forza creativa, questo inserirsi in un mondo che diviene visibile perché vi si invia la propria luce. In quel mondo perfino i dolori vengono sperimentati come beatitudini. Così l’anima sperimenta ora la sua vita ulteriore.

Ora il problema è che l’anima possa attraversare in stati di coscienza alterni le esperienze che sono state descritte. Giungo senza dubbio in un campo che per il pensare usuale nuota completamente nella fantasia. Mi permetto comunque di raccontare queste cose perché diverranno chiare attraverso l’ulteriore esposizione.

L’anima sperimenta condizioni alterne.

 

Essa non è sempre in condizione di poter irraggiare animicamente la sua spirituale forza illuminante, la sua forza creativa nella sfera circostante, in modo che possano venir da lei sperimentate le entità spirituali che le sono attorno, in modo che essa possa vivere nel mondo spirituale esteriore; tale condizione deve alternarsi con un’altra in cui l’anima sente smorzarsi l’irraggiare della forza illuminante.

L’anima diviene interiormente apatica, non può più irradiare la sua luce, deve concentrare in sé tutto il suo essere. Viene il momento in cui, fra morte e rinascita, l’anima vive una vita completamente solitaria.

 

Volendola paragonare con la vita usuale,

si può dire che come nella vita usuale si alternano sonno e veglia, così dopo la morte si alternano

una vita che si riversa nel mondo esterno e una vita di solitudine interiore

nella quale viene assorbito tutto ciò che era stato sperimentato in precedenza nello stato di espansione,

ma in cui l’anima sa di essere ora solitaria.

 

L’anima non è priva di coscienza; essa sperimenta anzi una coscienza accresciuta,

e sa che là fuori vi è il mondo spirituale mentre essa è sola,

che tutto quanto sperimenta viene sperimentato in se stessa,

che tali esperienze sono solo i riflessi delle esperienze esteriori,

e che solo così può di nuovo rafforzarsi l’interiore forza illuminante.

Poi ci si risveglia nuovamente e si sperimenta ancora l’altra condizione.

 

Fa parte delle più straordinarie esperienze l’imparare veramente a dare un significato al fatto che nel tempo fra morte e rinascita la vita dell’anima deve alternarsi fra gli stati di esperienze esteriori e di solitudine, e che questo ha per l’anima un significato simile all’alternarsi di sonno e veglia nel mondo fisico. L’ho illustrato più diffusamente nel mio saggio La soglia del mondo spirituale.

 

Continuando a vivere fra morte e rinascita l’anima a poco a poco sperimenta un attutirsi, uno smorzarsi della sua forza illuminante. Si potrebbe dire che le esperienze della solitudine interiore diventano sempre più forti. Diventano tali che l’uomo sperimenta interiormente un intero cosmo. Viene come sopraffatto dal sentimento della paura quando scopre tutto quel che è nell’anima e che ora ne esce nel periodo fra morte e rinascita.

 

Giunge poi il tempo, che ho cercato di rappresentare nel mio quarto mistero drammatico II risveglio delle anime, in cui l’uomo può avere ancora solo esperienze interiori, in cui le notti della solitudine diventano sempre più lunghe, in cui egli non può più risvegliarsi e non può più irradiare la sua forza illuminante, il tempo che mi sono permesso di chiamare la mezzanotte dell’esistenza spirituale fra morte e rinascita.

È il tempo in cui l’uomo sperimenta come suo mondo tutto quanto vi è nelle profondità dell’anima, in cui egli sa soltanto che al di là dei limiti della sua anima vi sono i mondi spirituali nei quali vivono tutti gli esseri spirituali, nei quali vi sono tutte le anime disincarnate e incarnate. Però lo si sa solo avendo in sé i riflessi ricordati prima.

 

Comincia ora qualcosa che di nuovo non è possibile esprimere con le parole usuali.

Per esempio il linguaggio corrente ha la parola «nostalgia» per quanto vi è di più passivo nell’anima. Desideriamo qualcosa, aspiriamo a qualcosa che non abbiamo, ma la nostalgia non può procurarcelo. Possiamo comportarci solo passivamente. Questa forza animica acquista ora un altro carattere.

Si forma la nostalgia di vivere ancora

nel mondo dal quale si è stati strappati per essere in solitudine.

 

Ora la nostalgia è però attiva, si organizza nelle sue forze,

diventa una nuova forza di percezione dell’anima, qualcosa di reale.

• Essa fa nascere una nuova forza, una forza animica che può percepire un mondo esteriore,

un mondo che è in pari tempo esteriore e interiore.

• Lo percepiamo al di fuori del nostro essere, e in pari tempo

come il mondo della nostra precedente incarnazione terrena

che ora diviene appunto il nostro mondo esteriore.

 

Guardiamo a tutto ciò che in noi è rimasto incompiuto,

e in noi balugina l’aspirazione di creare nella prossima vita terrena un pareggio

per quanto di male si è fatto nella vita terrena precedente, di crearne il pareggio in una nuova vita.

• È il tempo in cui ogni uomo può guardare indietro a precedenti vite terrene;

è il tempo in cui di fronte allo sguardo spirituale di ognuno stanno le azioni delle sue vite precedenti.

• Si sveglia in lui la tendenza a creare in una nuova vita terrena un pareggio tale

che le esperienze in una nuova vita compensino e risanino ciò che si è mancato di fare in vite terrene precedenti.

 

Ho già conosciuto persone che non possono accettare la scienza dello spirito perché, come dicono, ne hanno abbastanza di una sola vita. Conobbi un tale che trovava la reincarnazione qualcosa di sensato, però poi mi scrisse di non volerne sapere più nulla. Il problema non è guardare indietro a vite precedenti, ma piuttosto che ogni anima guardi si indietro e in pari tempo faccia sua la tendenza a sperimentare una nuova vita terrena a pareggio. Si sperimenta ancora che vi sono persone verso le quali si è debitori di qualcosa o che ci devono qualcosa; questo si aggiunge davanti all’anima come un completamento, e compare la tendenza a rivivere nella vita terrena con quelle persone.

 

Vengono così prodotte delle forze che tendono alla Terra.

Forze uguali vengono risvegliate nelle diverse persone, e si arriva così al reincontro di uomini

per pareggiare ciò di cui essi sono diventati vicendevolmente debitori in vite terrene precedenti.

In seguito si continua a sperimentare la vita spirituale fra morte e rinascita.

Sempre più si forma la tendenza verso una nuova vita terrena.

 

Le tendenze diventano viventi, e da quel che ha così sperimentato, l’uomo si crea l’archetipo, l’archetipo spirituale della nuova vita terrena. Mentre il tempo continua a scorrere, l’uomo si crea da se stesso ciò che lo unisce alla sostanza materiale di padre e madre, al fine di entrare in una nuova vita terrena. A seconda di come possano essere tali sostanze si viene attratti verso i parenti. Si può quindi dire che l’affinità elettiva fra le caratteristiche ereditate e l’archetipo decide verso quale coppia di genitori ci si senta attratti, in quale vita si finisca per trovarsi. Così l’uomo ritorna alla Terra e si unisce di nuovo con un corpo fisico, terreno.

 

L’indagine spirituale può così vedere quel che nel bambino si va formando in modo tanto misterioso, mentre dall’interno si manifesta a poco a poco la sua espressiva fisionomia, mentre i movimenti maldestri diventano abili e sicuri, mentre il corpo viene modellandosi. L’indagatore dello spirito vede ciò che è passato attraverso la vita fra morte e rinascita collegandosi sempre più con il corpo. Questo vede l’indagatore dello spirito.

 

Egli vede anche perché non possano conservarsi i ricordi di queste esperienze:

le forze che potrebbero divenire forze della memoria vengono invece usate per organizzare il corpo.

Il bambino avrebbe le forze per ricordarsi della vita precedente, ma esse vengono trasformate.

Come la forza che sviluppo premendo sulla tavola quando vi passo sopra con il dito si trasforma in calore,

così la forza della memoria si muta in forza organica.

 

• Ciò che struttura l’organismo infantile e rende plastico il cervello

in modo che il bambino, più tardi, possa pensare e sviluppare forze di memoria nel corpo fisico

è la forza della visione retrospettiva che in tale forma scompare per poter organizzare il corpo, fluendo in esso.

• Comprendiamo quindi la vita in cui ora ci troviamo comprendendo la vita che vi era prima dell’ultima nascita.

La vita attuale ha acquisito le sue forze tra l’ultima morte e la rinascita.

• Le forze che ora compaiono spiritualmente

sono le forze di memoria che si sono trasformate, che hanno organizzato il corpo.

 

Alcuni animali inferiori muoiono immediatamente appena divengono maturi per far sorgere un’altra vita. Le forze che l’uomo deve sviluppare per avere dei discendenti fisici devono essere terminate con la maturità sessuale; ora posso solo accennarvi. La scienza arriverà un giorno a stabilire come le forze insite nell’ereditarietà subiscano una specie di esaurimento. In proposito la scienza ufficiale e la scienza dello spirito potranno giungere unite a importanti chiarimenti.

 

In questi fenomeni agiscono forze spirituali,

e sono esse appunto ad agire in modo da compenetrare il corpo fisico.

Il corpo fisico è il riflesso della sfera spirituale,

e in sostanza sono processi di distruzione che portano a quel riflettersi.

Quando formiamo una rappresentazione mnemonica,

quando nell’occhio vediamo dei colori, abbiamo sempre dei processi distruttivi.

 

Nel sonno avviene invece la ricostruzione.

Viviamo così compenetrando e rafforzando il nostro corpo con le forze che ci procuriamo fuori dal corpo. Possiamo anzi capire la vita soltanto se consideriamo l’elemento spirituale-animico attivo in essa. La scienza dello spirito non prende la via comoda parlando nello stesso senso della morte di piante e animali e della morte dell’uomo; quel che ho detto vale infatti solo per l’uomo.

In questo modo l’indagine spirituale allarga l’orizzonte per quanto vi è fra nascita e morte.