Volontà, sentimento e pensare, le tre forze fondamentali dell’anima umana e la loro connessione con le forze macrocosmiche del pensare, sentire e volere universali

O.O. 119 – Macrocosmo e microcosmo – 23.03.1910


 

Vi sono in noi forze superiori rispetto a quelle che usiamo con la nostra vita cosciente.

Queste forze superiori entrano in attività durante la vita di sonno, quando noi siamo in uno stato incosciente.

• In questa vita di sonno, delle esperienze vengono trasformate in capacità e l’anima viene resa sempre più matura.

 

Così un essere più profondo lavora in noi per favorire la nostra evoluzione e accoglie, quando ci addormentiamo, le esperienze del giorno e le rielabora così che esse siano per noi disponibili come capacità in un periodo successivo della vita.

 

A partire dal sonno, però, noi ricaviamo assai più

di quello che abbiamo inizialmente portato entro lo stesso solo con le nostre esperienze coscienti.

Durante il giorno, dal mattino fino alla sera, consumiamo delle forze,

partecipando a eventi che accadono intorno a noi.

La sera avvertiamo queste forze consumate per via della fatica.

E ciò che durante il giorno logoriamo in fatto di forze,

di notte viene di nuovo ricaricato nella vita di sonno.

 

Lo avvertiamo al mattino.

Altre forze ci affluiscono dalla vita di sonno in sostituzione di quelle che abbiamo consumato durante il lavoro diurno.

Quindi affluiscono in noi, a partire dalla nostra vita di sonno,

tutta una somma di forze di cui abbiam bisogno per la nostra vita giornaliera.

 

Così ci sviluppiamo di gradino in gradino, ma sappiamo pure che questa evoluzione ha un limite ben determinato. Al mattino, ad ogni risveglio, ritroviamo gli stessi corpi fisico ed eterico o vitale e sappiamo che, in fondo, siamo anche poco in grado di trasformarli con le nostre proprie forze, con le nostre proprie acquisizioni, e di plasmarli a forme superiori.

 

Chi conosce un po’ la vita sa di certo che vi è fino a un certo grado la possibilità di trasformarsi anche fin dentro il proprio corpo fisico. Se osserviamo un uomo che ha passato dieci anni dedicandosi ad acquisire esperienze conoscitive più profonde, quelle esperienze di conoscenza che non rimangono teorie esteriori, bensì afferrano tutta la vita dell’anima e rendono l’uomo, per così dire, qualcosa di diverso, allora, se dopo dieci anni paragoniamo il suo aspetto con quello precedente, possiamo formarci una rappresentazione di come le conoscenze conseguite abbiano lavorato in lui nei tratti del suo volto e come questi siano diventati diversi.

 

Qui vediamo come ciò che si sviluppa nell’anima configuri plasticamente anche la corporeità esteriore. Ma scorgiamo pure come ciò sia propriamente limitato, e dev’essere così, poiché noi ogni mattina ritroviamo essenzialmente i nostri corpi fisico ed eterico nella stessa forma e con le stesse predisposizioni che abbiamo ricevuto alla nascita. Possiamo modificare poco di quelle attitudini.

 

Mentre possiamo, in modo proporzionale, sviluppare molto

riguardo alla nostra anima, alla forza intellettuale, a quella spirituale,

ed anche riguardo alla forza di volontà della nostra interiorità,

possiamo invece influire ben poco sulla trasformazione dei nostri involucri esteriori,

dei nostri corpi fisico ed eterico nella vita tra la nascita e la morte.

Tuttavia, durante tutta la vita tra la nascita e la morte, devono essere attive delle forze interiori,

e tali forze vanno continuamente alimentate perché la vita continui.

 

Al momento della morte vediamo ciò che avviene del corpo fisico dell’uomo, quando non vi lavora di continuo il corpo eterico o vitale. Le vere forze fisiche, quelle fisiche e chimiche del corpo fisico, si fanno valere dopo la morte. Allora operano la decomposizione e il dissolversi del corpo fisico. Che quanto in genere insorge al momento della morte col corpo fisico non possa aver luogo tra la nascita e la morte, è dovuto al corpo eterico o vitale con le sue forze interiori.

 

Questo nel periodo tra la nascita e la morte è un fedele lottatore contro il disfacimento del corpo fisico. In ogni momento il nostro corpo fisico sarebbe pronto a disgregarsi, se non gli fossero alimentate nuove forze a partire dal corpo eterico o vitale. Ma anche questo corpo eterico riceve quanto gli è necessario da forze interiori ancor più profonde, da ciò che chiamiamo corpo astrale, il portatore di piacere e dispiacere, gioia e dolore e così via, in modo che sempre il corpo interiore corrispondente dirige l’attività e lavora al correlativo corpo esteriore.

 

• Quindi, quello che è a noi visibile esteriormente viene mantenuto di continuo dalle forze interiori. Se l’essere umano, al risveglio, potesse immergersi coscientemente nella sua corporeità vedrebbe proprio come il corpo astrale lavori al corpo eterico o vitale e come il corpo eterico lavori al corpo fisico; ma ciò gli si sottrae per il fatto che, durante questo discendere entro i suoi corpi, il suo sguardo viene distolto dalle cose e dagli avvenimenti esteriori.

 

L’uomo, però, attraverso lo sviluppo graduale della sua anima e la possibilità di sperimentare coscientemente il momento del risveglio, quindi l’entrata nella sua corporeità, acquisisce, in certo modo, conoscenza di ciò che opera e vive lì, nella sua interiorità, di quanto lì crea e plasma. Noi parteciperemo all’interiore meccanismo della nostra propria umanità, se saremo capaci di immergerci – e questa parola sia intesa nel senso migliore – misticamente nella nostra propria interiorità. In tal caso, che cosa dobbiamo raggiungere – in che modo lo raggiungiamo ne parleremo – se vogliamo discendere in modo cosciente nella nostra propria interiorità?

 

Poiché dobbiamo proprio far in modo che al risveglio le impressioni esterne non disturbino.

Dobbiamo prepararci così da esser in grado di risvegliarci senza che le impressioni visive, le impressioni uditive e via dicendo, si accostino subito alla nostra anima. Dobbiamo metterci nella possibilità, a partire da un altro stato di coscienza com’è dato nel sonno, di familiarizzarci con l’esistenza cosmica, così da fermare tutte le impressioni esteriori. Se vi riusciamo, arriviamo dinanzi al piccolo Guardiano della soglia.

Per come si presenta, ne parleremo subito dopo.

 

Supponiamo, per il momento, di essergli passati davanti, di aver varcato la soglia che porta nel nostro proprio interno. Qui veniamo a conoscere, come veri e propri mistici, qualcosa di cui prima, però, non potevamo farci alcuna idea. Le descrizioni esteriori che, nella maggior parte dei manuali di teosofia, vengono date del corpo astrale, del corpo eterico o vitale e del corpo fisico, quando questi vengono visti dall’interno, non sono molto di più che descrizioni del tutto approssimative che possono sì indicare quello di cui si tratta, ma una vera conoscenza di quello in cui ci immergiamo al risveglio è possibile solo se, con pazienza per molto tempo, ci si avvicina dai più diversi lati alle grandi verità dell’esistenza. E così oggi vogliamo tentare di penetrare da un lato ben preciso in questi misteri.

 

Quando l’uomo, dunque, non ha bisogno innanzitutto di vedere ciò che può agire su di lui dall’esterno, allora impara a conoscere in maniera, diciamo, sentimentale ciò che abitualmente si chiama anima e che è ancora qualcosa di molto diverso da ciò che ordinariamente ci rappresentiamo. Egli conosce che quest’anima umana, pur essendo in realtà piccola, è però paragonabile a qualcosa di grande, e che le singole facoltà che essa possiede e all’interno delle quali si può sviluppare, sono modeste rispetto alle facoltà di quel grande elemento a cui l’anima può sentirsi affine.

 

E si impara a riconoscere, quando ci si immerge nel corpo fisico e in quello eterico, che si è davvero usciti da una realtà, col risveglio, e che, dall’addormentarsi fino al destarsi, si era in un mondo diverso, in un mondo in cui vi è essenzialità simile alla nostra stessa anima, ma con tutto molto più grande, molto più possente in fatto di qualità e capacità rispetto ad essa. Così quest’anima umana si sente assai piccola al momento del risveglio, quando è passata davanti al piccolo Guardiano della soglia.

 

Lì essa può dirsi: «Sì, io sono veramente piccola, poiché ora, in questo momento del risveglio, non avrei nulla in me di quello che potrei dare a me stessa, se non fossi uscita e non fossi stata riversata nel grande e possente mondo che ha facoltà analoghe alle mie, solo intensificate all’infinito, e se queste non avessero fatto affluire in me quello di cui ho bisogno; oh, agirei in modo alquanto sgomento, se dovessi a questo punto affrontare la mia propria interiorità!».

 

Ora l’anima si rende conto che ha bisogno di quanto è affluito in lei durante tutta la notte;

essa si accorge che si è riversato in lei ciò che ha analogia con le sue tre forze fondamentali.

E quali sono queste tre forze?

• La prima è quella che si chiama volontà;

tutto quello che è volitivo è una forza animica fondamentale che ci spinge a volere questo o quello nella vita.

• La seconda forza animica basilare è il sentimento,

quella forza che riesce a far sì che la nostra anima sia attratta da una cosa e respinta da un’altra,

senta gioia per l’una e dolore per l’altra.

• E la terza forza è il pensare, la possibilità di giungere a delle rappresentazioni sopra le cose.

 

Queste sono le tre forze fondamentali dell’anima umana. E sappiamo anche che tali forze sono l’effettivo valore, quello che possiamo perfezionare nella vita fra la nascita e la morte.

 

• Se sviluppiamo sempre più la nostra volontà e la rendiamo sempre più forte,

allora diventiamo uomini in grado di intervenire con efficacia nella vita.

• Se educhiamo sempre più i nostri sentimenti,

diventiamo uomini in grado di soppesare con sempre più sicurezza ciò che nel mondo è giusto o sbagliato,

sentendo con piacere quanto è corretto e giusto, ma con dolore ciò che è erroneo e ingiusto.

• E se perfezioniamo il nostro pensare,

diventiamo sempre più capaci di sviluppare ciò che chiamiamo una saggia comprensione del mondo,

per cui ci adattiamo con saggezza ai fenomeni del mondo.

 

Per tutta la vita tra la nascita e la morte 

lavoriamo a queste tre forze animiche fondamentali.

 

Se però noi, al mattino, ci svegliamo in quella condizione che è stata descritta, dove siamo passati davanti al Guardiano della soglia, allora notiamo che tutto ciò che nella nostra vita possiamo elaborare in noi in fatto di volontà, di sentimento e di pensare, è una piccolezza in confronto alla forza dei pensieri, alla forza del sentire e a quella del volere che sono dispiegate nel mondo spirituale, da cui veniamo fuori al mattino, al momento del risveglio; e ci accorgiamo di aver bisogno di quanto abbiamo assorbito nella notte, poiché non arriveremmo lontani, se sviluppassimo soltanto ciò che di pensieri, di sentimenti e di volontà possiamo svolgere attraverso la vita diurna.

 

Quindi, come un dono dal mondo spirituale, dalle forze superiori del pensare universale, del sentire universale e del volere universale, ci deve affluire, per tutta la notte, quello che discende con noi nella nostra propria interiorità. Se ci siamo innanzitutto resi conto di aver assorbito, nella nostra anima, volere cosmico, sentire cosmico e pensare cosmico, riconosciamo che queste tre forze fondamentali non sono quanto abbiamo acquisito dalla vita per noi stessi riguardo a pensare, sentire e volere, ma qualcosa che ci fluisce dall’addormentarci fino al risveglio senza il nostro intervento.

 

Mentre con la nostra anima che si è completamente impregnata di quelle qualità ci immergiamo nella nostra propria corporeità, notiamo che queste forze basilari si trasformano e assumono un altro aspetto. Ci accorgiamo cioè che quanto conosciamo, in una debole rappresentazione, come volontà della nostra anima, ma portiamo con noi da una misura infinitamente assai più grande di volontà cosmica, nell’affluire si trasforma in qualcosa che ci rende capaci di essere degli esseri dotati di movimento che, a partire dalla loro interiorità, hanno la capacità di muovere gli arti nel piccolo come nel grande. Si riversano in noi la possibilità e la capacità che vediamo emergere esteriormente quando guardiamo un uomo che esegua il lavoro del giorno con i suoi movimenti.

 

Ciò che vi fluisce in noi, quanto noi attingiamo dalla volontà cosmica diviene visibile esteriormente nel movimento dei nostri arti, in tutta la nostra mobilità. Ciò che è volontà cosmica si manifesta in noi come forza, come interiore forza che ci pervade.

 

Noi ora vediamo come, in effetti, la forza che ci compenetra, che generalmente avvertiamo soltanto animicamente,

ci affluisca a partire dalla volontà cosmica.

• Diviene per noi una verità che scorra volontà attraverso l’universo, che la volontà del cosmo ci pervada

e che solo grazie a questa siamo uomini in movimento,

uomini che possono muovere i loro arti, uomini che hanno attività autonoma;

e che essa ci affluisca al mattino dopo averla assorbita nella nostra anima nello stato di sonno.

 

Noi, durante il giorno, consumiamo questa volontà cosmica che si riversa in noi al mattino.

Nella vita normale di tutti i giorni non sentiamo questo riversarsi.

Ma quando siamo passati davanti al Guardiano della soglia,

sentiamo operare continuamente in noi stessi tutto il volere del macrocosmo,

poiché ci sentiamo cresciuti con la volontà universale in modo unitario.

È un sentimento infinitamente importante che, a quel punto, proviamo.

In quel momento ci sentiamo come collegati, come inseriti nell’intera volontà dell’universo.

 

Ciò che, invece, nella vita animica abituale conosciamo come la forza del sentire

è stato da noi attinto, per così dire, da un serbatoio infinito di sentire cosmico; esso affluisce in noi.

E si trasforma in modo tale che per chi è sviluppato fino ad un certo grado

diviene interiormente visibile come se, con tale sentimento universale,

lo attraversasse qualcosa che, volendolo paragonare con qualcosa nella vita, si può soltanto paragonare alla luce.

 

Come se venissimo interiormente pervasi di luce; è così quando si guarda su quanto si riversa in noi come effetto del sentimento universale ricevuto nel sonno. Questo sentimento cosmico affluente diventa luce in noi, luce interiore; esternamente non è visibile, ma l’uomo divenuto chiaroveggente, quando è passato davanti al piccolo Guardiano della soglia, vede che, effettivamente, la luce di cui ha bisogno per la sua vita interiore non è altro che un risultato di quello che ha assorbito di notte come sentimento universale.

 

Quindi vediamo già come l’uomo, quando è dedito alla sua propria interiorità, provi qualcosa del tutto nuovo riguardo alla sua anima. Egli sperimenta quanto gli affluisce dal macrocosmo e ciò che ne diviene nella sua interiorità. E si ha veramente ed essenzialmente davanti a sé quello che è il corpo astrale, quando si sentono fluire in sé le forze e le capacità del sentire delle entità del cosmo esteriore.

 

Ciò che costituisce la forza del pensare si presenta poi

in modo da operare in noi quale coordinatore, quale regolatore

tra quanto ci affluisce come forza del movimento e ciò che ci si riversa come luce interiore.

• Fra queste due forze deve venir creato una sorta di equilibrio così che non sorge mai un rapporto scorretto

tra quanto emerge come sentimento interiore e ciò che risulta come impulso dell’attività.

Se non fosse creato il giusto rapporto tra luce interiore e impulso all’attività,

la corporeità umana non sarebbe mantenuta in modo corretto a partire dall’interno.

 

Se l’una o l’altra fosse presente in sovrabbondanza, l’uomo soccomberebbe.

• Soltanto nel giusto equilibrio l’uomo può sviluppare le sue proprie forze,

in modo che esse siano utili in modo corretto alla sua esistenza esteriore.

• Vediamo dunque queste tre forze lavorare all’essere umano nello stato di sonno e continuare ad operare in noi

tanto da spronare il nostro uomo esteriore dal mattino fino alla sera,

così che egli possa portare a compimento quanto deve.

 

Se prendiamo in considerazione questo fatto, possiamo dirci

che la nostra anima, in effetti, è ben piccola in confronto a quanto c’è nel grande mondo,

in cui eravamo riversati durante lo stato di sonno, tuttavia vi è affine.

• Come nella nostra anima si sviluppano, a poco a poco, a un livello sempre superiore pensare, sentire e volere,

così è riversato fuori nel mondo invisibile, soprasensibile,

ciò che è sentire cosmico, pensare cosmico e volere cosmico.

• E si fa ancora un’altra esperienza che scaturisce quale esperienza diretta.

 

Sebbene quest’anima oggi sia piccola rispetto alla grande anima universale, tuttavia è avviata a divenire come quella. La sua capacità di pensare, la sua attitudine a volere e la sua facoltà di sentire sono oggi ancora piccole, ma sono sulla via di diventare come quel grande sentire universale, pensare universale e volere universale. Questa è un’esperienza che si vive.

 

L’altra è che si sa con precisione che quanto vi appare come un macrocosmo molto possente, come sentire, pensare e volere universali, è stato una volta come la nostra anima; da simili stati piccoli iniziali si è dovuto evolvere a quella immensa grandezza.

 

Quando si hanno questi due sentimenti,

qualcosa si depone come un frutto sull’anima del mistico, che consiste nel dirsi:

• «Come sarebbe andato, se quegli esseri che hanno creato ciò che oggi è dispiegato nell’universo e ci danno quanto abbiamo bisogno per la nostra vita, non avessero fatto nulla per la loro evoluzione? In una sconfinata lontananza del passato erano altrettanto deboli come noi in quanto a forze del sentire, del pensare e del volere. Un tempo erano deboli come la nostra anima, e oggi essi sono talmente forti da non essere più destinati a ricevere, ma da avere soltanto il compito di dare.

 

Che ne sarebbe stato di noi, se essi non si fossero ulteriormente evoluti?

Da noi stessi non avrebbe potuto saltar fuori nulla! Noi non potremmo esserci!».

 

Questo è il vivace sentimento che si posa sulla nostra anima, un sentimento di gratitudine infinita. Se sappiamo apprezzare il valore della nostra esistenza, ci pervade un sentimento di infinita riconoscenza. Tale sentimento è una realtà per ogni vero e autentico mistico, non è per niente qualcosa che si può anche solo paragonare a quanto l’essere umano ha nella vita ordinaria come senso di gratitudine. È un sentimento che sorge nella nostra interiorità, come inebriante e pervaso di beatitudine, e che ci deve essere, poiché appartiene alle più importanti esperienze del mistico.

 

Quello che oggi il mondo esteriore chiama mistica, abitualmente non sono nient’altro che parole. Il vero e autentico mistico conosce questo sentimento di gratitudine con cui egli guarda al grande mondo e si dice: «Che cosa saresti tu, se quegli esseri che ti precedevano non avessero fatto di tutto per innalzarsi a quell’altezza che rende loro possibile di donarti, ogni notte, quanto hai bisogno e di farlo affluire nella tua corporeità?». Chi non ha mai sentito nel più profondo del cuore questo sentimento di riconoscenza verso il macrocosmo, non è un vero mistico.

 

E a questo sentimento se ne allaccia un altro, un sentimento che è da caratterizzare con le seguenti parole:

• «Se oggi siamo all’inizio, come una volta lo furono quegli esseri, non dobbiamo, a questo punto, lavorare a noi stessi per raggiungere la nostra meta nell’esistenza universale?

 

Non dobbiamo fare di tutto per uscire dal nostro piccolo pensare, sentire e volere, affinché un giorno avremo non solo bisogno di prendere, ma anche possibilità di dare, e per poter far riversare ed effondere qualcosa in modo simile a come si riversa qualcosa in noi, quando nello stato di sonno siamo abbandonati al macrocosmo?».

 

Questo sentimento si risolve in un gigantesco impegno per lo sviluppo della nostra anima.

Noi ci diciamo poi da veri ed autentici mistici:

• «Tu trascuri il tuo dovere se non fai di tutto per evolvere le forze della tua anima, che ancora oggi sono presenti in minima misura, fino a quell’altezza che esse possono raggiungere e di cui hai un esempio quando guardi in alto verso il macrocosmo da cui tu suggi le tue forze. Se non ti evolvi, ti irriti e opponi resistenza alla tua propria evoluzione; contribuirai a far sì che un giorno degli esseri non si potranno evolvere allo stesso modo come tu ora lo puoi fare. Allora contribuirai alla loro distruzione, invece che al progresso, al rinnovamento e alla creazione del mondo».

 

Questo è l’altro sentimento che sorge per il mistico, e noi vediamo che si modifica, in modo singolare, quanto in genere si sperimenta nell’anima, la somma di brame, istinti, passioni e così via. Quel che noi conosciamo di solito come senso di gratitudine diventa un immenso sentimento di riconoscenza nei confronti del macrocosmo e ciò che nella vita sentiamo come dovere cresce a enorme impegno verso la propria evoluzione cosciente.

 

Questi sono i due sentimenti e impulsi che pervadono la nostra anima quando passiamo davanti al Guardiano della soglia. E tali sentimenti costituiscono ciò che ci rende possibile di riconoscere veramente nella sua essenza il corpo astrale dell’essere umano.

 

Quando questi sentimenti vivono in un uomo così come sono stati descritti, ed egli si dedica loro sempre di più, dandosi al sentimento di gratitudine nei confronti del macrocosmo e ai sentimenti del dovere nei confronti del divenire del mondo, quando egli ne lascia pervadere e pulsare completamente la sua anima, allora gli si apre l’occhio veggente; via via ha davanti il proprio corpo astrale, il più intimo involucro di cui è circondato e che non vede nella coscienza ordinaria, ma che può percepire se ha la pazienza di lasciare agire tali sentimenti abbastanza a lungo sulla sua anima.

 

Allora ci sta davanti la vera figura della nostra vita astrale, quel corpo che è generato a partire dal macrocosmo. Tuttavia, se vogliamo vedere questo corpo astrale e sentire, in forza sufficiente, come una verità che lo spirito sta a fondamento di tutto il sensibile, dobbiamo passare proprio davanti al Guardiano della soglia.

 

Dobbiamo anche considerare il rovescio di ciò che appunto è stato descritto come lato positivo. Abbiamo visto che tutto quello che è volontà cosmica ci pervade di forza volta all’attività, tutto quello che è sentire cosmico ci inonda di luce e tutto quello che è pensare cosmico ci affluisce come forza coordinatrice. Sono gli elementi di cui abbiam bisogno, senza i quali non possiamo vivere e, se non ci fossero forniti, non potremmo esistere come uomini.

 

Paragoniamo ora ciò che lavora in noi con quanto è proprio già nostro. A questo punto, ci si presenta molto chiaramente ciò che fino ad ora l’anima ha elaborato in quanto a forze del pensare, forze del sentire e forze del volere. Soprattutto, ci si manifesta quanto abbiamo omesso di acquisire riguardo alla forza della volontà, all’intelligenza del pensare e alla forza del giusto e adeguato sentire.

 

Ci si mostra che tutto ciò che abbiamo svolto per acquisire intelligenza

si può unire con quanto ci inonda di luce dal sentire cosmico

e che tutto ciò che invece abbiamo tralasciato nello sviluppo di essa si presenta come un ostacolo.

• Ci affluisce minor quantità dalla luce del sentire universale, quando noi stessi

abbiamo trascurato di lavorare all’evoluzione della nostra intelligenza, della nostra propria forza del pensare.

• Se vogliamo progredire nell’esistenza del mondo, il nostro pensare

deve stare in giusto rapporto a ciò che assorbiamo in noi dal sentire universale.

 

Chi volesse soltanto mettere insieme queste cose, potrebbe facilmente essere tentato di credere che quanto noi acquisiamo di intelligenza umana partendo dalle forze del pensare vada assommato e unito a ciò che ci affluisce dal pensare universale. Ma sarebbe una combinazione esteriore, una mera teoria e non corrisponderebbe alla realtà.

• In verità si assommano pensare umano e sentire cosmico.

 

Viene fatto spesso l’errore di combinare qualcosa di sbagliato dagli accenni dati, ad esempio uguale con uguale o simile con simile. Ma le cose non stanno così da cavarsela col pensare umano combinatorio.

 

Dunque, sentire cosmico come lo assorbiamo nel sonno si assomma con intelligenza umana.

Quanto più si ha intelligenza, tanto più essa illumina ciò che ci dà il sentire universale come luce interiore.

• Ma in questa luce, in questo sentire cosmico vediamo, in certo qual modo,

riversarsi dell’oscurità, delle tenebre che si oppongono, allorché

tralasciamo di fare qualcosa per lo sviluppo del nostro pensare, della nostra intelligenza.

 

Tutti i peccati di omissione che l’uomo compie per essere troppo pigro a sviluppare le forze del pensare

si pagano col fatto che egli toglie qualcosa alla sua luce interiore e da sé vi aggiunge delle tenebre, dell’oscurità.

Vediamo così lo spirito tessere alla nostra propria interiorità.

 

Ora, qualcuno potrebbe dire:

• «Questo per me è veramente qualcosa di molto sgradevole, se devo pensare che vi è nel mondo una strana corrente come quella scientifico-spirituale che incomincia ora a richiamare l’attenzione degli uomini su tali fatti. Gli uomini finora non hanno anche vissuto, e vissuto molto felicemente con il fatto che essi si sono, per così dire, rinchiusi nei due limiti e sono graziosamente rimasti nel margine di vita che si estende tra il piccolo e il grande Guardiano della soglia? Al loro sostentamento vi hanno provveduto le potenze spirituali, di cui essi finora non si sono fatti alcuna rappresentazione; non potrebbe andar avanti così?».

 

Anche se gli uomini di oggi non si esprimono così, tuttavia pensano:

• «Che cosa ce ne frega oggi di questa corrente cosmica! Preferiamo attenerci alla vita com’è trascorsa finora. Poiché alla fin fine si sarebbe invitati addirittura ad accorgersi di quanto luce e tenebre si frammischino in noi stessi. Fino ad oggi si sono occupate le potenze spirituali del fatto che la storia non rientrasse nel disordine; ora potremmo noi stessi venir a sapere qualcosa in merito, ma potremmo mettere in disordine la storia. Preferiamo evitarlo!».

 

Qualcuno potrebbe arrivare a questa disposizione d’animo, ed oggi sono ancora molti con tale atteggiamento, tanto da dirsi:

• «Vogliamo mangiare e bere che sviluppano forza necessaria all’esterno, ma non vogliamo andare oltre; lasciamo fare agli dèi che se ne sono occupati finora!».

 

In fondo, non sarebbe un’obiezione insensata, poiché finora, effettivamente, gli uomini, fino al loro stadio evolutivo attuale, hanno potuto assorbire sufficienti forze dal sonno; c’erano le forze del macrocosmo di cui l’anima si riempiva ed essa veniva nutrita con quanto quelle elevate entità spirituali avevano accumulato. Finora è stato così.

Ma non possiamo attenerci a delle astrazioni, bensì, proprio in questo campo, dobbiamo attenerci alla realtà. E questa realtà appare in modo tale che anche le condizioni spirituali fondamentali della nostra vita universale cambiano di epoca in epoca.

 

Quelle potenze cosmiche a cui siamo abbandonati ogni notte, fin dall’inizio,

poiché vi era un essere umano che si evolveva, hanno fatto assegnamento su questo essere umano;

si aspettavano che anche a partire dagli uomini dovesse affluire della luce verso l’alto.

• Esse non hanno una riserva inesauribile di luce, ma una che diminuisce gradualmente,

che sprigionerebbe forze sempre più esigue

se non scorresse, verso il sentire universale e la luce universale generale, nuova forza,

nuova luce dalla vita umana stessa, grazie al lavoro

sull’umano pensare, sentire e volere e allo sforzo per salire ai mondi superiori.

 

E ora viviamo nell’epoca in cui è necessario che davvero gli uomini

diventino consapevoli che non conviene solo abbandonarsi a quello che affluisce loro,

ma che, da parte loro, devono cooperare al divenire del mondo.

• Non è affatto un qualche ideale ordinario che si pone la scienza dello spirito.

 

Essa davvero non lavora come altre correnti spirituali e concezioni del mondo che si entusiasmano per questo o quell’ideale e non possono addirittura far altro che predicarne agli altri uomini. Un tale impulso non c’è in coloro che oggi annunciano la scienza dello spirito a partire dalla vera missione del mondo.

 

Ma vi è la conoscenza del fatto che certe forze che sono nel macrocosmo cominciano ad esaurirsi

e noi andiamo incontro a un avvenire in cui, se l’uomo non lavorasse all’evoluzione della propria anima,

esse affluirebbero in modo insufficiente da quei mondi superiori,

poiché la loro quantità che scorre giù inizia a poco a poco a venir meno.

Noi viviamo in quest’epoca.

Perciò la scienza dello spirito deve trovare il suo accesso nel mondo;

deve penetrare nell’esistenza non a partire da un impulso arbitrario, ma dalla necessità del nostro tempo,

affinché possa portare gli uomini a rimpiazzare di nuovo quanto s’è esaurito di quelle forze affluenti.

 

Da questa conoscenza, la scienza dello spirito trae i suoi impulsi dal presente,

ed essa oggi non agirebbe ancora se tale fatto non ci fosse,

ma verrebbe tranquillamente lasciata a se stessa come l’evoluzione dell’umanità finora.

• Essa però prevede che, se nei prossimi secoli non vi sarà un numero sufficiente di uomini

capaci di elevarsi col loro lavoro nei mondi spirituali, il genere umano ne porterà giù sempre meno forze

e la conseguenza sarà un impoverimento degli uomini in quanto a forza spirituale,

un generale inaridimento della vita umana.

 

Gli uomini diventerebbero deboli riguardo a quanto hanno da compiere nel mondo.

Avrebbe luogo un disseccarsi della vita umana, come un albero che dissecca, non ricevendo più linfa vitale.

• Fino ad oggi le forze sono state portate dall’esterno all’umanità, e chi considera solamente la vita esteriore,

vive spensierato e crede che esiste soltanto il mondo sensibile esterno,

non sa proprio nulla dei cambiamenti che avvengono dietro ad esso.

 

E appartiene a questi importanti cambiamenti l’esaurirsi delle forze superiori

e la necessità che tali forze vengano generate dagli uomini stessi.

• Se l’evoluzione ulteriore dell’umanità venisse lasciata in mano

a degli uomini superficiali che si attengono solo al mondo fisico esteriore,

insorgerebbe un disseccamento, un inaridimento di tutto il genere umano sulla Terra.

 

Qui abbiamo toccato il punto più profondo a partire dal quale lo scienziato dello spirito riceve la consapevolezza che questa scienza dello spirito va annunciata affinché gli uomini prendano la loro propria decisione se voler collaborare o no a questo lavoro necessario.

 

Su questo punto di svolta nell’evoluzione dell’umanità avremo ancora da parlare nelle successive conferenze.

Ma ora vogliamo ancora una volta rivolgere lo sguardo spirituale su quanto abbiamo appena toccato.

Rivolgiamolo su tutto ciò che vi è nella nostra anima in quanto peccati di omissione

e che si mostra come intralcio per quelle forze che ci affluiscono dall’alto.

 

Tutti i peccati di omissione del pensare penetrano come tenebre nella luce che arriva dal sentire universale.

• E, in modo simile, i nostri peccati di omissione che riguardano il sentire penetrano nelle forze dei nostri movimenti,

• e quelli che riguardano il volere inibiscono l’attività coordinante del pensare cosmico.

 

Ci si pone davanti in modo vivente ciò che la nostra anima ha tralasciato attraverso la sua precedente evoluzione e quanto si inserisce come un possente ostacolo in tutto il progresso della vita. In quello che le potenze superiori ci danno, in ciò che in tal modo lavora su di noi, in ciò che sviluppa forza dal volere cosmico, luce dal sentire cosmico e ordine e armonia dal pensare cosmico, in tutto questo si inserisce quanto noi stessi siamo con tutta la nostra debolezza, per il fatto che finora, appunto, ci siamo sviluppati soltanto nella misura in cui ci siamo evoluti.

 

Qui siamo di fronte alla giusta conoscenza di noi stessi. E appare quale tenebra, quale figura oscura come davanti a un’immagine luminosa, quello che noi siamo diventati con i nostri peccati di omissione, ciò che noi abbiamo da riparare di noi stessi attraverso lo sviluppo corretto delle nostre forze animiche. Ci si pone davanti all’anima quello che non siamo divenuti, ciò che di ostacolo abbiamo frapposto al divenire cosmico, e ci si manifesta in modo molto chiaro inviando i suoi raggi da tre lati.

Ciò che non siamo diventati manda i suoi raggi verso tre lati.

 

Così vediamo dapprima quali ostacoli procuriamo al divenire cosmico per aver omesso riguardo alla nostra volontà, poi quelli che gli abbiamo arrecato per le omissioni in rapporto al nostro pensare e alla fine quelli procurati riguardo al nostro sentire. L’imperfezione del nostro essere irradia verso queste tre direzioni. Ognuna ci dice qualcosa di molto preciso.

Così dapprima abbiamo quanto di ostacolante irraggia da noi stessi, dalla nostra propria volontà, in ciò che ci pervade provenendo dalla volontà cosmica.

 

Si presenta inibente, arrestante, ciò che intacca la nostra propria natura di volontà

in quanto a peccati di omissione. E questo ci dice:

• «Con tutto ciò che qui hai omesso, sarai incatenato alle forze tramontanti della Terra;

questo ti legherà come con catene di ferro a tutto ciò che trascina la Terra alla sua distruzione».

 

Quanto abbiamo di omissioni riguardo al nostro pensare ci dice:

• «Poiché tu hai tali peccati di omissione in rapporto al tuo pensare,

non troverai la possibilità di creare un’armonia tra la tua volontà e il tuo sentire».

 

E ciò che abbiamo tralasciato riguardo al nostro sentire ci dice:

• «Il divenire cosmico procederà oltre te. Non hai fatto nulla per aggiungervi qualcosa per conto tuo;

perciò quello che il divenire cosmico ti ha dato sarà da lui preso,

ed esso passerà al di là di te, come se tu comunque non ci fossi stato».

 

Vediamo così separate, dinanzi a noi, tutte quelle forze che ci tengono incatenati alla Terra; e vediamo il divenire cosmico passare oltre noi, perché noi stessi non abbiamo fatto nulla col nostro proprio lavoro. Allora sentiamo, a questo limite, come le forze che ci incatenano alla Terra e quelle che ci passano oltre lacerino quello che è il nostro vero essere.

 

Le omissioni fatte da noi stessi nella nostra anima diventano forze distruttive della stessa.

Noi sentiamo i nostri peccati di omissione, a questo momento del passaggio davanti al piccolo Guardiano della soglia,

come distruttori della nostra esistenza animica.

• In quel terribile momento, soltanto una cosa ci può render capaci di esistere,

ed è la promessa a noi stessi di non ometter più nulla nel futuro.

Abbiamo trovato degli appigli che sono abbastanza chiari.

 

Questi, nel momento del nostro passaggio davanti al piccolo Guardiano della soglia, ci dicono:

• «Quelle forze ti trascinano in basso, quindi devi lavorare alla tua volontà, al tuo pensare e al tuo sentire».

 

Possiamo persino essere anche grati a quell’orribile vista che ci capita a quel punto,

poiché ci rende possibile questo voto che possiamo fare a noi stessi.

• È qualcosa di ulteriore che appartiene alle esperienze mistiche.

• Se prima abbiamo potuto caratterizzare come necessario il sentimento di gratitudine e quello del dovere,

ora dobbiamo anche chiamare “voto mistico” ciò che, in fondo, ognuno fa,

ovviamente, di fronte alla vista delle proprie insufficienze,

la promessa di lavorare, nel futuro, il più possibile alla propria anima,

per riparare a ciò che è successo a causa dei propri peccati di omissione.

• Allora la vita, grazie a questa solenne promessa, acquista un nuovo senso particolare,

un contenuto che corrisponde, innanzitutto, alla vera conoscenza di sé,

alla concreta autoconoscenza che non solo rimugina in sé, ma lavora al proprio sé.

 

Questa esperienza si può avere in duplice modo. La si ha inizialmente attraverso il fatto di provare tutto ciò che è stato descritto fino adesso. Finché la si vive solo come senso di gratitudine e senso del dovere, si ha il sentimento: «Ti manca qualcosa, ti lega ancora qualcosa all’esistenza dell’effimero, vi è ancora motivo che il divenire del mondo ti passi oltre».

Quando si sente questo, lo si è sperimentato nel proprio corpo astrale.

 

Ma se si prova sempre di continuo un sentimento di gratitudine e un sentimento del dovere, allora essi si trasformano alla fine in una ben determinata visione che ora diventa un’esperienza interiore derivante dal fatto che abbiamo raccolto tanta forza interiore grazie al nostro pensare, sentire e volere mistico, e che il nostro sperimentare astrale si riflette nel nostro corpo eterico o vitale e ci viene riverberato.

 

Abbiamo allora dinanzi a noi, come una realtà esteriore, la nostra propria controimmagine che si stacca, per così dire, da uno sfondo. Lo sfondo ci mostra quanto quelle forze cosmiche esteriori in cui siamo riversati durante il sonno elaborano di luce e di forza nei nostri involucri. Da questo sfondo spicca ciò che noi stessi abbiamo fatto da noi.

 

Come in genere ci si fanno incontro animali, piante e minerali nella realtà esteriore, così ora ci si presenta il nostro proprio sé in forma reale. Ci diventa evidente la nostra interiorità nel mondo esteriore. Prima il nostro sguardo, quando ci immergevamo negli involucri esteriori, veniva distratto dal mondo esteriore. Le impressioni esteriori del mondo dei sensi affluivano su di noi, affinché non potessimo vedere quanto adesso, però, possiamo e dobbiamo vedere, se decidiamo di collaborare al progresso dell’evoluzione dell’umanità.

 

Del tutto simile a come noi di solito vediamo il mondo esteriore,

scorgiamo ora il nostro proprio interno. È ritratto, per così dire, su uno sfondo.

Tutto ciò che ci incatena alla Terra, quanto ci unisce all’effimero,

in modo da doverlo lasciare persino indietro come effimero,

ci si mostra qui in un’immagine ben precisa, nell’immagine deformata di un toro.

 

Questa immagine che, a questo punto, la visione astrale ha,

non possiamo paragonarla con nient’altro che con quella di un toro distorto che ci attira verso il basso.

Tutto quello che in genere crea armonia tra la nostra volontà e il nostro sentire, nella nostra anima,

ci si presenta, per quel che riguarda i peccati di omissione, nella caricatura di un leone.

 

E tutto ciò che ci passa oltre, quando abbiamo delle omissioni nel nostro pensare,

ci si mostra nell’immagine di un’aquila deforme.

Queste tre immagini sono fuse insieme alla nostra propria immagine deformata.

 

Ci si presenta in immagine quanto abbiamo fatto a partire da noi e ciò che abbiamo da sistemare nel futuro,

affinché vi aggiungiamo tutto ciò che è necessario al divenire universale.

Tre caricature di animali e una di noi stessi.

Dal modo come queste immagini sono in rapporto l’una con l’altra,

emerge la misura di quello che abbiamo ancora da elaborare su di noi.

 

Così il nostro pensare, sentire e volere, quando passiamo davanti al piccolo Guardiano della soglia, sono scissi in tre immagini deformate. Qui abbiamo vera autoconoscenza, poiché ciò che siamo divenuti sta raffigurato di fronte a noi. È una conoscenza di sé spronante per tutta la nostra vita futura. Si potrebbe facilmente indietreggiare di fronte ad essa.

Ma si arretrerà soltanto se si crede che quanto non si vede non esista.

 

Possono esserci tali persone: assomigliano a un uomo che chiude gli occhi davanti a un mattone che gli cade addosso, invece di evitarlo. Per il fatto che l’uomo non abbia la vista, non cambia nulla alle cose; tutt’al più cambia, col fatto che l’uomo fa sì che questo devastatore, non rendendosene egli conto, sia veramente il suo distruttore. Questi uomini non vogliono vederlo.

 

L’unico aiuto, a questo punto, per proseguire è la conoscenza di sé.

Finora sono bastate le forze cosmiche per arginare la deformazione più esteriore della nostra immagine umana.

Nel futuro non saranno più sufficienti.

Noi stessi dovremo lavorare su di noi.

Noi stessi siamo il Guardiano della soglia.

Noi stessi ci appariamo in immagine deformata come piccolo Guardiano della soglia.

 

Siamo noi stessi a impedire di poter entrare in noi.

Soltanto questa conoscenza rende possibile che nel futuro, quando non ci affluirà più la forza necessaria dall’alto,

l’umanità non venga meno nelle sue forze, non diventi sempre più debole, cioè non adempi la sua missione sulla Terra.

 

Con questo, da un certo lato, siamo giunti attraverso la regione che possiamo chiamare regione della nostra propria vita senziente, in cui ci immergiamo al risveglio.

Ma nella vita ordinaria non ce ne rendiamo conto, poiché la nostra coscienza viene distolta dal fatto che le impressioni del mondo esteriore ci assillano.

 

Ora però abbiam visto ciò che possiamo sperimentare in noi stessi, se al risveglio non le facciamo entrare. Abbiamo caratterizzato dall’interno un pezzo del nostro corpo astrale, una parte del nostro essere umano, il corpo senziente; lo abbiamo caratterizzato in modo che adesso possiamo farci una rappresentazione di come siamo.

Siamo arrivati al confine dove la nostra vita senziente cozza contro il corpo eterico.

Lì ci si è mostrato qualcosa come un’immagine riflessa.

 

La figura deformata che ci si mostra è solo un’immagine, ma non abbiamo più bisogno di sapere come veramente siamo. Se l’uomo vuol sapere come appare la sua faccia, non gli serve proprio a niente la discussione riguardo al fatto se l’immagine che vede allo specchio sia un’illusione o una realtà.

 

Per chi vuol vedere il suo volto, gli basta e avanza l’immagine; essa serve al suo scopo, ha un reale valore. Se arrivasse un filosofo e dicesse: «Sappiamo che quanto qui ci racconti dell’animale a tre teste con l’uomo al centro è soltanto un’immaginazione», allora noi risponderemmo: «È, nel medesimo senso, solo un’immagine riflessa che viene mandata di qua dal corpo eterico o vitale, come l’immagine che riflette lo specchio esteriore, ma ci è utile all’autoconoscenza, e lì c’è la sua realtà».

 

I motivi che una filosofia esteriore può addurre per controbattere la realtà di quanto sperimenta la coscienza chiaroveggente, il chiaroveggente li conosce già da sé. L’errore comincerebbe solo se il chiaroveggente ritenesse l’immagine riflessa una realtà, se egli non sapesse che tale immagine mostra la propria interiorità e credesse che lì gli si avvicina davvero un essere a quattro teste. Se egli pensasse che l’immagine riempia lo spazio allo stesso modo di un essere fisico, assomiglierebbe a un uomo che vede il suo naso allo specchio e, poiché non gli piace, comincia a colpire l’immagine speculare credendo di colpire qualcosa di reale.

 

Questo è quanto si deve far proprio se si vuole ascendere ai mondi superiori: le cose non sono da considerare come qualcosa di diverso da quello che sono realmente. Non appena si ritiene l’immagine riflessa come qualcosa che riempie lo spazio e non come ciò che è, si ricade nell’illusione. Ma non si è nemmeno una persona che si abbandona ad allucinazioni, se si comprende giustamente l’immagine, se si sa che vien incontro il proprio sé in tale immagine riflessa.

 

Perciò è molto importante che l’uomo, prima di iniziare a penetrare il mondo spirituale attraverso la visione,

acquisisca la possibilità di riconoscere e comprendere con assennatezza le cose nel loro reale valore.

 

Per questo motivo, non si deve rendere chiaroveggente nessuno che prende per una realtà dello spazio fisico qualcosa che è soltanto un riflesso e che potrebbe scambiare delle immagini riflesse dell’anima per entità spirituali. Perciò viene attribuita grande importanza che in un vero e autentico addestramento spirituale nessun altro debba entrare se non chi abbia un pensare sano e assennato, affinché sia in grado di valutare sempre il significato di ciò che vede.

 

Non è soltanto la visione che conta, bensì l’imparare a valutare quello che si vede,

in modo da poterlo distinguere e riferirlo giustamente alla realtà che rappresenta.

 

Noi arriveremo anche a entità che stanno veramente fuori di noi, ma quanto oggi abbiamo descritto – ce ne dobbiamo rendere conto – sono esperienze della nostra propria interiorità che ci appaiono come immagini riflesse; vale a dire,

il nostro proprio elemento interiore ci si presenta come un mondo esteriore.

 

La via dell’autoconoscenza e dell’approfondimento mistico conduce a reali esperienze; ma queste diventano allucinazioni non appena l’uomo ricerca la contemplazione mistica e si immagina che le figure che gli appaiono siano al di fuori di lui stesso, nello spazio, e non vede che sono immagini riflesse della propria interiorità.

 

Entità che riempiono davvero lo spazio e stanno fuori di noi,

l’uomo le incontra solo se scende fin dentro il suo corpo eterico o vitale,

sulla via che conduce davanti al grande Guardiano della soglia.